Giancarlo Crea (a cura di "il Fiesta"
www.ziofiesta.altervista.org)
Giancarlo Crea
inizia a suonare l’armonica studiando Little Walter Jacobs, Walter Horton ed i
due Sonny Boy Williamson. Già appassionato di musica afroamericana e
collezionista di dischi, inizia la sua attività musicale
nella metà degli anni ’70
quando, a Milano, forma i "Mean Mistreater" uno dei primi gruppi di Blues in
Italia. Già nel 1979 si reca negli Stati Uniti, a Chicago, per conoscere ed
approfondire la sua conoscenza di quella che è una delle patrie del Blues. Nei
locali storici della città, come il Theresa o il Checkerboard, ha modo di
suonare con Junior Wells, Buddy Guy ed Homesick James, che nello stesso anno
verrà in Italia in tour, accompagnato dallo stesso Giancarlo Crea ed i suoi Mean
Mistreater. Siamo nel 1979 ed all’epoca in Italia il Blues nasce con i vari
Treves, Toffoletti, Roberto Ciotti, tanto per citare i nomi più conosciuti.
Negli anni ’80 forma i "Blues Shakers" con i quali sviluppa ulteriormente il
sound di Chicago, quindi - nel 1985 - riunisce alcuni fra i migliori musicisti
di Blues italiani e nasce così la Model T-Boogie (Crea/Lombardo/Bertagna/Pavin/Becattini).
Con la Model T-Boogie diventa uno dei punti di riferimento della scena Blues in
Italia partecipando a svariati Blues Festivals. Nel 1987 suona al Rosa’s di
Chicago, il locale aperto da Tony Mangiullo (Mean Mistreater) che ha una
programmazione tra le più ricche della città (Homesick James, Melvin Taylor,
Billy Branch... ). Partecipa, unica band italiana invitata, al Chicago Blues
Festival. Si esibisce al ‘Blue Chicago‘ e poi al tributo a Muddy Waters, che si
è tenuto al Muddy Waters Drive, in pieno ghetto, suonando con Phil Guy (fratello
del più conosciuto Buddy Guy), Johnny Dollar, Smokey Smothers, Chico Chism,
concludendo quindi la serata al mitico Checker Board della 43rs St. (locale dove
suonò anche Mick Jagger). Poi ci sono i Festival Italiani: Pistoia, Cagliari,
Nave, Bologna, Ravenna, Rovigo, Narcao, Aventino, Mantova, dove si esibisce con
la Model T-Boogie accompagnando artisti quali John Hammond, il già citato Phil
Guy, Deitra Farr, Buddy Guy, Eddie Campbell, Johnny Copeland. Ricordiamo i
lavori registrati con la Model T-Boogie: nel 1987 Really the Blues (con ospiti
Marco Limido e Rudy Rotta), nel 1990 Born to Get Down (con Renata Tosi e Phil
Guy). Per farsi un’idea di cosa è stata la Model T-Boogie di Crea e Nick
Becattini basta leggere le recensioni della critica specializzata: Il Mucchio
Selvaggio, Guitar Club, Buscadero, il Blues. Rimangono delle ‘schegge’ di Crea
in tanti lavori discografici di area Blues (Dr. Faust , Schinina & Level Blues
Band, Lillidy Blues Band).
Intervista
SB: '... è il Blues a
scegliere il musicista e non viceversa‘. A fronte di questa idea popolare,
quando e come il Blues ti ha scelto?
GC: spiacente, nel mio caso il Blues l’ho scelto io. In genere, se posso, cerco
di essere io a scegliere.
SB: cos’è la passione nella vita?
GC: la passione è una cosa soggettiva. Quello che vale per me non
necessariamente può valere per altre persone. Dipende anche dal momento che una
persona sta vivendo e può cambiare, di conseguenza, da momento a momento.
SB: vorrei sapere cos’è
per te la passione nella musica. Che colori ha nella tua vita.
GC: nella musica non credo che cambi tanto perché la musica è una parte
fondamentale della vita. Io sono nato e cresciuto con la musica nera nell’anima
e questa passione mi accompagna ancora oggi, mi è rimasta. Chiaramente con il
tempo si arricchita, evoluta. Sono momenti, credo nell’evoluzione della
passione.
SB: ti regalo un biglietto di sola andata per Marte e ti puoi portare dietro
solo 3 CD...
GC: E’ difficile. Solo tre?
SB: tre!
GC: Qualcosa di Little Walter, dei Commodores, e qualcosa di più recente,
tanto per staccare un po’. Vediamo... si, il mio ultimo CD. Quello che ho
intenzione di registrare. Si, come terzo mi porterei quello.
SB: com’è cambiata la
scena musicale da quando hai iniziato a suonare? Cosa c’era prima?
GC: sai, quando io ho iniziato a suonare era proprio il mondo un mondo
diverso. La musica di conseguenza. Sto parlando degli anni ’70. Era un mondo
davvero diverso. La musica oggi ha perso lo spirito di aggregazione di allora,
oggi non c’è più una grande curiosità. Prima il concerto era veramente un
evento, un’occasione da non perdere, qualcosa da prendere al volo. Si sentiva
davvero il bisogno di esserci e di ascoltare. Non voglio dire che le persone
fossero in generale più colte musicalmente, ma più curiose si. D'altronde questo
fenomeno non vale solo per la musica. Oggi la comunicazione è eccessiva . C’è
abbondanza di tutto ma voglia di poco.
SB: un suggerimento per
gli addetti ai lavori, per chi la musica la deve organizzare e promuovere.
GC: pensare in termini di business va anche bene, ma stiamo pur sempre
parlando di musica. Credo che gli addetti ai lavori non dovrebbero dimenticarsi
questa cosa. Loro e noi musicisti siamo comunque promotori di un certo modo di
fare cultura.
SB: com’è oggi il panorama
‘live‘ nei locali?
GC: per chi suona nei locali oggi è più difficile. Non voglio generalizzare
ma mi devo purtroppo ripetere. Non c’è una vera cultura della musica live in
Italia. Molti locali non sono insonorizzati ed attrezzati adeguatamente per
proporre musica dal vivo come si deve. Non si può neanche dire che siano aiutati
dal sistema, però la situazione rimane questa. Poi spesso ho la sensazione che
non vengano fatte scelte artistiche mirate e consapevoli. Un locale che decide
di fare suonare musica dal vivo fondamentalmente propone cultura musicale. Molti
addetti ai lavori dovrebbero ricordarsene. Negli Stati Uniti se vali suoni ed è
molto difficile che in prima serata tu possa ascoltare musica mediocre, a
prescindere dal genere.
SB: quando suoni
l’armonica, spesso io ci sento dentro Hendrix.
GC: mi è sempre piaciuto Jimi Hendrix anche se suono uno strumento diverso
dal suo, e mi fa piacere quello che dici.
SB: cosa hai provato la
prima volta che hai suonato davanti al pubblico?
GC: ho ricordi vaghi della cosa, sono passati tanti anni. Ricordo però che
le prime volte suonavo con le spalle rivolte al pubblico.
SB: la tua definizione di
‘coraggio‘ nella musica
GC: avere coraggio... se parliamo di musica significa provare la soluzione che
ti senti in quel momento. Un po’ come uscire dallo schema. Il musicista
coraggioso è quello che ad un certo punto sente una ‘direzione‘ e la segue anche
se non sa dove porta. Ci prova. Questa cosa può portarlo anche all’errore ma
questo, per me, è coraggio. Non mi piacciono i musicisti che si ripetono, che
eseguono per bene il compitino senza cercare una nuova soluzione (‘’ l’errore
più geniale in cui cadere ‘’ da Manuel Agnelli / Afterhours ndr)
SB: ... e nella vita cos’é
il coraggio?
GC: nella vita è la stessa cosa e tutta un’altra cosa . La vita ti può
mettere alla prova in tanti modi, il coraggio può essere una chiave di lettura.
Vivere è un po’ come suonare: ognuno può decidere come farlo, basta che ci creda
fino in fondo. Ma nella vita essere coraggiosi è sicuramente più difficile.
SB: cos’è per te il Blues?
GC: il modo migliore per comunicare
SB: è stato un piacere
vederti (30.12.2003 ndr), ti auguro belle cose per questo 2004.
GC: Ti ringrazio. Auguri e belle cose anche a te ed alla gente di Spaghetti
& Blues.
L’OCCASIONE IN CUI …
Premetto che ‘’l’occasione in cui‘’ è un angolo di pensiero personale. Una
specie di zona franca che può anche non essere condivisa, ma che rispecchia
tuttavia le mie personali convinzioni. In questa rubrica non scrive il
giornalista , il critico musicale né il musicista. Questo è puro pensiero
gratuito ed allo stato nascente. Un qualcosa che vuole essere un po’ una sorta
di "io penso" di pasoliniana memoria. Per questo motivo scrivo solo di persone
che ho conosciuto personalmente e che mi piacciono, altrimenti… sarei costretto
a scriverne male e non me lo potrei mai perdonare. Piuttosto me ne sto zitto. Ho
conosciuto Giancarlo qualche anno fa, credo 5 o 6 anni fa. Stavo suonando a
Sondrio in un locale che credo si chiamasse Blues Bus o qualcosa del genere. Era
fra il pubblico ed io veramente non l’avevo neanche riconosciuto. Stava
bevendosi una birra da solo con il suo inseparabile cappello tipo ‘panama’. Non
giurerei sul nome del cappello ma giuro sulla spontaneità. Durante la pausa un
amico gli chiede se vuole salire sul palco a suonare un paio di pezzi. Lui
accetta ed io rimango basito dalla profondità del suono. Suonava nell’impianto,
in diretta, eppure il suono era sporco, rauco e nero come le sue scarpe. Alla
fine gli ho chiesto l’autografo (su delle vecchie mille lire che ancora oggi mi
tengo strette). Poi sono andato a leggermi delle cose su di lui ed ho capito.
Giancarlo è universalmente conosciuto e riconosciuto come un ‘orso‘ eppure si
tratta di umorismo, io con il Crea mi faccio santissime risate . Vi rimando al
contributo di Nick Becattini (vedi sotto). E’ un creativo dello strumento, un
armonicista geniale. Nel tempo, ho avuto modo di suonare molte volte con lui.
Non spendo parole sulla tecnica perché in questa sede non mi interessa, posso
però dire che è un coraggioso ed un passionale nella musica ed anche nella vita.
Quello che pensa dice e spesso ne ha anche pagato le conseguenze. Condivide
questa cosa con diversi grandi più o meno riconosciuti in tutte quelle arti
figurative, musicali o letterarie che siano. Un’altra cosa che mi è sempre
piaciuta di lui è la sua ‘apertura‘. Giancarlo non è assolutamente legato a
stereotipi. La musica la divide in musica che gli piace o che non gli piace. Mai
in musica buona o cattiva. Il genere è relativo, tanto che io, dopo averlo visto
e vissuto in diverse occasioni, lo reputo un ‘armonicista ‘ROCK‘. E’ molto
Hendrixiano il suo approccio ed il suo colore. E dico questa cosa ben sapendo
che il ‘nostro’ è considerato dagli addetti ai lavori un esponente di rilievo
del Blues di stile Chicago. Tutto quello che so di lui lo conosco da ‘terze
persone‘ perché Giancarlo non è il tipo che si celebra. Questa intervista ne è
il classico esempio, infatti lui è stato l’ultimo a sapere che sarebbe stata
pubblicata. Ci sono persone che non sono dei grandi promoters di se stessi,
persone che lasciano che sia la musica a parlare di loro. Crea è uno di loro.
Poco importa se negli anni si sono occupati di lui diverse riviste
specializzate, a lui interessa la musica. E’ una persona che, ancora oggi , si
emoziona per questo genere di cose. Un'altra curiosità è la sua apertura
mentale. Giancarlo ama la musica nera, tutta la musica nera, ma ha sempre avuto
un approccio personale. Il purista, con Crea, si trova di fronte ad un muro di
tecnica difficilmente negabile, questa cosa è riconosciuta da tutti gli addetti
ai lavori, ma la vera forza di questo musicista sta proprio nel fatto che non si
è mai barricato dietro a facili stereotipi. Questo dicono di lui e questo
confermo. La sua ‘genialità‘ sta proprio nella contaminazione dell’idea. Tutto
quello che potrei dire in più su di lui lo tengo per me perché il CREA non
finisce con queste poche righe. Il mio obiettivo con l'intervista ed il profilo
è rendere giusti meriti ad un bravo musicista oltre che ad una brava persona.
Spero di avere seminato in voi questo tipo di ‘germe‘.
DICONO
DI LUI
"Abbiamo suonato insieme
per cinque anni e prodotto due lp come Model T-Boogie. Mi ha incoraggiato
tantissimo e, grazie alla sua grande cultura in materia, anche insegnato molto
su blues, soul e funk. Aveva una eccellente capacità di trasmettere amore per la
musica che suonavamo ed in questo era un grande band leader. Mi ha fatto
conoscere moltissimi artisti che poi ho conosciuto personalmente nei miei
soggiorni a Chicago. Insieme abbiamo avuto una grande capacità improvvisativa,
in quanto entrambi concepiamo la musica come feeling ed ascolto di e con gli
altri musicisti ed il pubblico. In questo la nostra intesa è stata molto simile
a quella che poi ho trovato con i musicisti negli Stati Uniti. L'affiatamento
sviluppato con Giancarlo nel periodo in cui abbiamo suonato insieme era così
avanti che quando ci siamo trovati dopo 10 anni sembrava di essere scesi dal
palco insieme la sera prima. Ricordo una sera che suonavamo al Coffee House,
usci sul palco in bicicletta fra l'ilarità del pubblico ed in un'altra occasione
con un manichino. Davamo sempre ad altri musicisti la possibilità di esibirsi
con noi e questo ci ha dato grandi amicizie negli anni..."
Nick Becattini
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