North Mississippi Allstars Monk, Roma 17/10/2019 di Gianni Franchi
C'era grande attesa per il
concerto romano della band di Hernando, Mississippi, organizzato da Mojo Station (programma
radio ed omonimo festival) e sono presenti tra il pubblico molti dei musicisti
blues della Capitale.
I fratelli Dickinson sono
ormai un punto di riferimento per chi ama il sound del sud degli Stati Uniti
dove il blues ed il rock si mescolano con il country e la musica Soul.
Cresciuti nella musica
grazie al padre Jim Dickinson, musicista e produttore, Luther (chitarra e voce)
e Cody (batteria e voce) partono inizialmente come trio con il bassista di
colore Chris Chew (che alcuni anni dopo li lascerà per.... fare l'autista di
bus a tempo pieno) e dal 1996 ad oggi hanno realizzato una dozzina di album tra
live, studio ecollaborazioni (cito
l'ottimo album The Word con Robert Randolph e John Medeski).
Luther è
stato inoltre chitarrista per i Black Crowes oltre ad aver realizzato album a
suo nome.
La location del concerto è
il circolo Arci, Monk, situato in una zona periferica della città che oltre ad
ospitare spesso buoni concerti si caratterizza, secondo la mia esperienza
personale, per essere l'unico posto che manda via gli spettatori. Mi spiego, le
loro particolari regole interne non consentono l'accesso a chi non ha già la
tessera Arci o la ha prenotata almeno 24 ore prima online, cosa che succede di
frequente e su cui sono inflessibili.
Lo spazio è costituito da
più ambienti sia al chiuso che all'aperto, la location per i North Mississippi
è uno spazio chiuso costituito da un grande capannone arredato all'interno con
pochi divanetti, un bar molto spartano ed un palco grande che permette la
visibilità da tutto il locale.
La band (con Jesse
Williams al basso) alle 22,30 parte con un classico "Sittin on top of the world"
con la slide e voce di Luther in bella mostra, segue "Goin' down south" dal loro
primo e bellissimo CD del 2000 'Shakin hands with Shorty'. Dopo alcuni brani
eseguiti uno di seguito all'altro senza nessuna pausa, c'è un piccolo siparietto
in cui Cody prende il centro del palco con il suo washboard elettrico e Luther
passa alla batteria. Il washboard, utilizzato con mille effetti, crea un sound
completamente diverso, un po' lontano dal blues e che in certi momenti sembra
quasi musica techno house. Ma è solo un momento ed il concerto riprende alla
grande con il loro soundmuscolare in
cui nuovo bassista Jesse Williams si integra benissimo con la band fornendo, insieme
al drumming di Cody, un groove continuo alle evoluzioni della chitarra. Luther
è un mago, in diversi momenti mi ha ricordato sia la slide di Duane Allman che
i fraseggi melodici di Dickey Betts. Ma la vera sorpresa, per me è stato Cody
che oltre a dimostrarsi un gran batterista, potente e fantasioso, canta molto
bene e con il suo'solo' di batteria fa
decollare il concerto verso un finale sempre più coinvolgente.
Lo stesso Cody ad un certo
punto prende il centro della scena brandendo una chitarra elettrica mentre
Gianluca GIANNASSO (batterista della scena romana che aveva già accompagnato
Luther nel suo tour europeo da solista) prende il suo posto alla batteria.
Cody anche con la chitarra
sa il fatto suo e con il fratello Luther si cimentain un brano in cui riecheggiano prepotenti
gli echi degli Allman Brothers nei duetti di chitarra dei due fratelli
Dickinson che sembrano divertirsi molto. Dopo alcuni brani con il solo Luther
alla voce e chitarra, un paio di brani finali, tutti insieme, di grande
intensità ed un bis richiesto a gran voce dal pubblico presente, siamo giunti
al termine del concerto.
Ottimo show ed i
complimenti vanno a Gianluca Diana e Pietropaolo Moroncelli di Mojo Station per
aver voluto ed organizzato questa bella serata.
John Mayer, Ericson Globe
Arena (Stoccolma) 1/10/2019 di Alessandro Bellucci
Martedì primo Ottobre John
Mayer si è esibito all'Ericson Globe Arena. Il concerto è stato
strepitoso, il primo in Europa da anni. Dopo innumerevoli tour in America con
la sua band o in giro con i Grateful Dead alla fine Mayer è approdato in Europa
a grande richiesta. Lo stadio era gremito e Mayer non si è fatto
attendere, appena la band è salita sul palco, la musica è piombata nell'arena
riempendo il tutto, la gente era in delirio. Ad accompagnare John vi
erano Aaron Sterling alla batteria, il mitico Pino Palladino al basso (con cui
John suona da anni, basti pensare al Mayer Trio formato da Pino, Steve
Jordan e Mayer stesso), Aaron Draper alle percussioni, Isaiah Sharkey
(chitarrista eccelso formatosi nel
gospel di fama mondiale), due coristi e lo stesso Mayer che ha suonato
per due
ore dirompenti tra assoli alla Stevie Ray Vaughan anche nei pezzi più
pop. L'energia del Blues e la carica della sua formidabile sezione
ritmica hanno reso
il concerto di John Mayer a Stoccolma indimenticabile. Pezzi come “Slow
Dancin
In A Burning Room” o “Gravity” hanno lasciato il segno nell'arena, per
la loro
potenza espressiva oltre che per la bravura e la coesione della band.
In
sostanza Stoccolma ha assistito alla bellezza della musica scaturita
dalle mani
di un compositore fantastico quale John Mayer e alla commistione tra il
Pop e
il Blues (così insito nel sound e nei fraseggi di John). Un Blues che
si spiega
da solo, che racconta modernità e saggezza, popular
music e
lezioni di blues di B.B King, S.R.V, Eric Clapton, ecc.
Un concerto fantastico che tutti, dagli amanti del rock e del blues a quelli
del cantautorato e delle ballad americane, hanno apprezzato. Speriamo di vederne altri, un giorno, anche in italia.
Semifinale European Blues Challange - Trasimeno Blues 1/8/2019 di Gianni Franchi
Il 1 agosto si è tenuta, nel corso del Trasimeno Blues Festival, la semifinale dell'European Blues Challenge zona centro.
Ad ospitare la serata il club Supernova situato nelle verdi campagne
umbre a pochi km dal lago. Quattro bands si contendevano l'accesso alla
finale che si terrà in ottobre (con i vincitori delle altre semifinali).
Il vincitore della finale italiana avrà l'occasione di farsi conoscere
in ambito europeo partecipando alla data conclusiva in Olanda con bands
provenienti da tutto il continente.
Una manifestazione, il Challenge, che sicuramente ha degli obiettivi
positivi, permettendo a gruppi e solisti italiani di aver una vetrina,
una occasione per farsi conoscere. Il basso costo di partecipazione (25 €
a band) è alla portata di tutti ed esclude ogni pensiero che ci possa
essere uno scopo di lucro da parte degli organizzatori. Tra l'altro la
somma verrà usata per un rimborso spese per il viaggio dei finalisti.
Certamente la partecipazione per le band non è del tutto priva di costi
perché le spese per i semifinalisti che, a volte devono affrontare
lunghi viaggi, sono a loro carico (benzina, autostrade, alloggio, ecc).
Questo è secondo me uno dei punti che andrebbero migliorati perché in
fondo le bands coprono una serata di un festival (quasi sempre con un
ottimo livello di musica) senza nemmeno ricevere un rimborso spese.
Inoltre un pizzico di pubblicità in più sulla pagina della associazione
su tutti i partecipanti al Challenge non farebbe di certo male. Diciamo,
qualche riga per presentare tutti i partecipanti, qualche foto e video
di tutti sarebbe auspicabile. E qualche video della semifinale. In modo
che le bands ne abbiano almeno un riscontro come visibilità. Detto questo, veniamo alla semifinale in oggetto.
Inizia il duo dei
Caboose, band proveniente da Benevento/Berlino (www.caboosemusic.com).
Louis De Cicco chitarra e voce ed il batterista Carlo Corso. Hanno un
bel sound che ricorda per alcuni versi il blues ipnotico di
Robert Burnside e di John Lee Hooker nella sue esibizioni più
scarne. È blues vero e ridotto alla essenza con brani anche originali.
Molto interessante. Alcuni dei brani eseguiti: Suicide song,
Land of no return, When the train comes along. Dopo i 25 minuti di
esibizione (rispettati rigorosamente da tutti) e il turno dei
Fullertones. La band toscana si esibisce in un blues molto vigoroso
dalle venature rock ed apre con un brano del mai dimenticato Sean
Costello Any time you want reso molto bene dalla voce di Francesco
Bellia (anche chitarrista). A seguire Shut up di Rufus Black dove la
chitarra di Lou Leonardi è in bella mostra supportata dalla solida
ritmica formata da Matteo D'Alessandro (batteria), e Lorenzo Alderighi
(basso elettrico). Purtroppo il tempo per ognuno finisce presto, giusto
il tempo di scaldarsi con altri 3 brani (tra cui Fairland di loro
composizione), ben accolti dal pubblico ed è il tempo di passare al
gruppo seguente.
Conduce la serata cercando di riempire gli spazi tra un gruppo e l'altro
il musicista e giornalista Roberto Giuli. Negli intervalli vengono
invitati anche sul palco i giudici che avranno l'arduo compito di
designare un vincitore e che sono: Luca Romani (Torrita Blues), Fabrizio
Berti (Il Popolo del Blues), Simone Bargelli (conduttore radiofonico di
blues), Fabio Giacchetta (Ricomincio da tre e animatore delle jam di
Umbria Jazz), Claudio Martino (Radio Trasimeno e Due Lune). È
quindi il momento della Betta Blues Society, la band toscana composta
da Elisabetta Maulo: voce, kazoo, ukulele, washboard, Lorenzo
Marianelli: dobro, ukulele, cori, Fabrizio Balest: contrabbasso, cori,
Pietro Borsò: percussioni, esegue un repertorio ispirato al blues più
antico contaminato dal folk e con sonorità acustiche. I brani vanno
dalle composizioni originali come I’m Wakin’ Up e Blue Rain a brani più
classici come Bad Luck Woman (Memphis Minnie), Down In Mississippi (JB
Lenoir), Make Me A Pallet On Your Floor (Mississippi John Hurt). Il
pubblico partecipa ed interagisce con la Band e la cantante Elisabetta
scende tra di loro facendoli cantare. Ma 25 minuti volano ed è il
momento dell'ultima band, che sarebbe la mia cioè la Jona’s Blues Band,
proveniente da Roma. Dopo quasi 35 anni di attività ancora in gioco
sulle strade del Blues. La formazione storica, Gianni Franchi basso
elettrico, Marco Corteggiani armonica e voce, Ranieri De Luca batteria
con Francesco Lattanzio alle tastiere è completata dalla sezione fiati
composta da Teodorico Zurlo (Trombone), Giacomo Lo Monaco (tromba),
Roberto Rox Marocchini (tenor sax), e da Luca Biasini (chitarra). Ospite speciale la cantante
afroamericana Fatimah Provillon nata nel New Jersey e residente da anni
nella capitale. Il repertorio comprende brani dei Downchild Blues Band,
Etta James, BB King e Stevie Wonder.
Alla fine la serata volge al termine e la giuria decreta come vincitrice della semifinale la Betta Blues Society.
Una bella serata all'insegna del Blues nelle sue varie forme,
organizzata molto bene da Gianluca Di Maggio del Trasimeno Blues, dal
club Supernova e da Associazione Italian Blues Union.
Gary
Clark Jr. alla Casa del Jazz, 25/06/19 di Alessandro Bellucci
Gary
Clark Jr, una delle promesse del blues ha suonato il 25 Giugno alla Casa del
jazz sorprendendo un pubblico enorme e i suoi moltissimi fan con le sue
sonorità rock/blues psichedeliche.
Ad
aprire il concerto è stato l’ex frontman dei Jet, il grandissimo Nic Cester che
assieme al suo gruppo ha dominato il palco per circa tre quarti d’ora, suonando
inediti e garantendo un’energia pazzesca grazie alle due batterie comprese nella
formazione e alle sonorità molto forti e spinte del chitarrista.
Finito
il set della band d’apertura, i fonici hanno incominciato ad allestire
velocemente il palco per l’arrivo di Gary, nel mentre il pubblico era
chiaramente elettrizzato per l’attesa del bluesman texano e quando la band è
salita sul palco ha cominciato ad osannarlo. Gary non si è fatto attendere,
ha suonato brani tratti dal suo nuovo album "This Land" con una foga pazzesca,
incitando il pubblico e lanciando assoli fenomenali.
Il
nuovo album (così come molti altri E.P. suoi) è caratterizzato dalla presenza
di una forte componente rock psichedelica e da sintetizzatori che lo
rendono un tripudio di originalità e potenza. Per tutto il tour
Gary era seguito dalla sua band di cui ormai non può fare a meno, i cui
musicisti sono assolutamente fantastici, dal micidiale batterista Johnny
Radelat (di cui conservo la bacchetta dopo che la lanciò dal palco al termine
del concerto) al bassista Johnny Bradley, dal singolare chitarrista King Zapata
(vestito sempre in maniera eccentrica e particolare) al tastierista John Deas.
La
particolarità del concerto è stata la fusione tra il rock più spinto e
psichedelico con tastiere, sintetizzatori ed effetti visivi allucinanti e
il blues più rurale e onesto, la commistione tra effetti, originalità e
retaggi di Albert King, S.R.V, T-Bone Walker, che hanno donato a Gary un
feeling pazzesco. Il concerto è così passato per pù di due ore e mezza tra
scroscianti assoli di chitarra e brani puliti cantati interamente
in falsetto da Gary che oltre a essere un chitarrista eccelso si è
dimostrato anche un cantante fenomenale .
Egli
ha dichiarato che è "influenzato da blues, jazz, soul e country così come
dall'hip hop". Clark ha uno stile musicale unico e particolare, il suono
della sua chitarra è di solito colorato dal Fuzz e dunque molto sporco, mentre il suo stile vocale
morbido. Gary Clark Jr
si è dimostrato così una delle promesse del Blues che di certo non
smetterà mai di esistere grazie a talenti come lui, grazie alla suo
originalità, grazie alla sua capacità di fondere il futuro con il
passato, il moderno con il vecchio, e sono sicuro che ha strappato già
molti sorrisoni a qualche leggenda del blues... lassù.