Ciao Luigi
26/11/2014,
Luigi Tempera, bluesman piemontese tra i primi fautori di Spaghetti
& Blues, se n'è andato a causa di una malattia inesorabile. E'
accaduto il 25 novembre e capirete quanto il nostro stato d'animo sia
ancora colmo di costernazione. Ci riserviamo di dedicargli un articolo
per rendere a Luigi l'omaggio che si è meritato; nel frattempo vi
rimandiamo ad un'intervista di Fabio Bommarito, risalente a qualche
anno fa, nell'archivio dell'apposito spazio "interviste" di Spaghetti
& Blues. Rivolgiamo un invito a chi ha conosciuto Luigi affinchè ci
lasci la propria testimonianza. Porgiamo le nostre condoglianze alla moglie Claudia ed alla famiglia tutta.
Amedeo Zittano
Napoli, Novembre 2003. Con Michele Lotta si stava valutando la necessità di
colmare la lacuna culturale per quanto riguarda il blues italiano,
poco conosciuto ai più soprattutto per le realtà regionali. Da qui l’idea di
creare un movimento culturale on web dal nome Spaghetti & Blues. Tra
scetticismo ed entusiasmo cominciammo una estenuante ricerca di musicisti blues
italiani disposti a collaborare. Tra i primi contattai Luigi Tempera, bluesman
torinese di sangue siculo. La proposta gli piacque molto perché, come disse in
seguito, fui l’unica persona tra le tante che lo contattò non per chiedergli
“serate”, ma per proporgli qualcosa di più grande e (passatemi il termine), più
generoso.
Tra una cosa e l’altra gli dissi anche che in occasione del concerto di
Roberto Ciotti all’UpStroke di Napoli dove ci sarebbe stato gran numero di
pubblico e bluesman partenopei, avremmo divulgato un po’ di volantini del
neonato movimento culturale Spaghetti & Blues. La cosa che mi lasciò
esterrefatto fu’ che quel giorno senza ancora conoscerci bene, Luigi affrontò
in treno un lungo viaggio e mi venne a trovare con la sua chitarra per guardare
dritto negli occhi, mi disse, lo strano tipo che lo aveva contattato. Quella
sera nacquero nuove adesioni, probabili
opportunità ma soprattutto nacque la sincera amicizia tra me e Luigi. Da
quell’incontro ne seguirono altri, in occasioni di festival e manifestazioni in
giro per l’Italia. Ovviamente data la distanza non ci si vedeva tutti i giorni
ma fiumi di lettere e telefonate ci tenevano uniti.
Un altro aspetto forse più malinconico lo leggevo nei suoi occhi, quando si
parlava delle nostre cose, del nostro
blues, a volte ti guardava come immerso in una sorta di riflessione
escatologica su quello che eravamo, quello che siamo e quello che saremo. Credo
sia proprio questa sua sensibilità umana il motore di tutti i suoi sforzi soprattutto
nell’insegnamento della musica verso i giovani. Probabilmente mi vedeva come
uno dei suoi allievi, goffo e ingenuo innamorato della stessa sua passione e
tremendamente logorroico, si perché io parlo molto e la cosa ci compensava in
quanto Luigi è di poche parole. Mi ascoltava volentieri anche se a volte mi
diceva “stai calmo, così mi stroni!” e ridevamo insieme.
Passano gli anni e tra un trasferimento e qualche trasloco ci sentivamo
sempre più raramente, certo tra amici non c’è bisogno di sentirsi spesso per
volersi bene, tuttavia nel 2011 in una nostra telefonata gli dissi che sarei
rimasto qualche mese in Liguria per lavoro e gli parlai del mio disagio di
vivere lontano dalla mia famiglia e per via del fatto che dal 2006 quando mi
trasferii dalla Campania (dove suonavo tantissimo con Gocce di Blues), nelle
Marche, non facevo parte di nessuna band; che il tempo passa e alle soglie dei
quarant’anni non avevo ancora concluso nulla. Vivevo un palese stato di
angoscia. Allora Luigi semplicemente mi disse: “vieni un week End a Torino e ne
parliamo..”, così feci. Era gennaio e tra un’allerta meteo e l’altra mi recai a
casa sua. Mi accolse come si accoglie un fratello che non si vede da tempo e
dopo cena disse: “Amedeo, suoniamo qualcosa nel mio studio”. registrammo due
brani, "Why Don't You Do Right?" di Kansas Joe McCoy e “Walking Blues”
di Robert Jhonson. Suonammo per quasi tutta la notte. Il mattino seguente prima
di partire sua moglie Claudia mi diede un berretto con la scritta in pelle da
lei cucita, “BLUES”. Luigi mi diede il cd con i due brani e con lo sguardo sornione
mi disse "Why Don't You Do Right?... Walking Blues!” e aggiunse, “Forse
non farai strada come musicista e per questo ti senti depresso, ma potrai
sempre dire di aver registrato due brani con il tuo Amico Gigi”. Commosso misi
in moto e partì.
Era questa la magia di Luigi, Lui donava tutto se stesso senza
risparmiarsi, per lui ogni occasione era buona per imparare dalla vita. Ecco,
l’aspetto che più mi colpiva era il suo modo di fare che sembrava dire
“impariamo ad imparare” come filo conduttore di tutte le sue azioni.
Questo era Luigi Tempera, un maestro di vita.
Fabrizio Poggi
La scomparsa di Luigi mi ha colto alla
sprovvista lasciandomi senza fiato. Senza parole.
E come faccio a scrivere questo ricordo
se mi mancano le parole.
Non me l’aspettavo. Non da Luigi che,
come lui stesso mi aveva raccontato aveva affrontato tante battaglie nella
vita, anche difficili, riuscendo sempre a venirne fuori a testa alta.
Ma questa volta il nemico ha avuto la
meglio e Luigi se n’è andato quasi con discrezione, senza fare rumore, discreto
e educato com’era nel suo stile. Ho conosciuto Luigi ad un seminario a Chiavari
nel 2005 e lì ci ritrovavamo a jammare con l’amico Paolo Bonfanti. In
quell’occasione scoprimmo di avere
affinità musicali comuni ma soprattutto di essere passati entrambi per certe
strade tortuose della vita. Buchi neri nei quali è facile cadere. Anche lui
come me aveva trovato una compagna che l’aveva aiutato con forza ad uscire da
quegli angoli bui e a ritrovare un po’ serenità. Dopo quell’incontro a Chiavari,
lo andai a trovare a Torino, la sua città. Luigi mi accolse come un fratello,
uno che conosci da una vita e che ti chiedi perché il destino non te l’abbia fatto incontrare prima. Passammo un pomeriggio a suonare, ad ascoltare dischi e
a parlare della musica che ci aveva rubato il cuore. Mi piaceva Luigi, mi
piaceva il suo modo di suonare il blues senza regole, senza steccati, a modo
suo, mescolandolo il blues con il jazz alla ricerca di un suono che fosse
solamente suo, come è la voce di ognuno di noi, unica e inconfondibile. In quel
periodo mi chiamarono per partecipare al Rootsway Festival in Emilia e mi sembrò
che invitare Luigi a suonare al mio fianco fosse assolutamente naturale. La sua
passione e la sua onestà mi avevano contagiato. Lì, in un pomeriggio afoso, durante
le prove conoscemmo Lightnin’ Malcolm oggi bluesman affermato ma all’epoca
piuttosto sconosciuto ma già grandissimo. Malcolm doveva suonare con Robert Belfour
altro bluesman made in Mississippi durante una crociera pomeridiana sul Po. Quando
fu il momento di salire sulla barca Belfour, non più giovanissimo, forse
spaventato dall’imponenza del fiume si rifiutò. Gli organizzatori allora, presi
quasi alla sprovvista, mi chiesero se volessi fare coppia con Lightnin’ Malcolm
e salvare la situazione. Accettai di buon grado la loro proposta a patto che
sulla barca potesse venire anche Luigi. Malcolm, Luigi ed io ci divertimmo
tantissimo scambiandoci storie e canzoni. In particolare tra Luigi e Malcolm nacque
un legame che oggi potremmo davvero definire “magico”. Quando l’anno seguente
incontrai nuovamente Lightnin’ Malcolm in Mississippi la prima cosa che mi
chiese furono notizie sul suo nuovo amico Luigi. Nella serata che seguì la
crociera era in scaletta il concerto mio e di Luigi. La nostra passione era
così straripante che già al terzo pezzo abbandonavamo il palco per andare a
suonare tra gente, in mezzo al pubblico: “come sotto una veranda in
Mississippi”. Le persone formarono quindi un cerchio intorno a noi e
cominciarono a cantare e a battere le mani. Eravamo una sola cosa Luigi, io e
le persone che ci circondavano. Ad un certo punto cominciò a cadere una pioggia
battente e cattiva, come a volte la pioggia sa essere. Luigi ed io non ci
perdemmo d’animo ed eravamo così coinvolti che per continuare a suonare all’asciutto
risalimmo sul palco coperto invitando la gente a seguirci. Mi sono commosso
oggi nel rivedere in una foto quel piccolo palco stipato di gente che canta e
suona il blues insieme a noi. Ripeto: come sotto a una veranda in Mississippi. A
noi sembrava così naturale. Era una situazione pericolosa invece e ben presto
gli organizzatori del festival giustamente fecero scendere il pubblico da palco
che sotto quell’imprevedibile peso poteva crollare da un momento all’altro. Fu
una serata bellissima e piena di “spirito blues”. Jay Sieleman all’epoca neo
presidente della Blues Foundation rimase così colpito da quella performance che
ancor oggi quando lo rivedo mi ripete quanto memorabile fu quella serata.
Alla fine, ve ne sarete accorti, ho trovato le parole
che cercavo, ma voglio finire qui, ricordando Luigi che suona la sua chitarra
al mio fianco sorridendo alla faccia di quell’improvviso temporale estivo. Il
blues era più forte di tutto quella sera e sempre lo sarà.
Luigi, tu sei stato al mio fianco in
quell’occasione e da oggi lo sarai sempre.
Sarai con me ogni volta che con la mia
armonica cercherò di scacciare un temporale o di accarezzare l’anima di chi mi
vorrà ascoltare.
Un giorno o l’altro Gesù chiamerà anche
me per suonare nella grande blues band che c’è in Paradiso. E quel giorno, sono
sicuro, ci rivedremo. E suoneremo Cross road insieme a Robert Johnson, anche se
dovesse piovere per tutta l’eternità.
Dario Lombardo
Non conoscevo molto Luigi, o meglio non abbiamo condiviso
molto lavoro insieme, e quindi non ho racconti, aneddoti su di lui che possano
in qualche modo servire a ricordarlo. Quel che posso fare è raccontare come ci
siamo conosciuti, e per farlo devo andare indietro fino alla metà degli anni
90. Fino a quel momento, Luigi Tempera era per me un nome che avevo letto nei
programmi dei locali, non lo avevo mai incontrato. Sapevo che era un musicista
del circuito jazz, ma non lo avevo mai visto né al Centro Jazz né altrove, e
non lo collegavo immediatamente ai miei colleghi. Così, un giorno mi arriva una
telefonata, ed è proprio lui: mi dice che vuole suonare Blues, e che vorrebbe
venire da me a lezione per saperne di
più. La cosa mi piace, mi stuzzica, dato che di solito gli allievi non sono
musicisti in piena attività, ma persone che vogliono arrivare ad esserlo. Detto
e fatto, Luigi inizia a venire da me, ed è uno dei pochissimi allievi che
accolgo in casa e non nelle aule delle scuole (il Centro Jazz prima, la Jazz
School Torino adesso), in cui organizzo i miei corsi.
Per un annetto circa andiamo avanti, poi la cosa
si esaurisce, ed inizia un breve periodo di vicende comuni. Luigi cura per un
poco la programmazione in un circolo storico della Torino operaia, quello di
Corso Sicilia, una vecchia piola e sezione del PCI che conosco fin dai tempi
del liceo: senza più il partito, son rimasti il circolo e la piola, la gente
che ci si trova è più o meno la stessa di prima. Così, mi ritrovo a suonare un paio di volte lì:
come dicevo, Luigi organizza, e quindi a fine concerto spuntano sempre fuori un
paio di pezzi insieme. Son concerti in duo acustico, due formazioni diverse,
Slep & Dario Lombardo una, Dario Lombardo & Andrea Scagliarini l'altra.
Da lì in poi le cose si sfilacciano, non nascendo una collaborazione comune ci
si vede solo nelle occasioni particolari, qualche concerto in cui ci si trova
tra il pubblico ad esempio. Luigi continua la sua storia, la sua musica. La sua
base è un circolo a Beinasco, nella cintura di Torino, in cui organizza corsi
di musica e concerti, ed una volta all'anno un festival blues. Molti han
suonato lì, io almeno due volte. Una all'interno, ricordo la serata perchè fu
una festa particolare. In programma io ed Andrea, più Luigi come aggiunto. La
cosa che loro due non sapevano era che quel giorno Nick Becattini era in città,
ed era libero...così, gli avevo dato tutte le indicazioni su come raggiungere
il posto e la sorpresa fu grande...quella fu una vera jam! La seconda volta, in
anni più recenti, fu all'aperto, con tutta la Blues Gang. L'ultima volta che ci
siamo visti è stato un paio di anni fa, quando un amico mi chiama e mi dice che
alla sera i Blue Stuff saranno in un locale in città, una cosa inaspettata: ci
sentiamo con Mario e gli altri e stabiliamo di vederci e suonare qualcosa.
Detto e fatto, ci si vede al locale per riuscire almeno a passare un poco di
tempo insieme prima del concerto. Mentre siamo a cena, ecco arrivare Luigi
insieme ad altri musicisti del suo giro e la festa si amplia, anche lui infatti
parteciperà alla jam finale: non lo sapevamo, ma era l'ultima volta che
suonavamo insieme.
Fabio 'Kid' Bommarito
... a giugno del 2004 la
M.B.B. si stava sciogliendo, avevamo un po’ di date da fare prese da me
e… conobbi Luigi grazie a S&B durante l’inverno precedente: lui era
il referente per il Piemonte e io quello della Liguria. Organizzò la
notte delle armoniche a Beinasco e… diciamo che nacque tutto li. Li
conobbi Lui di persona, conobbi te, (Amedeo Zittano), Giò Vescovi,
Andrea Scagliarini e tutta una serie di musicisti del panorama
torinese. Tornando alle date prese: chiesi a GG se avesse intenzione di
farle con me e mi infilò nella T-JAMES BB che all’epoca era
formata da lui e Pompeo Torchio. Ero il più giovane e fu lui a
chiamarmi KID… e grazie a lui sono ancora KID. Da quel momento con
Luigi iniziò un sodalizio che andò avanti per diversi anni: facemmo un
sacco di concerti e dopo pochi mesi mi chiese di entrare in studio con
lui per la registrazione del suo secondo album: “WALKIN WITH MY
DEVILS”. Ci chiudemmo nella casa dove lui era solito andare in
montagna, in Val d’Aosta, per circa una settimana; andavamo avanti a
blues, grigliate e vino rosso, giorno e notte, notte e giorno. NON LO
DIMENTICHERO’ MAI. GG mi ha insegnato tanto, mi ha svezzato ai bei
palchi e alle folle, mi ha insegnato a vivere la musica e non a
subirla. E’ stato un vero MAESTRO DI VITA e non solo un compagno di
viaggio. E’ stato un fratello maggiore e a volte quasi un padre.
Luigi Tempera Blues Night a cura di Edoardo "Catfish" Fassio
Il blues è talmente
indispensabile per la nostra esistenza che non condividerlo è un delitto,
diceva Luigi Tempera, scomparso lo scorso 25 novembre a quarantanove anni.
Chitarrista, insegnante, compositore e cantante dal respiro di cartavetro ma
immediato e colloquiale - non a caso una delle sue formazioni-tipo l’aveva
battezzata Blues Conversation - Tempera aveva scelto la musica per rapportarsi
con il genere umano e il blues come veicolo per la crescita e la socializzazione.
Docente in numerose scuole della provincia, era stato a lungo coordinatore della scuola
di musica del circolo Violeta Parra; schiere
di studenti ricordano con affetto la sincerità e la dedizione con le quali
metteva la musica a disposizione dei più giovani.
Sabato 7 febbraio si è svolta all’ospitale Cafè des Arts di Torino, in via
Principe Amedeo 33, la prima Luigi Tempera Blues Night. Lo hanno evocato
con brevi ma efficacissimi set in chiave acustica musicisti della scena
torinese e nazionale che lo hanno conosciuto e stimato: Angelo “Leadbelly”
Rossi, Dario Lombardo, Andrea Scagliarini, Dave Moretti, Stefano Chiappo,
Thomas Guiducci, Roberto Necco, oltre ad allievi e collaboratori dell’Officina
Blues. Nell’occasione è stato presentato ufficialmente il cd postumo "Up
and down", realizzato insieme alla Alligators Orchestra con la
partecipazione di Roberto Guietti all’armonica, di Alfredo Ponissi al sax e del
Free Voice Gospel Choir e la produzione di Giulio Tedeschi per la benemerita
Toast Records.
Quello del Cafè
des Arts, strapieno per l’occasione, è stato l’ultimo palco dal quale
cui Luigi si è esibito, lo scorso settembre, già irrimediabilmente segnato nel
fisico ma con lo spirito lucido e il buon umore sulle labbra; i gestori
volevano fissare una prossima data in suo onore per l’inizio del 2015 ma
l’amico li ha dissuasi, facendo capire che sarebbe stato troppo tardi.
L’evento
è stato organizzato, in collaborazione con
Officina Blues, da La Valigia Blu di Riccardo
Garis, in procinto di raccogliere l’eredità del maestro a prossimo direttore
artistico della sua creatura prediletta, il Beinasco Blues and Jazz Festival.
L’Officina Blues
annuncia la prossima iniziativa in affettuosa memoria di Luigi, sempre a Torino, per giovedì 19 marzo al Magazzino
di Gilgamesh di piazza Moncenisio 13 bis, in occasione del Gilgamesh Blues
Festival.
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