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Joe Valeriano  (a cura di Il Fiesta  www.ziofiesta.altervista.org)

… e io mi domando: nell’era di Re Collegamento Telematico, perché dovrei copiare note biografiche ed appunti così ben scritti e di prima mano già presenti sul sito di Joe (www.joevaleriano.com)? Caro lettore spaghettaro dai retta a me e fai così: leggiti questa breve intervista, se vuoi, leggiti anche quello che viene dopo e... (E… é una bellissima canzone di Vasco, tra l’altro…) se quello che leggi ti incuriosisce, fai un salto sul sito di Joe e smanettaci. Potresti trovare delle risposte a qualche tua domanda. Io mi limito a citare dei nomi che, in un modo o nell’altro, Joe ha conosciuto e che hanno a che vedere con lui ed il suono ‘’suono’’. Sei pronto? Bene, accenditi e rilassati: Kim Brown , Renegades, Kim and The Cadillacs, Leo Lions (celebre bassista dei Ten Years After), Bernard Allison, Zwan (la nuova fantastica Band di Billy Corgan ex leader degli Smashing Pumpkins), Jimmy Chamberlin, Matt Sweeney (ex Chavez - Skunk), Willy Murphy, straordinario pianista e cantante americano di Minneapolis, Trutz Viking Groth, Bugo, Heggy Vezzano (Chitarrista di Andy J. Forrest ), Folco Orselli, B.B.King, Otis Rush, Gary Moore, Bernard Allison, Dante Boccuzzi (Furious e Parmatown) Joe e Marco Limido, Baba, Ray Accardi, Stenie Ray, SRV, Jimi Hendrix...
   

Intervista


SB : ‘... è il Blues a scegliere il musicista e non viceversa‘. A fronte di questa idea popolare, quando e come il Blues ti ha scelto?

JV: da ragazzo mi è capitato di vedere John Majall al Petruzzelli (Bari). Prima avevo ascoltato i Cream, Eric Burdon da solo acustico (fantastico) e poi Beatles e Stones. Non era facile all’epoca recuperare materiale di "prima mano", diciamo. Posso dirti però che quello che sono riuscito a vedere ha avuto un’influenza fondamentale per la mia formazione artistica.

SB: cos’è la passione nella vita?

JV: non pensare a niente e seguire una strada che va dritta da sola. Sentirsi un po’ fuori dallo schema.

SB: vorrei sapere cos’è per te la passione nella musica. Che colori ha nella tua vita.

JV: mi sono ritrovato la chitarra in mano senza sapere come e perché. L’ho presa e sapevo suonare.

SB: ti regalo un biglietto di sola andata per Marte e ti puoi portare dietro solo 3 CD.

JV: ti do tre cognomi... Hendrix, Miles Davis e Leadbelly... qualcosa di tradizionale ci vuole su Marte.

SB: com’è cambiata la scena musicale da quando hai iniziato a suonare? Cosa c’era prima?

JV: sono passati 30 anni ed il mondo è cambiato parecchio. All’epoca a Bari c’erano... si, si potevano anche chiamare ‘clubs‘. Erano sotterranei e ci suonavano anche dei gruppi. Però, allora forse c’era più passione. Li ti incontravi, scambiavi idee… ora conta più l’immagine e per fare il musicista oggi devi essere più mestierante.

SB: un suggerimento per gli addetti ai lavori, per chi la musica la deve organizzare e promuovere.

JV: allora... nei festivals io suggerirei di dare più spazio ai musicisti italiani e non solo a quelli stranieri. C’è una bella scena in Italia oggi, varrebbe la pena investirci di più. E poi i Comuni e le Regioni dovrebbero investire di più in iniziative culturali e di beneficenza in cui la musica sarebbe un ottimo aggregante. Più incontri e un po’ meno businnes insomma.

SB : com’è oggi il panorama ‘live‘ nei locali?

JV: suono bene in Lombardia, Piemonte e Svizzera. Però devo dirti che ci sono troppe cover bands e la qualità delle proposte nei locali è calata. Poche proposte originali e tante proposte preconfezionate.

SB: quando suoni la chitarra spesso io ci sento dentro Hendrix.

JV: Jimi Hendrix è un ‘Santone’... è troppo lontano . Mi ha dato la possibilità di vivere. E’ stato ed è un 'motore' delle cose che faccio. Sai se oggi si parla ancora di Blues è anche per merito suo. Oggi Hendrix è un ‘’ lasciapassare ‘’.

SB: cosa hai provato la prima volta che hai suonato davanti ad un pubblico?

JV: avevo 16 anni, stavo al liceo scientifico di Molfetta. Era il periodo delle occupazioni studentesche, la fine degli anni ’60. Per me è stato come trovare il canale per cacciare via la timidezza. Mi accorsi che era più facile comunicare con i ragazzi della mia età, avevo anche io qualcosa da dire.

SB: la tua definizione di ‘coraggio‘ nella musica

JV: non abbandonare mai lo strumento, andare avanti e sentire sempre un legame. Se non suono qualcosa mi sembra che mi manchi qualcosa.

SB: ... e nella vita cos’é il coraggio?

JV: coraggio? penso ai vecchi bluesmen. Essere onesti con se stessi, con i propri sogni. Essere democratici pienamente e rispettare tutti e le idee di tutti. B.B. King può essere un esempio. Poi lui è così informale, un esempio per tutti ed io mi auguro di calcare i palchi per tanto tempo ancora, come fa lui ancora oggi.

SB: cos’è per te il Blues ?

JV: un modo di vivere, come uomo. Semplicità. I Blues sono insegnamenti di vita, ed oggi ce n’è bisogno più che mai.


L’OCCASIONE IN CUI…

... Tatàn! e cosa ti racconto di Joe, caro lettore e navigante dello spaghetto pensiero che non vuoi vedere la TV stasera? Il sito di Joe ce l’hai e lo puoi visitare. L’intervista, probabilmente l’hai pure già letta. Rimane il momento del ‘’dicono di lui‘’. Quel momento lì, quello dove cerco di metterti una pulce nell’orecchio. Vorrei crearti un dubbio artificiale. Cosa me ne frega poi di raccontarti una favola o regalarti facili contenitori di plastica o etichette usa e getta. Ti immagino ‘attento’ e ‘sveglio’ per cui non mi va di prenderti in giro. Per questo ti ‘sfido‘, perché ti stimo per essere arrivato fino a questa pagina. Accomodati, io... per qualche minuto cercherò di mettere nella centrifuga le tue certezze. Poi sarai tu, come sempre, a scegliere cosa ti piace e cosa no. Joe io l’ho conosciuto per caso in un locale che non ricordo come si chiama, qualche anno fa... non mi ricordo bene quando. Un signore con i capelli lunghi che suonava la Stratocaster. Ne ho visti tanti di capelloni con in mano una chitarra ma Joe, qualche tempo dopo, l’ho rivisto fra il pubblico del Pala Vobis (o Pala Trussardi o Pala Tenda o come cavolo si chiama oggi quel contenitore di sogni) al concerto degli Afterhours. Che c’entra Joe con Manuel Agnelli, mi sono detto? Sai com’è… Joe suona i Blues e tributi a S.R. Vaughan ed Hendrix. Gli Afterhours sono la punta di diamante (ti dice nulla il Tora Tora Festival...?) del rock-cantautorale-impegnato dell’ultimo decennio del millennio appena terminato e, molto probabilmente, del primo decennio del millennio che è iniziato. Cosa c’entra Joe qui nell’enclave della musica alternativa? Ed allora glie l’ho chiesto. Stava con una donna, sua moglie credo o forse la compagna. Spero non l’amante.… sennò questo ‘’l’occasione in cui..." diventa una Pearl Harbour! E lui mi racconta (piacevolissimo parlare di musica con Joe!) che sta attento alla musica ed alla sua evoluzione, che non crede nello schema fisso, che ha collaborato con Bugo (altro cantautore di nuova generazione) e che lui sta osservando quello che sta succedendo... Tu capisci, caro lettore, che quando gli After hanno attaccato con una stra-favolosa e stra-voltissima cover di De André (La Canzone di Marinella ndr.) io mi sono sentito molto meno solo in quelle che sono le mie quotidiane riflessioni su dove sta andando la musica (tutta, Blues compreso) ed i suoi poeti. Qualche tempo dopo lo ritrovo al Nibada, noto locale milanese sui Navigli dove devi assolutamente andare se vuoi sentire una ottima programmazione blues-folk-acustic-d’autore e faccio anche lì un bel rabbocco di Joe–pensiero... e pensare che io ero entrato al Theatre solo per bermi una birra. Allora qualche lunedì dopo mi cerco io la ‘’coincidenza’’, per cui vado alla Blues House (altro locale della vita musical-negrissima milanese) e faccio qualche jam con Joe che mi ospita sempre con grande simpatia. Poi un giorno Deo (si… Deo "Blues Harp", dello Spaghetti Blues ) mi dice di contattare Erica. Erica è un’amica telematica di Deo. Dapprima me ne frego perché io non amo le amicizie telematiche, e poi Erica (che si scrive con la ‘c’, e non con la ‘k‘, sennò le girano i cinque minuti...) per un giro incasinatissimo la conosco per davvero. E conosco praticamente un ‘’Angelo‘’, una persona tosta, speciale che deve guardare la vita in faccia tutti i giorni e che non ha la fortuna di poter spegnere la luce quando vuole. E questa persona mi parla, anche lei, di Joe e di Ray Accardi, il suo bassista, quello che ha suonato il basso con Chuck Berry nel tour italiano sul finire degli anni ’50 o inizio ’60, non me lo ricordo più . Ed allora io penso: ‘’ma cazzo, io a questa gente gli do pure del ‘tu‘… perché non la intervisto? … Tombola! Allora lo intervisto (ed il prossimo sarà Ray) e, chiacchierando con Joe, il mio libro dei ricordi e delle testimonianze si amplia perché questa è gente che ne ha vista di vita e di palchi. Joe ha lo sguardo buono. Sembra di parlare con papà dopo cena. E’ pacato e sorride con quella faccia che sembra dirti: ‘’... io la penso così, non so se è quello che volevi sapere... spero vada bene‘’. Grande Joe! Sei un Grande. E poi, è un chitarrista molto preparato. Mi ha regalato il suo ultimo CD (Parmatown) che è ben fatto, ben registrato, ben suonato... ma che soprattutto è ‘’personale‘’, cosa piuttosto rara oggi epoca di cloni e citazioni gratuite. Si avverte una ricerca, non ci sono i giochettini facili per farti capire che lui la chitarra la suona bene. E poi... e poi Joe, quella sera l’ha sentita pure lui La Canzone di Marinella. Strano, sai caro lettore? Io non ti conosco, non so chi sei (... citazione di Mina?) ma ho come la sensazione che ti stai domandando: perché la redazione dello Spaghetti Blues mi riserva dello spazio sul sito per parlare dell’aria che balla? Se te lo stai domandando io ti rispondo. Lo Spaghetti Blues è libero come un Gospel. Lo Spaghetti Blues è passione. Lo Spaghetti Blues crede in un’idea e nel suo sogno che sono ‘’i Blues‘’ e nel potere perduto della ‘’Musica‘’. Stiamo cercando di gettare l’anello nel vulcano e non è sempre facile, alle volte si rischia di sbagliare. Ma almeno ci proviamo. Personalmente nutro un fascino nei confronti delle anime tristi, le anime maledette da tutti, quelli che di solito perdono, quelli che non possono spegnere la luce con un semplice ‘click‘, quelle che, a volte, alle tre sono sveglie perché devono scrivere la canzone che hanno in testa, sennò non riescono a dormire... e la mattina è dura. Joe fa parte di questo mucchio di umanità che alcuni chiamano ‘sbagliata‘. Io la preferisco pensare semplicemente ‘sveglia‘. Rubando una frase al Poeta del Bungee Jumping, io spero di aver seminato anche questa volta un germe e di avere contaminato un po’ le tue certezze affinché crescano ancor più forti di prima. Lunga vita ai Blues. Zio Fiesta.

 

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