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Nei Vicoli del Blues

Ancora due date al termine della rassegna ospite del pub O'Sullivan's
di Corrado Valletta

Appassionato di blues, da sempre. Lui si chiama Angelo Agrippa. E’ il promoter napoletano di Spaghetti & Blues, un’associazione no profit il cui principale obiettivo è battersi per la divulgazione del blues nel nostro Paese. Per vivere fa l’informatico ma, nel tempo libero, la sua missione si manifesta; la sua passione prende corpo e Angelo diventa l’angelo del blues. Insomma, il portavoce partenopeo di un genere musicale che – senza tema di smentite – può essere ritenuto il padre della musica moderna. Già, e come molti padri, il blues - negli anni - sembra aver seguito le stesse sorti: dimenticato dai propri figli. Nel suo piccolo, Angelo Agrippa tenta di porre rimedio a questa indebita amnesia, prova a donare alle nuove generazioni la memoria musicale perduta.

Ecco allora i Cross Road Blues: i seminari/concerti il cui panel dei relatori è composto da musicisti e critici musicali. L’ultimo, Angelo lo ha organizzato all’Otto Jazz Club (storico locale di Salita Cariati, 23 a Napoli) e risale allo scorso aprile. Il commento di Amedeo Zittano e Giò Vescovi, introdussero professionisti del blues come Massimo Furio, Fulvio Sorrentino e l’amico di sempre Guido Migliaro. I temi affrontati? “L’armonica nel blues” e “Lo slide”. «L’appuntamento fu un successo – ricorda Agrippa -. Vi parteciparono tante persone e invitammo anche una scolaresca. Molti dei presenti non avevano mai ascoltato il blues».

Malgrado sia un genere musicale snobbato dalle etichette discografiche, sul blues Angelo Agrippa ha riscontri differenti e del tutto lusinghieri, come dimostra l’ultima serie di appuntamenti da lui ideata e che ha preso il via a metà novembre: sei date per cinque gruppi sotto un unico cartello, dal titolo “Nei vicoli del Blues”. Cinque formazioni che hanno dato e daranno vita ad altrettante serate nel nuovo pub irlandese di via Giacomo Piscicelli (al civico 43/45 che fa angolo con via Martucci) a Napoli: O’ Sullivan’s.

Entusiasmo e un pizzico di utopia animano Angelo Agrippa, come se la sua Città del Sole fosse la Città del Blues, con i suoi intrecci di vicoli «dove il blues – ci spiega Angelo - conserva la sua dimensione a misura d’uomo, nel senso che è ben lontano dai clamori della moda e di quanto faccia tendenza e quindi denaro. Dove il Blues mantiene ancora oggi, in questa era globale, lo status di prodotto artistico. Le note, ora distorte ora glissate, di una chitarra; il parlato spesso improvvisato; il cuore che batte i suoi colpi a volte a ritmo serrato, altre volte con malinconica lentezza, e il tutto accompagnato dall’incessante battito del piede, ti guidano in un canale attraverso il quale scorre, con inaudita potenza, tutta l’energia del blues, dove vita e musica si fondono in un unico ed esplosivo nucleo».

Ma cosa desidera Angelo Agrippa per sé e i suoi amici bluesmen, dal genio della lampada? «Che il blues non sia impunemente relegato in un ghetto cineclubistico; che si creino dei laboratori musicali per iniziare i ragazzi al blues; che si sensibilizzino le amministrazioni locali affinché diano vita a festival per i tanti e talentuosi interpreti italiani del blues, apprezzati e seguiti almeno quanto i colleghi stranieri».
Angelo si candida quale corifeo di simili iniziative, mentre la sua rassegna nell’Irish pub O’Sullivan’s volge alla conclusione.

Blues4ever, caro Angelo.   (per gentile concessione di Napoli.com)


• Approfondimento

Cos’è il blues
Una magica fusione tra la tradizione musicale africana e gli strumenti musicali europei. I primi bluesmen che la storia ha registrato, sono nati in Louisiana intorno a New Orleans, sul delta del fiume Mississippi. Erano tutti schiavi - o discendenti di schiavi - deportati dall'Africa nel Nuovo continente.

Al principio, fu semplicemente l'espressione di un disagio collettivo ma – in breve – la musica blues si trasformò in una sorta di canale di comunicazione parallelo tra le varie comunità nere. I suoi testi un po’ triviali, infantili e sgrammaticati in realtà nascondevano dei veri e propri messaggi in codice.

Il rock e il jazz, nonché tutti i generi da loro successivamente derivati, hanno preso vita dalle sonorità blues di inizio XX secolo.

Con struttura relativamente semplice sia per la parte musicale sia per il testo, lo schema del blues fa uso prevalentemente della scala detta ''pentatonica''. La tradizione musicale africana si basa su intervalli musicali differenti da quelli presenti nel sistema occidentale e gli strumenti melodici sono intonati in maniera differente. Questo favorì l'utilizzo di voce, chitarra e armonica a bocca, tutti strumenti in grado di riprodurre le stonature controllate di cui avevano bisogno i musicisti per avvicinare la loro musica a quella dei loro avi.
Queste stonature, ancora oggi, sono il marchio indelebile del suono blues, e si possono classificare in diversi tipi a seconda dell'intervallo alle quali sono applicate.

Il testo si articola in versi di tre strofe in cui le prime due si ripetono e, generalmente, con espliciti e frequenti riferimenti al sesso. Sebbene, dunque, con schemi musicali e sonorità affini al gospel, il blues si oppone a quest'ultimo proprio per la caratteristica di empietà dissacratoria che spesso lo accompagna.

La semplicità stessa dei temi e della struttura permette a questo genere di essere eseguito con strumentazioni al limite dell'essenziale. Tra queste, è appena il caso di ricordare la washboard (ovvero, l'asse per lavare i panni) per quanto attiene alla sezione ritmica.