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Strange Fruit: l'impegno civile di Nina Simone  di Lucia Braccioforte

“Gli alberi del sud portano un frutto strano 
Sangue sulle foglie e sangue sulle radici
Un corpo nero che oscilla nella brezza del Sud
Frutto strano appeso tra i pioppi
Scena pastorale del valoroso sud 
Occhi fuori dalle orbite, bocca digrignata
Profumo di magnolia dolce e fresco
E un improvviso odore di carne bruciata!
Quel frutto sarà preda dei corvi
Raccolto dalla pioggia, soffiato via dal vento 
Marcito dal sole. Abbandonato da un albero
Ecco uno strano e amaro raccolto.”

"Strange Fruit" ebbe un impatto senza pari nella storia della musica americana. Senza dubbio una delle canzoni più rivoluzionarie cantate da Nina Simone durante la sua carriera.
Un vero documento storico nel campo della musica su un argomento ricorrente nella letteratura: il linciaggio.
Come il pogrom non è un incidente nella storia degli ebrei, ma la cristallizzazione, l’esasperazione di una situazione endemica, il linciaggio, l’impiccagione e il massacro segnano solo il passaggio al limite estremo dei veri sentimenti dell’uomo bianco nei confronti dell’uomo nero” "Strange Fruit" è il manifesto dell’impegno politico di Nina Simone. “Una canzone che esigeva che l’interprete stesso trasmettesse la sensazione di essere stato linciato, in un modo o nell’altro. Impossibile suonare qualsiasi altra cosa dopo”. 
Una delle poche interpreti capace di “sentire” la forza e l’intensità che dal testo e dalla musica si sprigionano. Capace, con la stessa intensità, di comunicarla.
Furono due le donne che introdussero Nina Simone all’arte dell’impegno politico, alla difesa dei diritti civili dei neri e che ne fecero la portavoce, attraverso la sua musica, del Movimento  che negli anni 60 avrebbe lottato per affermare l’uguaglianza civile fra bianchi e neri d’America. Nina non avrebbe mai potuto immaginare, prima di conoscerle, di poter avere un ruolo attivo nell’azione per la lotta e la difesa dei diritti civili.
Lorraine Hansberry  era una donna di colore come Nina, un’intellettuale impegnata vicina a Martin Luther King. Fu l’ultimo mentore di Nina e la istruì sulla condizione dei neri negli Stati Uniti parlandole di rivoluzione, di politica, di Marx, di Lenin, di lotte di classe e di diritti civili. Le fece leggere la storia delle grandi civilità africane, la introdusse alla violenza  del traffico di schiavi neri durato per 400 anni e le insegnò la speranza di poter intervenire per cambiare le cose: “i diritti civili rappresentano solo una parte della lotta di classe e della lotta per l’integrazione razziale. Sei implicata tuo malgrado, per il semplice fatto che sei nera”.
E la sua implicazione nel  Movimento, che non tardò ad arrivare la vide mettere il suo repertorio e la sua arte al servizio della causa del suo popolo. Il 28 agosto del 1963, il giorno della marcia su Washington in cui King esercitò il potere della sua parola attraverso il suo discorso “I Have a Dream” provocando uno shock emotivo sulla folla oceanica che lo ascoltava e sull’intera società americana, il giorno in cui si fondavano le richieste perché l’uguaglianza e il rispetto dei diritti economici e sociali fossero riconosciuti e sostenuti quanto l’ugualglianza politica, Nina non potè essere con i manifestanti.
E questa assenza le creò profondi sensi di colpa all’idea di essere mancata ad un appuntamento fondamentale con la storia. Nei mesi successivi gli attentati e le morti di neri  in agguati vari si susseguirono provocando in Nina dei veri moti di violenza insopprimibili “Volevo uscire per la strada e uccidere qualcuno. Non sapevo chi, ma qualcuno di cui conoscessi con certezza l’opinione contraria al fatto che il mio popolo ottenesse giustizia per la prima volta in tre secoli”.
Fu il 15 settembre del 1963 (giorno dell’ennesimo attentato dinamitardo che vide la morte di molti bambini) che Nina si mise al piano e compose la sua prima canzone di protesta “Mississippi Goddam” (Maledetto Mississippi). Fu questa composizione, che denunciava l’ipocrisia del governo e dell’opinione pubblica americana, per lungo tempo al centro dei dibattiti degli intellettuali neri, la prima di una lunga serie di protest  song scritte da Nina e con cui la pianista entra ufficialmente nella lotta civile dedicandosi ad essa anima e corpo.
La musica e la politica da quel giorno saranno le compagne della sua esistenza “La prima cosa che vedevo al mattino guardandomi nello specchio era il mio viso nero. E quello condizionava ciò che pensavo di me per il resto della giornata: ero una nera in un paese dove ci si poteva far uccidere per quella semplice ragione”. La sua musica divenne la colonna sonora delle azioni dei gruppi di militanti e diede un senso alla sua vita.
Miriam Makeba, figura leggendaria per l’uguaglianza dei neri, è la seconda donna che influenzerà l’impegno politico di Nina Simone parlandole della lotta del suo popolo in Sudafrica e delle tante simlitudini con la storia dei neri americani “Vivo in un nuovo paese ma mi ritrovo lo stesso razzismo. In Sudafrica si chiama Aapartheid. Qui nel sud (degli stati Uniti) lo chiamate Jim Crow”. Fu la Makeba che la avvicinò a Stokely  Carmichael portavoce di una corrente che rompeva con la politica di non violenza di Martin Luther King e che le attribuì il ruolo di “grande cantante dei diritti civili”.
Nina non credeva ad una soluzione pacifica della questione razziale: la vittoria passava attraverso il cambiamento. E il cambiamento per  lei aveva il significato della rivoluzione. E  la allontanava dalle soluzioni pacifiste di King avvicinandola alla lotta armata di Malcom X. Quest’ultimo postulava una spartizione degli Stati uniti, esigendo che gli Stati del Sud, gli stati della schiavitù, fossero restituiti ai neri. Nina si sentiva idealmente vicina alle idee separatiste ed estremiste sostenute da Nation of  Islam, ma non si unì mai alla organizzazione. I suoi impegni di lavoro non gli avrebbero mai permesso di abbracciare le armi, come più volte aveva pensato di fare. La sua unica arma rimaneva la musica. Il suo impegno nel movimento poteva esprimersi soltanto attraverso la musica: ogni brano, ogni nota scritta, doveva per questo contenere una scheggia di quella collera che avrebbe voluto esprimere non con le sole parole, non con la sola melodia.  
La canzone più rivoluzionaria cantata da Nina Simone in questi anni di cambiamenti epocali è "Strange Fruit". In un contesto sociale politico violento fu una bomba lanciata a scuotere le coscienze. La canzone fu scritta da un professore bianco, comunista ed ebreo Abel Metropol e fu portata al successo dalla superba Billie Holiday che la cantava sempre alla chiusura dei  suoi concerti. Amata soprattutto dagli intellettuali neri e poco conosciuta dagli uomini di strada, Nina Simone fu l’unica, 20 anni dopo, ad avere il coraggio di riprenderla e ricantarla come finale di ogni suo concerto.
Testimonianza di un impegno politico che l’accompagnerà fino alla fine dei suoi giorni e che la renderà per sempre una icona di impegno civile. "Strange Fruit" è considerata una delle canzoni che hanno cambiato la faccia del mondo. A dimostrazione che anche  semplici note scritte su un pentagramma se mescolate alla passione, all’orgoglio per le proprie origini, all’impegno verso gli altri e alla dignità di essere quel che si è, possono contribuire a cambiare quel che della politica e del mondo non ci piace.

Fonti: “Nina Simone. Una vita” di David Brun-Lambert
“I put a spell on you:the autobiography of Nina Simone” di Nina Simone, Stephen Cleary



"Un Salto nel Blues" di Salvatore Amara  a cura di Rough Max Pieri

Negli ultimi anni anche in Italia c'è stato un proliferare d'iniziative editoriali legate al Blues che sono la testimonianza concreta di un interesse maturo verso questa forma musicale. Nonostante la parabola discendente come forma d'intrattenimento e rappresentazione, è comunque cresciuta l'attenzione degli appassionati per gli aspetti storici, sociali ed etnografici relativi al Blues.
Fra le tante pubblicazioni specifiche sull'argomento ne segnaliamo una recente, "Un salto nel Blues" (CUEC Editrice 2015) di Salvatore Amara, musicista, cantante e autore cagliaritano che attraverso una scrittura lineare e diretta - quasi con lo stile del romanzo di formazione - traccia il suo percorso di conoscenza del fenomeno Blues. Che siate musicisti, appassionati o semplici neofiti non fa differenza. Amara, seppure non sia uno storiografo o un musicologo, vi porterà comunque per mano alla scoperta o alla conferma dei tratti fondamentali del Blues. Nel corso della trattazione l'aspetto musicale risulta spesso secondario in ossequio alla densità di quel sentimento la cui comprensione è preliminare ad un più consapevole approccio alla materia sonora. Il metodo osservante con cui l'autore affronta gli argomenti ne esalta forme inedite rispetto alle classiche esposizioni su musicisti, strumenti, tecniche esecutive, ecc.. Infatti, da una parte le schede di approfondimento prendono quasi sempre l'abbrivio da citazioni, ruoli, pensieri e modi di sentire dei protagonisti, dall'altra l'autore tiene sempre la barra ferma sul principio che raccontare il Blues non è solo raccontare la vita e le opere dei bluesmen. I personaggi principali di questa storia - lunga oltre 300 anni - sono numerosi e non tutti necessariamente musicisti o di pelle scura: "...il Blues è un passaggio inevitabile nella vita di ogni essere umano, l'accettazione dei nostri vizi e delle nostre virtù...". La conoscenza della storia, delle cause e delle conseguenze della schiavitù - sintomo eloquente della ferocia degli esseri umani contro se stessi - è il fulcro fondamentale di questo "passaggio", il lavacro attraverso cui conquistare la redenzione, la piena libertà e la conoscenza di se stessi. Raccontando la sua esperienza di musicista e uomo, Amara ci regala un'opera monumentale (oltre 500 pagine in formato 28x21 cm), ricca di citazioni, dei più significativi testi, di quasi 400 schede di approfondimento e di un'esaustiva bibliografia. La traiettoria narrativa dell'opera non ha uno specifico ordine cronologico, ma segue il percorso formativo convulso ed a volte imprevedibile dell'autore. Il suo viaggio alla scoperta del Blues procede in maniera magmatica, con l'alternarsi di flash-back, scatti in avanti e rischiose derive fuori pista, delineando comunque in maniera inedita e netta l'osmosi fra storia sociale e psicologica del popolo afro-americano e la sua espressività musicale. Altrettanto nettamente emerge quanto pervasivo sia stato il Blues nel colmare l'orecchio del mondo, dando vita a miriadi di generi e filoni musicali, influenzandone altrettanti e offrendo potenti suggestioni anche ad altre forme d'arte come la letteratura, il cinema, la fotografia. A proposito di immagini, sono da segnalare i contributi di Michele Lotta e Mauro Amara con numerose fotografie inedite.
Non c'è bisogno di essere spericolati equilibristi per regalarsi un salto nel blues, basta semplicemente avere il coraggio di cimentarsi con la materia incandescente rappresentata dalla conoscenza di se stessi. Tutto il resto viene di conseguenza.


Goodby Massimo a cura di Blues Club 356, Corno di Rosazzo

Il 30 novembre ci ha lasciati per sempre Massimo Pavin: un nome che non dirà molto a chi non ha la ventura di appartenere alla piccola ma pugnace schiera dei bluesofili italici diciamo di una certa età, che non possono che dolersi per la scomparsa del talentuoso bassista di Milano. Jazz-rocker mancino dal groove esplosivo, fin dagli inizi lega il suo nome alle bluesband milanesi imperniate sull’armonicista e cantante Giancarlo Crea e nate fra il 1977 e il 1982, ovvero la Mean Mistreater Chicago BB (che nel 1978 accompagnò in tour Homesick James) e i Blues Shakers (feat. Arthur Miles e Dario Lombardo)… è in questo fertile humus che nasce nel 1986 la leggendaria Model-T Boogie, che fino ai primi anni ’90 sarà considerata fra le migliori band italiane in Italia grazie al mix potente di funky & blues fortemente legato alla tradizione chicagoana. Nell’albo d’oro della MTB in formazione classica (Crea-Pavin-Lombardo-Becattini-Bertagna) vanno citati i dischi …Really The Blues! (1987, G.Chiaretta on drums) e Born To Get Down (1989) con ospiti Phil Guy e Luciano Mr.Lucky Gherghetta, e la storica partecipazione al Chicago Blues Festival quale prima e unica band italiana (3/4 giugno ‘87); rinnovatasi con l’inserimento della coppia di chitarristi Gherghetta-Montaleni, la MTB macinerà centinaia di date in tutta l’Italia partecipando ai festival più prestigiosi (Pistoia, Rovigo, Narcao, Catania ecc) fino allo scioglimento nei primi anni ‘90. Peraltro, la morte di Phil Guy nel 2008 darà lo spunto per alcune reunion annuali della MTB (The Original Model-T Boogie) al Magazzino di Gilgamesh a Torino in occasione del “Phil Guy International Day”. Pavin-Bertagna è stata una sezione ritmica davvero inossidabile, una leggenda vivente del blues nazionale, un sodalizio trentennale che ha costituito la spina dorsale di altre storiche band come la Gnola Blues Band di Maurizio Glielmo e la Blues Gang di Dario Lombardo (fin dal 1995), sia dal vivo che in studio: ricordiamo ad es. i dischi della Blues Gang I Don't want 2 Lose-1998 e The Pop Life Studio Sessions-2012, o  20 Years Old della Gnola Blues Band-2010… ma Pavin parteciperà anche a Gambler Love dei Soul Machine-1998 e Lonesome Road di Joe Valeriano del 2015, il suo ultimo lavoro in tutti i sensi (e la discografia completa probabilmente non è tutta qui!). E va naturalmente citato anche l’amico di sempre Mr.Lucky, che non ha mai mancato di coinvolgere i nostri due  compagni di merende blues” in molti concerti e jam, comprese alcune date-tributo in memoria di Phil Guy fra Veneto e Slovenia (2009).  Di sicuro moltissime persone potrebbero aggiungere i loro ricordi a queste poche righe, e certamente qualcuno vorrà suonare in onore di Massimo Pavin alla prima occasione: si vocifera di un futuro concerto-tributo a Milano, ma il primo è già stato organizzato per il 6 gennaio 2016 Ai Troisi di Fogliano-GO a cura di Gherghetta e Bertagna, con vari ospiti. Si potrebbero  anche sottolineare le molte collaborazioni di Pavin con musicisti di rilievo come Arthur Miles, Zora Young, Barbara Carr, Johnny Copeland, Eddie C. Campbell, Eddy Kirkland, Phil Guy e Homesick James.… noi ricorderemo per sempre una piovosa sera del giugno 1987 in cui una esotica band chiamata Model-T Boogie approdò non si sa come in uno sconosciuto paesino dei Colli Orientali del Friuli chiamato Corno di Rosazzo, volando direttamente dal Chicago Blues Festival, galvanizzando e facendo sognare col loro sound incendiario una folla di ragazzi appassionati di blues poco più che ventenni, che in seguito li avrebbero letteralmente adottati. Non ci aspettiamo che venga dedicata una via a Massimo Pavin, come probabilmente non ne hanno avuta una Guido Toffoletti, Enrico Micheletti o Roberto Ciotti, visto che non abitiamo in un paese che ritiene importante ricordare i propri musicisti migliori (specie se dedicano la vita a qualcosa di stravagante come il blues e non bazzicano Sanremo), ma non importa. Noi non lo dimenticheremo.


Paul Oscher, un armonicista bianco alla corte di Muddy Waters intervista di Margie Goldsmith, traduzione e
adattamento Gianni Franchi


Margie Goldsmith

Scrittrice con base in New York Margie Goldsmith ha viaggiato e fatto interviste su tutti i continenti ed in oltre 127 paesi. Ha scritto per Elite Traveler, Luxury Magazine, Business Jet Traveler, Robb Report, Travel + Leisure, TravelandLeisure.com, National Geographic Traveler, Islands, American Way, Delta Sky, Hemispheres, Private Clubs, ultratravel, Affluent Traveler, New York Times, Washington Post, The Globe and Mail e molti altri.
Appassionata di arti marziali ed armonica quando si trova in paesi di cui non conosce la lingua utilizza la sua armonica Hohner per comunicare "La musica è un linguaggio universale, un modo ideale per comunicare con tutti." E' il mio passaporto per il mondo", dice Margie. Goldsmith ha vinto 35 premi di scrittura, tra cui il premio più ambito in scrittura di viaggio The Lowell Thomas SATW.
Ha iniziato la sua carriera a Parigi come capo di una società cinematografica di post-produzione, e mentre era li, ha scritto Screw-Up, un romanzo, pubblicato da Berkely Press. e subito dopo ha collaborato alla scrittura del film francese, A Tout Casser (interpretato da Michel Serrault). Al suo ritorno a New York, ha continuato a scrivere, mentre imparava la regia e editing di film. Dopo ha lanciato la MG Productions, una pluripremiata società di produzione film/video di New York specializzata in video promozionali e annunci di servizio pubblico, che ha seguito fino a quando ha deciso di preferire la scrittura a tempo pieno.

PAUL OSCHER

Armonicista, cantante, autore e multi strumentista è divenuto noto per aver suonato nella band di Muddy Waters dal 1967 al 1972 dopo armonicisti come Little WalterJunior Wells, James Cotton, e Big Walter Horton è stato il primo musicista bianco a diventare membro a tempo pieno di una blues band di questo livello. Dopo aver suonato in giro per il mondo con Muddy Waters è stato protagonista di diverse registrazioni di Muddy come il bellissimo album Live at Mr Kelly (Chess 1971.)
Dal 1976 ha suonato con la sua band ed accompagnato artisti come Big Joe Turner, Doc Pomus, Victoria Spivey, Big Walter Horton e Johnny Copeland
.
Dopo un periodo di ritiro dalle scene negli anni 80, nel 1992 il richiamo del blues ha avuto la meglio ed ha ricominciato ad esibirsi con il pianista Dave Maxwell. Nel 1994 è stato in tour negli Usa con la Muddy Waters Tribute Band con Jimmy Rogers. Il suo primo Cd The Deep Blues of Paul Oscher vede la luce nel 1995 seguito da Knockin’ on the Devils’ Door che ha ricevuto una nomination al W.C. Handy Award.
Nel 1999 ha suonato al San Francisco Blues Festival con Carey Bell Jerry Portnoy in uno show dal titolo "The Super Harps of Muddy Waters" ed è stato in tour in Europa con Willie "Big Eyes" Smith.
Nel 2005 il suo album Alone with the Blues (2004) è stato nominato per ben 4 categorie del W.C. Handy Awards: "Acoustic Blues Album of the Year""Acoustic Blues Artist of theYear", Harmonica instrumentalist of the Year", e "Blues song of the Year".
Paul appare anche nel cd That Represent Man dei The Mannish Boys’ del 2004  e nel tribute di Mark Hummel e Johnny Dyer’s a Muddy Waters con il cd Rollin’ Fork Revisited  (2004 Mountain Top records).
Nel 2005 è ospite con Eric ClaptonKeith RichardsLevon Helm  del cd di Hubert Sumlin  “About Them Shoes”.
Il suo album
Down in the Delta, ha vinto nel 2006 due Blues Music Awards.
Al momento Paul sta scrivendo un libro sulla sua vita ed esperienze nel blues, alcuni estratti del libro sono citati nella bio di Muddy Waters scritta da Robert Gordon "Can’t be Satisfied".
Come armonicista di Muddy Waters Paul Oscher ha ispirato intere generazioni di musicisti come Rick Estrin, Jerry Portnoy, Paul DelayWilliam Clark.

 

Intervista

Q: I tuoi genitori ti hanno incoraggiato per la musica?

A: Mio padre pensava che piuttosto avrei dovuto imparare a suonare la fisarmonica perché può suonare più cose come altri strumenti. Lui mi disse “ Se invece suoni questa (l’armonica ndt) non avrai mai un lavoro “. Non capirmi male, mi piace veramente la musica cajun con l’accordion e Clifton Chenier, ho anche registrato una canzone di Mississippi John Hurt in cui suono questo strumento.

Q: A 12 anni, tuo zio ti ha regalato un’armonica Marine Band. Tuo zio era un musicista?

A: Si, suonava il pianoforte in stile barrelhouse ma non il blues. Mi ha messo nella direzione giusta, però, regalandomi quell’armonica.

Q: E’ stato Jimmy Johnson, un armonicista del sud che suonava nei “medicine show" ora scomparso, che ti ha insegnato i primi rudimenti dell’armonica blues. Come è successo ?

A: Dopo la scuola lavoravo consegnando in bicicletta generi alimentari alle persone anziane. Mi potevo comprare con quei soldi una pizza e una Coca Cola. Mentre aspettavo fuori del negozio che qualcuno mi chiedesse di fargli una consegna passavo il tempo cercando di imparare a suonare l'armonica. Stavo provando a suonare Red River Valley dal libretto che era in dotazione con la mia armonica quando ad un certo punto un uomo di colore con capelli tinti ed un dente d’oro esce fuori dal negozio e mi dice “ Ragazzo fammi vedere questo fischietto che hai – io gli dissi – non è un fischietto è una armonica ! " “ Gli diedi l’armonica e lui cominciò a suonare un “Wah wah wah wah blues” con un grande suono. Quel suono che proveniva da uno strumento così piccolo mi fece impazzire. Poi suonò uno shuffle ballando il tip tap mentre contemporaneamente faceva ruotare l’armonica come un orologio. Stava per suonarla anche con il naso quando l’ho fermato. In quel momento ho capito che volevo imparare quello che lui aveva fatto.. Mi mostrò come soffiare nella armonica e fare il bending sul 4° foro . In quel momento mi sono innamorato dell'armonica blues. Circa 35 anni dopo, ho capito il trucco dell’orologio e lo faccio nel mio spettacolo a volte.

Q: Come hai fatto ad imparare in così poco tempo visto che già a 15 anni tu suonavi come un professionista con il cantante chitarrista Little Jimmy Mae?

A: Suonavo tutto il tempo, giorno e notte, una completa ossessione ed amore per il blues. Di solito suonavo nel bagno per il suono che mi riverberava sulle piastrelle.

Q: Come hai conosciuto Jimmy Mae?

A: Stavo passeggiando davanti un club chiamato the Nite Cap suonando la mia armonica – abbastanza bene credo. Un tipo dalle scale del locale mi dice “ Hey ragazzo perché non entri e suoni per noi ?". Guardai nel locale, tutta gente di colore. Il tipo sembrava Ike Turner con la sua acconciatura Pompadour. E le donne sembravano le Supremes. Il tipo era il MC del locale si chiamava Smiling Pretty Eddie. Era il più elegante di tutti. C’erano molte Cadillac parcheggiate fuori al club e molti giocatori d’azzardo visitavano il club ed Eddie era anche un protettore. Salì sul palco e mi diede questo microfono tipo quelli che usava Elvis, l’impianto era un Bogen e suonava alla grande. Suonai “Juke” e “Sad Hours” e quando finii Pretty Eddie disse “ Che ne dite signore e signori ? “Battete le mani al piccolo fratello soul dagli occhi blu “ Il pubblico impazzì. Mentre andavo al bagno una ballerina carina con una lunga parrucca si stava aggiustando il seno , Un seno era fuori e stava lavorando su l’altro ,guardandomi sbattè le sue lunghissime ciglia e con la più sensuale e dolce voce del sud mi disse “Hi baby”. Era fatta, avevo capito che quella doveva essere la mia vita, mi piaceva tutto. Cominciai a frequentare il club, Jimmy Mae era il band leader e suonavo con lui ogni volta che potevo.
Quando uscii “Scratch My Back” di Slim Harpo la imparai a suonare come il disco nota per nota.
Jimmy ed io suonavamo in un sacco di black clubs in NYC. Lui riusciva a cantare come Little Walter e BB King ci chiamavano “Salt and Pepper.” (sale e pepe)

Q: In quale città erano questi club neri, Il Baby Grand, The 521 Cub, Seville Lounge, the Night Cap?

A: Erano a Brooklyn. C'erano anche club a Long Island: The Bluebird Lounge, St James Hotel, The Showplace, Club Haven, Community Bar, Club Ruby- c'erano un sacco luoghi in cui i neri del sud si ritrovavano ed ascoltavano il blues. Abbiamo suonato in tutti questi posti.

Q: A metà degli anni 1960, hai incontrato Muddy Waters nel backstage del Teatro Apollo. Cosa stavi facendo dietro le quinte?

A: Jimmy Mae conosceva i ragazzi nella band di Muddy e siamo andati a incontrare la band. Era un grande show  con Jimmy Reed, John Lee Hooker, Lightnin 'Hopkins, Bobby Bland, T-Bone Walker e Muddy Waters. Noi non suonavamo , ma stavo stavo suonando l’armonica dietro le quinte vicino le scale quando Muddy mi ha sentito suonare. Siamo andati in giro con la band dopo lo spettacolo e presso l'hotel Teresa lui mi ha sentito suonare un po’ 'di più e ha voluto il mio numero di telefono.

D: Nel 1967, quando Muddy è venuto a New York senza un armonicista, tu hai suonato con la band, " Baby Please Don’t Go” and “Blow Wind Blow.” Come sei arrivato a suonare con loro?

A: Luther “Georgia Boy Snake” Johnson mi aveva chiamato chiedendomi di andare. Big Walter doveva essere l’armonicista ma non si era presentato alla partenza a casa di Muddy Waters. Ho suonato quelle canzoni con la band e poi Muddy mi ha chiesto se potevo viaggiare. Hell yeah!! Così il giorno dopo ero al loro hotel pronto a salire sul loro autobus Volkswagen. C’era Otis Spann con sua moglie Lucille, il batterista S.P. Leary tra me e l’autista tuttofare di Muddy ,Bo alla guida.  Muddy, Snake e Sammy erano in una station wagon davanti a noi. Ad un certo punto, Spann disse a Lucille, “Give me my shit,” e lei gli passò togliendosela dal reggiseno una  22 automatica. Poi Spann dopo averla controllata se la mise in tasca e chiese a S.P. se gli dava un goccetto S.P. passò a Span una pinta di  Gordon’s Gin, tutti prendemmo un goccio e poi lo passammo a Bo. Bo prese un lungo sorso e gridò: "Vedo la luna e la luna mi vede, Dio benedica la luna e Dio mi benedica," e siamo partiti.. Mi sono detto, ragazzi ci sono ! The real deal—non potevo essere più felice.

D: Si dice da qualche parte nella biografia di Muddy che la prima volta che ti ha sentito, ti ha descritto come "Paul suona con il suono amplificato di Little Walter." Ma tu stavi suonando acustico! Ti ricordi che Muddy lo abbia detto?

A: Io non ricordo che Muddy lo abbia detto, ma quello era il suono che avevo cercato di avere in acustico – suono molto forte e grasso.

Q: Quando suonavi con  la band di Muddy, potevi suonare come volevi od era  Muddy a dirti  cosa e come suonare ?

A: Muddy non ti diceva mai cosa suonare ma se io suonavo qualcosa che non gli piaceva, ti guardava, si grattava la testa e sapevi che eri fottuto ..

Q: Muddy voleva che suonassi come James Cotton?

A: Si, Cotton o Little Walter. Lui voleva che Cotton suonasse come Walter fino a che Cotton alla fine gli disse che lui poteva suonare solo come Cotton.

Q: Qual è la cosa più importante che hai imparato dai musicisti della band di Muddy, e da Muddy stesso ?

A: Tono, tempo e fraseggio. E come essere te stesso. Una volta cercavo di suonare una parte di una canzone di  Little Walter quando mi sono imbrogliato ed ho detto a Sammy Lawhorn, “Wow sto incasinando questo assolo di Walter,” e Sammy mi disse “No non è cosi , tu lo stai solo suonando alla  Paul.” Ci ho riflettuto e non ho mai più tentato di suonare nota per nota il solo di nessun altro da quel giorno .

Q: Chi ti ha insegnato di più riguardo il fraseggio e timing del blues più profondo?

A: Otis Spann. Si sedeva con me al piano e me lo suonava fino a che non avevo imparato.

Q: Hai vissuto nella casa di Muddy nel southside di Chicago con Otis Spann, che ti ha insegnato a suonare il pianoforte. Come è successo?

A: Noi condividevamo il piano interrato io avevo una stanza e  Spann e sua moglie un’altra. Il piano era al centro della stanza. Spann suonava tutto il tempo e Lucille cantava. Non ho mai provato a suonare nessun  licks esattamente come Spann, ma ho imparato il suo timing ed il fraseggio. Ho studiato il  piano da solo.  All’inizio cercavo si suonare frasi di chitarra ed armonica sul piano. Poi arrivava Spann e mi faceva vedere delle cose facile da fare con la mano sinistra .

Q: Ed hai imparato a suonare la chitarra semplicemente guardando  Muddy e Sammy Lawhorn?

A: Molto è stato così. Naturalmente già sapevo abbastanza della chitarra quando ho iniziato con Muddy da riuscire a capire quello che stavano facendo  .

Q: Alla fine del  1971, dopo cinque anni, hai lasciato la band di  Muddy per formare i Brooklyn Slim?

A: Brooklyn Slim non era una band—era un nome che usavo. Ho avuto l’idea da un bar su Rogers Avenue chiamato “Brooklyn & Slim.” C0era una insegna al neon e la  “&” era rotte così si leggeva solo  Brooklyn Slim. Ho pensato, “sono io, potrebbe essere il mio bar” (Muddy qualche volta mi chiamava Brooklyn Slim), ed ho pensato poteva essere un buon nome da usare . Stavo suonando in diversi club senza nome e non volevo associare “il big name” che mi ero fatto come Paul Oscher a questo tipo di gigs.

Q: Che tipo di musica suonavi?

A: Niente altro che blues. Ma ho avuto un bassista di nome Chris Wright che cantava gospel con The Swan Silvertones and Brooklyn All Stars. Riusciva a cantare qualsiasi cosa da Bobby Bland ad Al Green. Ho anche avuto anche una voce femminile di nome Rose Melody e lei poteva cantare qualsiasi cosa cos’ ho suonato tutto quello che loro potevano cantare soul music o blues. Rose non diceva mai “harmonica.” Lei diceva sempre “Paul quando suoni la tua mahonica?”

Q: In 1976, sei andato in tour in Europa con Louisiana Red, hai suonato con la tua band nell’area di New York, accompagnato Big Joe Turner, Doc Pomus, Victoria Spivey, Big Walter Horton e Johnny Copeland. Cosa hai imparato da loro?

A: Più suoni con musicisti diversi più impari. Ho vissuto ad Austin ed avevo un quartetto. Avevamo dei concerti fissi ma i miei musicisti suonavano con molti altri artisti ed in differenti stili musicali, Li era così . C’erano molti grandi musicisti di blues li:  Mike Keller (chitarrista dei Thunderbirds) suonava con me quando non era in giro ed anche Jay Moeller il batterista di Kim Wilson .

Q: Quando hai sviluppato il tuo modo di cantare?

A: Una sera Chris Wright non si presentò. Il cantante non poteva fare la serata. Suonavamo al Lucky’s Fabulous Marble Lounge nella Bayside, Queens, un club nero. Ho iniziato a cantare e nessuno è uscito dal locale o ha cominciato a fare booo così ho continuato a cantare almeno qualche canzone ogni sera dopo quella volta. Quando la mia ragazza Deborah mi ha lasciato ho iniziato veramente a cantare e scrivere blues. Mi ha spezzato il cuore.

Q: Stai scrivendo un libro sulle tue esperienze blues, Alone with the Blues. Quando pensi che sarà terminato?

A: La mia ex moglie, una scrittrice, , sta programmando il tutto. Quando il libro sarà finito ti piacerà.. Mi dispiace infatti che non posso rispondere a fondo alle tue domande perché mi sto tenendo I dettagli per il libro.

Q: A maggio 2001, sei stato contattato per un imminente blues festival ed hai deciso di suonare il set da solo. Dopo questa performance, cosa è successo?

A: Il pubblico ha amato lo spettacolo, e ho venduto 65 CD, e quindi ho fatto la scelta di suonare da solo. Sto ancora facendo il mio solo show on the road, ma suono anche con band locali. La show da solo aiuta i concerti della band perché fa ascoltare a più gente i miei dischi. Suono anche alcuni numeri da solo quando sono con la band.

Q: Suoni l’armonica con un suono straordinario. Come lo hai ottenuto?

A: Good sex!  George Smith diceva di bere latte (LOL).

Q: Suoni l’armonica diatonica, cromatica, e bass.  Quale delle tre è più difficile e perché ?

A: La Bass armonica richiede  una grossa quantità di fiato , c’è uno spazio assai largo in cui muoversi. Tutte note da soffiare. Non riesci a respirare attraverso l’armonica e le ance sono imprevedibili. Possono soffocarti se soffi troppo forte o troppo delicatamente. Io penso che la diatonica è la più difficile perché  devi far suonare tutte le note ed ogni armonica ha risposte diverse dalle sue ance.

Q: Suoni la cromatica con un reggiarmonica mentre contemporaneamente suoni la chitarra , una cosa unica. E’ così difficile come sembra ?

A: La sola cosa difficile è riguardo al reggiarmonica, è così grande che non ti fa vedere dove stanno le tue mani sulla tastiera della chitarra. Io di solito armeggio per trovare gli switch dei pick up ed i controlli del volume ma li spostandoli sulla punta della chitarra come una Les Paul funziona alla grande.  

Q: In alcuni concerti sei stato visto usare un effetto loop a pedale con suoni di armonica che si sovrapponevano .

A: No, non ho mai fatto questo!  Se uso un loop, è solo un pattern di basso di 12-battute su cui suonare la chitarra o l’armonica.
Lo metto proprio in vista del pubblico  in modo che possano vedere esattamente quello che sto facendo ed ho un interruttore di sicurezza vicino al pedale in modo di non  accenderlo accidentalmente durante una altra parte dello show, a volte mi dimentico di accendere questo interruttore che fa partire il loop ed inizio a suonare un pattern di 12 battute e non succede niente – nessun loop; quando succede è causa di grandi risate . Io rido di molte cose quando non vanno per il verso giusto. Per esempio una volta stavo suonando il piano elettrico in Springfield, Illinois  in un festival ed in mezzo al mio “solo” blues spingo per errore un tasto ed il piano inizia a suonare da solo “ Per Elisa” di Beethoven. Era una traccia demo che stava nel piano – fu veramente un macello con tutto il pubblico che rideva.
Un’altra volta, avevo un radiomicrofono e cominciai a camminare giù dal palco in mezzo al pubblico. Stavo suonando al Turning Point in Pierpont, NY, insomma cominciai a camminare tra il pubblico con l’intenzione di far il giro del palazzo e rientrare dalla porta posteriore mentre continuavo a suonare – come faceva Guitar Slim con un cavo lunghissimo. Avevo chiesto prima ad un tipo del locale se la porta del retro rimaneva aperta. Lui mi aveva detto – Si, penso di si – cos’ gli avevo chiesto – per favore se è chiusa , lasciala aperta per me – così esco camminando dalla porta principale e suonando  arrivo sul retro del locale dove delle quattro porte presenti con mia sorpresa nessuna era aperta. Dalla cucina tre messicani mi avevano visto dal vetro della finestra e mi dicevano “cool man, cool man,” e parlavano di quello che stavo facendo. Cos’ mi suggerirono di passare dalla cucina. Così passai dalla cucina e mi ritrovai all’improvviso in un altro mondo, un fantastico ristorante messicano dall’altra parte del Turning Point.  Faccio un cenno di saluto al sorpresissimo Maitre e rientro al Turning Point dove suonavo dalla stessa porta da cui ero uscito- non proprio un finale esaltante per lo show con la gente che mi chiedeva “ Ma dove sei andato ? “

Q: Una volta hai detto  "Il vero dono non è la capacità di avere il talento a suonare , il vero dono è di amare la musica."


A: E’ quello che che ti fa superare gli ostacoli.


Q: Ti capita mai di essere nervoso sul palco od avere la sensazione che non stai facendo una buona performance?

A: Sono sempre nervoso, ma ho scoperto che se arrivo al concerto poco prima dell’ inizio, sono meno nervoso perché ho meno tempo per pensare a cosa potrebbe andare male. Ho capito che c’è bisogno di stare concentrato su quello che si sta suonando e non pensare a te stesso mentre stai suonando. Se succede, hai perso la concentrazione ; per esempio, a volte mi sorprendo di come sto suonando e mi dico "Accidenti questo era veramente cool," ed è la fine. La concentrazione è rotta dal tuo ego. Non bevo mai prima di suonare e questo davvero mi aiuta. L'unica volta che penso che ho fatto una cattiva performance è quando il pubblico non reagisce a certi assoli che sempre hanno funzionato. Ho scoperto che la causa non è tanto colpa mia, ma colpa del tecnico del suono. Quando vede che il pubblico rimane con faccia come se stesse giocando a poker dopo un grande solo, è perché non stanno sentendo la stessa cosa che tu stai ascoltando sul palco. E' sempre bene avere il vostro roadie in mezzo alla folla con una seconda serie di orecchie per assicurarsi che il suono sul palco arrivi alla gente. Si può avere un grande suono nei monitor, ma nulla accade. Hai bisogno di essere particolarmente cortese con i ragazzi che fanno i suoni. A volte se non hanno mai sentito parlare di Little Walter o Chicago blues, non hanno la minima idea di come si suppone l'armonica debba suonare nel mixer.  Loro prestano molta più attenzione a chitarra, basso e batteria.

Q: Qualcosa delle tue strumentazione risale al tempo in cui suonavi nella band di  Muddy Waters?

A: Sì, ho una road case che mi ha dato Muddy che era più grande della mia e poi la mia valigetta che uso per le armoniche.  Le sue dimensioni sono '20in x14in x 9in. Potrei venderla se avessi un offerta abbastanza buona. Ho anche una chitarra che mi ha dato Muddy, ma io non ho intenzione di venderla al momento. Avevo bisogno di una scatola più grande per contenere una Hohner 36 melodica, le mie armoniche e microfoni. Muddy amava la  melodica - la chiamava un piano arpa e ho registrato con questa attraverso un altoparlante Leslie; suona proprio come un Hammond B3. Tra l'altro, sono stato il primo ad utilizzare una melodica nel blues.

Q: Usi speciali accordature per le tue armoniche ?

A: NO. Se parli di special harps devi sapere che l’armonica Bassa in FA è stata una mia idea.
Andy Paskas è un tecnico della Hohner e gli chiesi di farmi una armonica Bassa in FA da  una Marine Band in SOL . La volevo così perché Muddy a volte cantava “Hootchie Coochie Man” in FA ed io volevo suonare in “prima posizione” come quando canta in LA o SOL.
Ho suonato l’armonica bassa in FA per  Mr. Hohner in persona alla fabbrica di  Hicksville, a lui piaceva e non immaginava che si potesse suonare così bene un’armonica bassa; così circa un anno dopo cominciarono a produrre le armoniche basse in  FA e poi in altre tonalità negli anni seguenti .
Non ho mai ricevuto nessun riconoscimento per questa idea .

Q: Hai suonato “Sugar Mama” in alcuni concerti usando due armoniche diverse, alternando una diatonica suonata in un tubo di PVC usato come wah-wah ed una sordina per la cromatica. Come riesci a fare questo ?

A: Non ricordo di averlo fatto in Sugar Mama ma lo facevo in un pezzo strumentale chiamato “Alone with the Blues” nel mio album dallo stesso nome. Quel brano era in DO ed usavo una C 64 chromatic una super chromatic in SIb ed una bassa in FA ed una Melodica.
Era divertente in studio perché avevo un assistente che mi passava la  Melodica o la armonica bassa quando ne avevo bisogno. Le armoniche, io posso passare da una all’altra senza problema. La traccia è stata registrata dal vivo.

Q: Hai imparato a sviluppare il tuo incredibile controllo del respiro o ti è venuto naturale?

A: Io credo che non debba mai pensare consciamente al controllo del respiro, succede naturalmente. Si aggiusta in base a quello che devi suonare come in automatico prendi un respiro dopo aver nuotato sotto acqua . Non dici a te stesso, “Deve prendere un respiro profondo,” succede naturalmente.
Ma cose che possono aiutarti per il timbro sono: primo, abbi una chiara idea del tono che vuoi avere e secondo, suona note lunghe. Non fare note troppo corte. La musica è come se scrivi e  lasci  fuori alcune parole. Le note lunghe ti aiutano a sviluppare il fiato. E’ quello che di solito ti dicono trombettisti e sassofonisti, ma in realtà io non ho mai provato a seguire il loro metodo. Il modo in cui mi alleno è suonando sempre la stessa cosa fino a che non viene come la voglio o come funziona per me. Non ho mai suonato scale  od esercizi ecc. in genere lavoro solo su qualcosa che poi voglio usare.

Q: Ti eserciti ancora? Se si, come e su cosa?

A: Io ogni settimana ho almeno un concerto e questa è la mia pratica . Quando sono in giro è la mia esercitazione maggiore. L’esercizio migliore è suonare davanti ad un pubblico. Comunque a volte mi esercito cercando di tirar fuori  nuove idee, questo è il mio esercizio.

Q: Il tuo senso del ritmo è innato? Si può imparare il senso del ritmo?

A: Penso che qualcosa puoi imparare , ma è come dipingere: alcuni possono farlo naturalmente ed altri no.

Q: Quando stavi imparando a suonare il blues, alcuni armonicisti ti hanno mostrato I loro licks. Come li hai imparati ?

A: Dai dischi; dovevi metterci un penny od un nickel sulla puntina per rallentarla. Puoi guardare un chitarrista e vedere cosa sta facendo, ma con un armonicista non ci riesci; è tutto nella sua bocca. James Cotton mi disse quando cercava di capire come Little Walter riuscisse a fare  quel suono vibrato—se scuoteva la testa o l’armonica, qualcosa che si poteva osservare—Little Walter girò le spalle a Cotton dicendo, “E’ semplice, è così...” e cominciò a suonare senza però che Cotton potesse vedere quello che stava facendo .

Q: Quale è il miglior consiglio che daresti a chi vuole imparare a suonare l’armonica?

A: Ascolta I grandi armonicisti, fai pratica e suona con musicisti che sono migliori di te. E tieni sempre un’ armonica nella tua tasca.

Q: Un musicista intermedio come può migliorare ? Quale è il consiglio per loro?

A: Cerca di avere in mente il suono che vuoi e continua a combattere con l’armonica fino a che non ottieni quello che ti piace

Q: Il consiglio per un musicista avanzato ? La cosa più importante da imparare?

A: Non cercare di suonare meglio dei tuoi partners – cerca di suonare meglio di te stesso.

Q: Cosa ha fatto la musica per te?

A: Mi ha fatto rimanere giovane quando sono vecchio. Non sono mai cresciuto ed ho sempre amato la musica, così non mai lavorato un giorno nella mia vita. E’ stato sempre un piacere. Mi ha portato un sacco di belle donne affinché potessi avere il blues.

 

 

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