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Kirk Fletcher  a cura di Gianni Franchi, foto di Rocco Cedrone

In occasione del recente concerto romano per la rassegna "L'Asino in Blues" (vedi "concerti"), tappa di una breve tornée italiana, abbiamo fatto delle domande al chitarrista californiano Kirk Fletcher per conoscerlo meglio. Ecco cosa ci ha risposto.

         

SB: Quali musicisti e soprattutto quali chitarristi ti hanno influenzato di più?

KF: Mio fratello Walter Fletcher è stata la mia più grande ispirazione. BB King, Robben Ford, Larry Carlton e tanti altri!

SB: Hai suonato  con alcuni dei più grandi artisti del blues come Kim Wilson, Charlie Musselwhite, The Mannish Boys, Joe Bonamassa. Cosa ti ricordi di ognuno di loro?

KF: Ci sono così tanti ricordi meravigliosi. Kim Wilson mi ha insegnato come essere il frontman di una band, Charlie mi ha insegnato ad essere fedeli a se stessi e trovare la tua voce. Come performer da Joe Bonamassa ho imparato come essere un uomo d'affari e cosa sia un vero e proprio spettacolo e come ricordarlo in ogni momento!

SB: Dalla lettura della tua biografia sembra di capire che Al Blake è stata una figura importante nella tua vita musicale. Cosa ti ricordi dei momenti passati con lui e cosa hai imparato da lui?

english versionKF: Ho imparato tante cose da lui, mi ha insegnato molto sui musicisti blues meno conosciuti come i Mississippi Shieks, Peetie Wheatstraw, Jesse Thomas e innumerevoli altri. Mi ha portato nella sua famiglia ogni domenica dopo la chiesa a casa sua.

SB: Sul tuo primo album “I'm Here & I'm Gone” c'è una canzone intitolata Watsonized. È un tributo a Junior Watson? Che cosa ti piace più del suo stile ?

KF: Amo Junior Watson! Vorrei dire il suo timing e fraseggio e la sua capacità di imparare continuamente.

SB: Cosa consiglieresti a un giovane ragazzo che vuole suonare la chitarra?

KF: Suona tutto il tempo, suona tutti i tipi di musica, impara una teoria musicale di base, copia i tuoi musicisti preferiti e trova la tua voce. Suona nelle Jam con i gruppi! Suona  live il più possibile.

SB: Hai suonato  per un po' con gli Hollywood Blue Flames. Come ti sei sentito nel ruolo del ruolo precedentemente di Hollywood Fats?

KF: Non potrei mai riempire le sue scarpe, Al Blake mi ha insegnato molto insieme agli altri membri dei BLUE Flames, quindi è stato naturale per me suonare e registrare con loro.

SB: Girando in tour in tutto il mondo, hai conosciuto molte realtà musicali diverse. Cosa pensi della conoscenza della musica blues al di fuori degli Stati Uniti?

KF: Nella  maggior parte c'è più conoscenza al di fuori degli Stati Uniti. E ci sono molte persone appassionate in tutto il mondo per il Blues.

SB: In Italia, hai avuto esperienze con Eros Ramazzotti per quanto riguarda la musica pop e, per quanto riguarda il blues, la tua ultima collaborazione è stata con Dany Franchi. Che cosa ti è rimasto di queste esperienze così diverse tra loro?

KF: Con Eros è stato uno stile di vita meraviglioso e molto professionale e bello suonare in luoghi meravigliosi. Suonando con Dany è  come un ritorno a casa tornando alle mie radici blues, così divertente.

SB: Ascoltando il tuo spettacolo dal vivo, oltre alle tue improvvisazioni come solista ho apprezzato molto il lavoro svolto con la chitarra ritmica. Questo importante aspetto tecnico viene a volte sottovalutato da alcuni chitarristi. Cosa ne pensi?

KF: Il ritmo è la cosa più importante per me. Lo adoro. Può completamente cambiare il mood di un brano suonando con grande ritmo. Credo che ogni chitarrista dovrebbe studiare la chitarra ritmica.

SB: Chi è il chitarrista che preferisci oggi?

KF: Josh Smith, Mike Welch, Nick Moss, Dany Franchi, Blake Mills, Joe Bonamassa, Mat Scofield, Samir Moulay, Sam Meek, Doyle Bramhall II, Eric Gales, molti altri.

SB: Come vedi il futuro del Blues?

KF: Il Blues sarà sempre qui!                                                                                                                                         
                                                                                                                                         › english version

Kirk Fletcher a L'Asino In Blues  (Roma, 2 aprile 2017) di Gianni Franchi, foto di Rocco Cedrone

L'Asino in Blues, la rassegna dedicata ad Herbie Goins è nata dalla collaborazione tra l'associazione Jona's Blues Band (dal nome del mio gruppo storico) ed i due fratelli Igor e Piero La Fontana, proprietari e direttori del locale L'asino che Vola che hanno creduto in questo progetto.
Grazie anche al patrocinio di Spaghetti e Blues la rassegna ha finora riscosso un ottimo successo ospitando artisti italiani ed internazionali di grande livello.
Il 2 aprile con la partnership di Mojo Station (associazione che cura l'omonimo programma radio e festival blues romano) è stata la volta di uno dei più grandi chitarristi blues del momento, Kirk Fletcher accompagnato dall'altrettanto valido gruppo italiano Dany Franchi Band.
Incontro per la prima volta il chitarrista americano nel pomeriggio per il soundcheck e mi da subito l'impressione di un gigante buono, molto affabile e disponibile.
Le uniche richieste che fa sono: un caffè molto lungo e poter mangiare prima possibile essendo abituato a cenare molto presto. Lo accontentiamo e dopo un veloce soundcheck lo portiamo a cenare nello stesso locale.  A cena si lancia in un termine italiano che deve aver imparato subito...
“Mangia!“. Il locale si comincia a popolare, nonostante la concomitante, importante, partita di campionato. Abbiamo avuto richieste di prenotazione per tutti i tavoli disponibili!
Verso le 22 apriamo il concerto con il mio nuovo trio The BlueSpammers (Daniele Marcante, Alessandro Salvi e me) che, con brani tratti dal repertorio di Jimi Hendrix, John Mayall, ed Albert Collins,  riscuote un buon successo nonostante il 90% del pubblico fosse venuto per Kirk Fletcher.
Il mio chitarrista/cantante Daniele Marcante aspettava da molto questo momento essendo Kirk uno dei chitarristi che ammira di più.
Dopo una piccola pausa per cambio palco, inizia la Dany Franchi Band con uno shuffle in puro texas style sulle orme di Jimmy Vaughan.
Conosco Dany da diversi anni, ci siamo incontrati la prima volta  in un Blues Challenge e poi ho avuto il piacere l'anno scorso di presentare il suo concerto al Lepini Blues Festival.
Il chitarrista ligure, ancora molto giovane, ha accumulato in breve tempo una notevole esperienza ed ogni volta che lo ascolto lo trovo sempre migliorato.
Probabilmente anche il recente soggiorno negli Usa dove sta realizzando il suo nuovo album prodotto da Anson Funderburgh, deve avergli fatto molto bene.
Dany è egregiamente accompagnato da Michael Tabarroni al basso e Emanuele Peccorini alla batteria, una ritmica solida ed efficace nel accompagnare nel modo migliore i due chitarristi protagonisti.
Dopo uno slow blues è il momento di presentare Kirk Fletcher che entra in scena con la sua Gibson Les Paul (probabilmente una riedizione del '59) collegata direttamente ad un ampli Fender De Luxe Reverb, così come la Fender di Dany Franchi.
Il suo ingresso è salutato da un lungo applauso del tanto pubblico radunatosi per assistere al concerto. La cosa che più mi colpisce fin dalle prime battute è la chitarra ritmica di Kirk che inizia il successivo brano, uno strumentale di Freddie King “Funny Bone“, con un groove ed una scansione ritmica che già da sola ti fa ballare.
Parlando dopo il concerto, Dany mi diceva infatti che anche lui era colpito dalla grande padronanza ritmica di  Kirk che essendo stato per molto tempo un sideman per molti grandi artisti (Fabulous Thunderbirds e Joe Bonamassa per citarne due) non poteva certamente prescindere dal padroneggiare anche questo lato importantissimo della chitarra elettrica.
A conferma di quanto appena detto, il brano seguente parte di nuovo con una bellissima introduzione di chitarra ritmica. Si tratta di  Congo Square, dall'album "My Turn" del 2010, brano scritto da Sonny Landreth ed interpretato tra gli altri dai Neville Brothers, suonata in un arrangiamento con un ritmo latin alla New Orleans.
Chiaramente Kirk fa faville anche nel lungo assolo durante il brano, ben assecondato dalla band.
L'interplay tra Kirk e Dany è veramente eccezionale, si scambiano la parte solistica, ritmica, e si alternano a cantare nei vari brani, un segno della grande generosità del chitarrista americano ed una conferma del valore e del rispetto guadagnatosi dal nostro Dany Franchi.
In alcuni punti del concerto i duetti tra le due chitarre sono spettacolari e quando rimangono soli senza accompagnamento ritmico guadagnano gli applausi a scena aperta del  pubblico.
Il concerto prosegue con Kirk e Dany che si alternano nei vari brani passando da shuffle più tradizionali (un altro dal citato album "My Turn") a brani più elaborati e con venature soul.
Proprio per la complessità di alcuni brani che ci hanno fatto ascoltare (per intenderci non il solito blues classico con 3 accordi) ho chiesto a Dany come avessero preparato i brani del tour, la sua risposta è stata che, oltre ad aver “studiato” una serie di brani indicati da Kirk prima che arrivasse, hanno potuto fare una breve prova prima della partenza e poi rodare il tutto dal vivo. E devo dire che essendo l'ultima data del tour tutto gira alla perfezione questa sera.
C'è anche il tempo per due brani inediti molto belli: “Give me a sign“, dal nuovo album di Dany in puro stile Fabulous Thunderbirds, e “The Answer“, una soul ballad di Kirk in cui si lancia in un assolo formidabile che, da solo, vale il biglietto del concerto.
Si chiude con lo strumentale “El medio stomp” sempre dall'album citato, un brano molto aggressivo chiuso dalla sola chitarra di Kirk con una bellissima e sorprendente (per il brano) progressione armonica di stampo jazzistico. Il bis è il grande classico “Sidetracked“ di Freddie King.
Per concludere questo breve resoconto di un bellissino concerto ho fatto delle domande ad alcuni dei protagonisti.

Daniele Marcante (chitarra e voce The BlueSpammers)
Seguendolo da tanto ho visto un artista in continua evoluzione, dotato di mani eccezionali che gli permettono cose tecnicamente difficili, ma soprattutto una padronanza ritmica assoluta, dalle ritmiche texas shuffle a quelle funk blues. Senza tralasciare la sua chiara conoscenza armonica che si evinceva da alcuni brani, il suo tocco e feeling. Insomma un chitarrista che attualmente è uno dei migliori della scena blues, che parte da una grande conoscenza della tradizione ma che ha un suo spazio nel blues moderno... e poi è uno dei preferiti di Michael Landau... quindi.“

Dany Franchi
La cosa che mi colpisce ogni volta di Kirk musicalmente parlando è il sound che ha nelle mani, raramente ho visto chitarristi con un suono così dirompente indipendentemente dalla chitarra o ampli. Personalmente abbiamo un bellissimo rapporto di amicizia e confidenza, lui è una persona molto umile e rispettosa. Questo tour è stato particolarmente importante per me e, come mi hanno detto molte persone che hanno assistito ai nostri concerti, la caratteristica di questo tour è stato il connubio tra un grande chitarrista Blues americano e una giovane realtà Blues italiana allo stesso piano sul palco. Non il solito americano "accompagnato" dalla band italiana... ma ognuno ha avuto il suo spazio per potersi esprimere creando un bellissimo rapporto professionale e di rispetto reciproco su e giù dal palco.”

Michael Tabarroni (basso elettrico Dany Franchi Band)
“Il poter suonare al fianco di un musicista del suo calibro, di cui ho sempre visto video su YouTube per cercare di imparare il più possibile, è sicuramente un'esperienza incredibile! Quello che mi ha più colpito del suo modo di suonare è sicuramente la parte ritmica più che quella solistica, sempre ben presente e amalgamato con quello che facevamo noi, sembrava suonassimo insieme da sempre!
Una cosa che mi porterò dietro per mooolto molto tempo è il suo modo di costruire un assolo, soprattutto nel suo pezzo "The Answer", lì quando apriva non ce n'era più per nessuno!!
Come persona è eccezionale, disponibile ad ascoltare le nostre idee, rideva con noi ed è una persona davvero molto alla mano. È stato un tour molto divertente e l'atmosfera era sempre rilassata come quando si sta con amici!“



Il video del concerto a cura di Valerio Giulianelli, si può vedere al link  https://youtu.be/yvZhlQFxUJ4


"Southern Blood", il testamento musicale di Gregg Allman  di Gianni Franchi  

Uscirà a settembre l'album a cui Gregg Allman stava lavorando prima che una brutta malattia se lo portasse via. Le registrazioni erano iniziate nel marzo 2016 con un Gregg già minato dal male. Infatti, nonostante gli fosse stato diagnosticato un tumore, Allman aveva deciso di non sottoporsi alla terapia con le radiazioni per continuare la sua attività musicale e stare con la famiglia. Tuttavia la stanchezza non gli permetteva di registrare per molte ore e le sessions sono state limitate a due canzoni al giorno per 9 giorni. In quel periodo era evidente a tutti che ormai Gregg non aveva ancora molto tempo davanti e tutto ciò è stato fatto con l'evidente intento di lasciare questo lavoro come suo testamento. Scott Sharrard, chitarrista e direttore musicale della sua live band, insieme al produttore Don Was ha avuto così un ruolo molto importante nella lavorazione dell'album, dalla scelta dei musicisti alla realizzazione delle tracce, ed infine, al suo completamento dopo la morte di Gregg. Infatti Allman, purtroppo non è riuscito a registrare tutte le canzoni che avevano deciso (sono rimaste fuori dal cd "Pack It Up" di Freddie King e "Hummingbird" di Leon Russell) e non ha potuto partecipare alla fase finale di missaggio e editing dell'album. Il giorno prima di morire è riuscito comunque ad ascoltare un mix non definitivo dell'album e, come narra il suo produttore Michael Lehman, ne è stato contento ed orgoglioso.Cominciando dagli studi scelti per la registrazione, i leggendari Muscle Shoals dove la carriera dei fratelli Allman era partita con gli Hourglasses, tutto sembra essere stato voluto da Gregg per lasciare la sua eredità in questo album. Anche la scelta dei brani, accantonata l'idea iniziale di brani originali a causa delle condizioni di Gregg, era stata fatta scegliendo quelli particolarmente significativi per la sua storia.
Così si è deciso di includere "Blind Bats and Swamp Rats" di Johnny Jenkins, un artista con cui il fratello Duane aveva lavorato ai suoi esordi. E, ritornando indietro nel tempo, "Song for Adam" che gli ricordava il suo vecchio amico Jackson Browne (presente nel cd) e quando si erano incontrati negli anni 60 a Los Angeles, restando amici.
Un altro brano, "Once I Was" scritto da Tim Buckley, è stato voluto sempre da Gregg per un tributo a questo artista che lui amava molto. Gregg ha confidato al suo chitarrista Scott che lui e Tim, all'epoca, si erano parlati per incidere qualcosa insieme ma la morte di Buckley non gli aveva permesso di farlo.
Don Was racconta che il brano non era mai stato suonato da Gregg dal vivo ma glielo ha fatto sentire in una versione solo voce e chitarra tanto bella che Was si è rammaricato di non averla registrata subito. Tuttavia anche per la versione incisa con la band è stata sufficiente una sola splendida take. Il produttore ha suggerito alcuni altri brani tra cui una poco conosciuta canzone di Dylan "Going, Going, Gone" ed un brano "Black Muddy River" scritto dai suoi amici Jerry Garcia e Robert Hunter dei Grateful Dead. Sharrard racconta che Allman non era convinto che questa canzone fosse adatta a lui ma poi, continuando a provarla, ha cominciato ad amarla sempre di più. Un altro brano proposto da Was è stato "Willin'" di Lowell George che Gregg ha apprezzato subito.
"My Only True Friend," scritto da Allman e Sharrard è invece stato ispirato a tutte le vecchie storie che Gregg raccontava sul fratello Duane. Sharrard ha scritto del rapporto tra i due fratelli, un legame così importante che, né la morte di Duane, né i tanti anni trascorsi, aveva mai interrotto. Un altro momento significativo di questo rapporto tra i due fratelli è stato evidenziato nel brano "Song for Adam". Allman aveva raccontato al produttore Was che la canzone parlava di un amico scomparso all'improvviso. Mentre la stavano registrando, arrivati al verso "Still it seems he stopped singing in the middle of his song" Gregg ha smesso, incapace di cantare quei versi. Era chiaro che in quel momento stava pensando al fratello e, intuendo la situazione, Was non gli ha chiesto più di cantare quel verso (Jackson Browne poi ha cantato quella parte di canzone). Inizialmente il disco era previsto per gennaio 2017 ma a causa delle condizioni di salute del cantante i tempi si sono allungati e, per desiderio di Gregg, si è deciso che sarebbe uscito il giorno 8 settembre 2017.

Gregg Allman, ‘Southern Blood’
 
1.My Only True Friend (Gregg Allman-Scott Sharrard)
2.Once I Was (Tim Buckley-Larry Beckett)
3.Going Going Gone (Bob Dylan)
4.Black Muddy River (Jerome J. Garcia-Robert C. Hunter)
5.I Love the Life I Live (Willie Dixon)
6.Willin’ (Lowell George)
7.Blind Bats and Swamp Rats (Jack Avery)
8.Out of Left Field (Dewey Lindon Oldham Jr.-Dan Penn)
9.Love Like Kerosene (Scott Sharrard)
10.Song for Adam featuring Jackson Browne (Jackson Browne)

Scott Sharrard, chitarra, Steve Potts batteria, Ron Johnson basso, Marc Quinones percussioni, Peter Levin tastiere, Jay Collins saxophone, Art Edmaiston saxophone, Marc Franklin. tromba. Ospiti speciali Spooner Oldham alle tastiere, David Hood al basso, Jackson Browne. Prodotto da Don Was per la Rounder Records.



Van Morrison: "Roll With The Punches"  di Gianni Franchi

    
1. "Roll With the Punches" (Van Morrison & Don Black)
2. "Transformation" (Van Morrison)
3. "I Can Tell" (Bo Diddley & Samuel Bernard Smith)
4. "Stormy Monday / Lonely Avenue" (T-Bone Walker / Doc Pomus)
5. "Goin' To Chicago" (Count Basie & Jimmy Rushing)
6. "Fame" (Van Morrison)
7. "Too Much Trouble" (Van Morrison)
8. "Bring It on Home to Me" (Sam Cooke)
9. "Ordinary People" (Van Morrison)
10. "How Far From God" (Sister Rosetta Tharpe)
11. "Teardrops From My Eyes" (Rudy Toombs)
12. "Automobile Blues" (Lightnin' Hopkins)
13. "Benediction" (Mose Allison)
14. "Mean Old World" (Little Walter)
15. "Ride On Josephine" (Bo Diddley)      

E' da poco uscito il nuovo album di Van Morrison “Roll with the punches“, molto orientato verso il blues riprende infatti 10 blues famosi mentre 5 sono brani originali scritti da Van. In  questo album Morrison è voluto tornare alle sue origini, ai brani che suonava da ragazzo e soprattutto a divertirsi (come racconta nell'intervista con Paul Jones per la BBC posta in calce, a cui rimandiamo per maggiori approfondimenti) il tutto anche rafforzato dal fatto che ha chiamato per suonare con lui diversi vecchi amici della scena inglese. Si parte con il brano che da il titolo all'album scritto dal cantante irlandese insieme a Don Black uno dei piu famosi autori di testi inglesi (ha scritto centinaia di testi per colonne sonore molto famose e per musical). Il brano si apre con un giro classico alla "Hoochie Coochie Man" ed è, come spiega Van nella suddetta intervista, un omaggio a Muddy Waters al quale lui e Don Black si sono ispirati per scrivere il brano. Da segnalare il bel lavoro alla slide del chitarrista Dave Keary (con Van dal 2010).
Il secondo brano "Transformation" sempre di Morrison, cantato con una altra vecchia gloria del blues inglese Chris Farlowe, è una classica ballad soul nel suo stile, arricchita da bei cori e dallo splendide punteggiature della chitarra di Jeff Beck. Segue “I Can Tell“ uno dei due brani ripresi dal repertorio di Bo Diddley, con la stessa formazione del brano precedente, con Beck e Farlowe.
Il quarto brano è un grande classico, o meglio due classici, si tratta infatti di un medley. Anche qui abbiamo alla voce sia Van Morrison che Chris Farlowe ed entrambi hanno interpretata centinaia di volte, sia dal vivo che su disco, la famosissima “Stormy Monday“ di T-Bone Walker. Il brano parte con un ritmo molto diverso dalla classica versione slow a cui siamo abituati perchè gradualmente si trasforma in “Lonely Avenue”, altro brano famoso scritto da Doc Pomus e reso celebre da Ray Charles. Anche qui uno splendido Jeff Beck a fraseggiare con la sua chitarra.
Ospite del brano successivo è un altro vecchio amico, il cantante pianista George Fame che, accompagnato da contrabbasso e batteria (più Van alla chitarra, armonica e voce), si cimenta in un vecchio classico di Count Basie e Jimmy Rushing “Goin to Chicago“. Il brano parte con il solo contrabbasso suonato da Chris Hil a cui si aggiunge in punta di piedi l'armonica di Van per poi proseguire con batteria (James Powell) e la swingante voce e piano dell'ospite. I testi sono molto diversi dall'originale e lo stesso Paul Jones chiede nella intervista più volte citata, il motivo di alcuni cambiamenti nei versi. Van Morrison semplicemente gli dice che non si ricordava il testo originale e Jones ridendo aggiunge: “d'altronde perchè non cambiarli” e Van: “E' Blues, dopo tutto“.
Il brano n. 6 “Fame“, sempre scritto da Morrison, vede la presenza proprio di Paul Jones (Manfred Mann, The Blues Band) che duetta alla voce con Van e si lancia poi in un bel “solo “ di armonica. Altro brano originale “Too much trouble“, swingante in perfetto stile Van Morrison, con fiati , chitarra jazz , forse uno dei brani più riusciti dell'album. Dopo due brani originali si torna al classico con “Bring it on home“ di Sam Cooke, altro brano famosissimo reso molto particolare dalla introduzione con solo voce e chitarra arpeggiata. Anche qui un bel solo di chitarra di Jeff Beck.
Altro brano originale “Ordinary people“ sempre con Chris Farlowe e la chitarra di Jeff Beck che introduce il brano, è un blues medio tempo.
In questo alternarsi tra classici e brani originali, un bel piano, che sembra uscito da qualche juke joint di 100 anni fa (suonato da Stuart Mcillroy), introduce Sister Rosetta Tharpe con “How far from God“, un bel blues, anche questo a mio parere uno dei brani più belli del cd.
Il R&B successivo “Teardrop from my eyes“ con ospite George Fame, Van racconta di averlo conosciuto nella versione del cantante Wynone Harris. Il brano è stato scritto negli anni 50 da Rudy Toombs e portato al successo da Ruth Brown. Mentre “Automobile blues“ è un brano di blues classico di Lightnin' Hopkins, impreziosito dall'armonica suonata da Ned Edwards.
“Benediction” è invece un omaggio ad un altro degli autori preferiti da Van, Mose Allison, il grande pianista americano scomparso nel 2016, a cui il cantante irlandese aveva già dedicato nel 1996 un intero album “Tell Me Something: The Songs of Mose Allison”. “Benediction“ è un blues gospel dove il piano di Jason Rebello e la splendida interpretazione di Morrison rendono giustizia a questo grande autore.
Non poteva mancare un classico del Chicago Blues e “Mean old world“ di Little Walter è il brano scelto come penultima canzone del cd, interpretato molto più come blues pianistico in questa versione per “Roll with the punches” .
Chiude il lavoro una bella versione di “Ride on Josephine“ nello spirito di Bo Diddley, autore della canzone.

In conclusione un buon album con molto blues, alcune interessanti versioni di brani famosi e nuove composizioni, per il ritorno di Van Morrison alle sue origini.

Intervista di Paul Jones a Van Morrison (BBC, 25/9/2017)






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