Kirk Fletcher
a cura di Gianni
Franchi, foto di Rocco Cedrone
In
occasione del recente concerto romano per la rassegna "L'Asino in
Blues" (vedi "concerti"), tappa di una breve tornée italiana, abbiamo
fatto delle domande
al chitarrista californiano Kirk Fletcher per conoscerlo meglio. Ecco
cosa ci ha risposto.
SB: Quali musicisti e soprattutto
quali chitarristi ti hanno
influenzato di più?
KF: Mio fratello Walter Fletcher è
stata la mia più grande
ispirazione. BB King, Robben Ford, Larry Carlton e tanti altri!
SB: Hai suonato con
alcuni dei più grandi artisti del blues come Kim Wilson, Charlie
Musselwhite,
The Mannish Boys, Joe Bonamassa. Cosa ti ricordi di ognuno di loro?
KF: Ci sono così tanti ricordi
meravigliosi. Kim Wilson mi ha
insegnato come essere il frontman di una band, Charlie mi ha insegnato
ad
essere fedeli a se stessi e trovare la tua voce. Come performer da Joe
Bonamassa ho imparato come essere un
uomo d'affari e cosa sia un vero e proprio spettacolo e come ricordarlo
in ogni
momento!
SB: Dalla lettura
della
tua biografia sembra di capire che Al Blake è stata una figura
importante nella
tua vita musicale. Cosa ti ricordi dei momenti passati con lui e cosa
hai
imparato da lui?
english versionKF: Ho imparato tante cose da
lui, mi
ha insegnato molto sui musicisti
blues meno conosciuti come i Mississippi Shieks, Peetie Wheatstraw,
Jesse
Thomas e innumerevoli altri. Mi ha portato nella sua famiglia ogni
domenica
dopo la chiesa a casa sua.
SB: Sul tuo primo album “I'm
Here & I'm Gone” c'è
una
canzone intitolata Watsonized. È un tributo a Junior Watson? Che cosa
ti piace
più del suo stile ?
KF: Amo Junior Watson! Vorrei dire il
suo timing e fraseggio e
la sua capacità di imparare continuamente.
SB: Cosa
consiglieresti a
un giovane ragazzo che vuole suonare la chitarra?
KF: Suona tutto il tempo, suona
tutti i tipi di musica, impara una teoria musicale
di base, copia i tuoi
musicisti preferiti e trova la tua voce.
Suona nelle Jam con i gruppi! Suona live
il più possibile.
SB: Hai suonato per
un po' con gli Hollywood Blue Flames. Come ti sei sentito nel ruolo del
ruolo
precedentemente di Hollywood Fats?
KF: Non potrei mai riempire le sue
scarpe, Al Blake mi ha
insegnato molto insieme agli altri membri dei BLUE Flames, quindi è
stato
naturale per me suonare e registrare con loro.
SB: Girando in tour in tutto il mondo,
hai conosciuto molte
realtà musicali diverse. Cosa pensi della conoscenza della musica blues
al di
fuori degli Stati Uniti?
KF: Nella maggior
parte
c'è più conoscenza al di fuori degli Stati Uniti. E ci sono molte
persone appassionate
in tutto il mondo per il Blues.
SB: In Italia, hai avuto esperienze
con Eros Ramazzotti per
quanto riguarda la musica pop e, per quanto riguarda il blues, la tua
ultima
collaborazione è stata con Dany Franchi. Che cosa ti è rimasto di
queste
esperienze così diverse tra loro?
KF: Con Eros è stato uno stile di vita
meraviglioso e molto
professionale e bello suonare in luoghi
meravigliosi. Suonando con Dany è come
un ritorno a casa tornando alle mie radici blues, così divertente.
SB: Ascoltando il tuo spettacolo dal
vivo, oltre alle tue
improvvisazioni come solista ho apprezzato molto il lavoro svolto con
la
chitarra ritmica. Questo importante aspetto tecnico viene a volte
sottovalutato
da alcuni chitarristi. Cosa ne pensi?
KF: Il ritmo è la cosa più importante
per me. Lo adoro. Può
completamente cambiare il mood di un brano suonando con grande ritmo.
Credo che ogni chitarrista dovrebbe
studiare la chitarra ritmica.
SB: Chi è il chitarrista che
preferisci oggi?
KF: Josh Smith, Mike Welch, Nick Moss,
Dany Franchi, Blake
Mills, Joe Bonamassa, Mat Scofield, Samir Moulay, Sam Meek, Doyle
Bramhall II,
Eric Gales, molti altri.
SB: Come vedi il futuro del Blues?
KF: Il Blues sarà sempre qui!
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english version
Kirk Fletcher a L'Asino In Blues (Roma, 2 aprile 2017) di Gianni Franchi, foto di Rocco Cedrone
L'Asino in Blues, la rassegna dedicata ad Herbie Goins
è nata dalla collaborazione tra l'associazione Jona's Blues Band (dal nome del
mio gruppo storico) ed i due fratelli Igor e Piero La Fontana, proprietari e
direttori del locale L'asino che Vola che hanno creduto in questo
progetto.
Grazie anche al patrocinio di Spaghetti e Blues la rassegna
ha finora riscosso un ottimo successo ospitando artisti italiani ed
internazionali di grande livello.
Il 2 aprile con la partnership di Mojo Station (associazione
che cura l'omonimo programma radio e festival blues romano) è stata la volta di
uno dei più grandi chitarristi blues del momento, Kirk Fletcher accompagnato
dall'altrettanto valido gruppo italiano Dany Franchi Band.
Incontro per la prima volta il chitarrista americano nel
pomeriggio per il soundcheck e mi da subito l'impressione di un gigante buono,
molto affabile e disponibile.
Le uniche richieste che fa sono:
un caffè molto lungo e poter
mangiare prima possibile essendo abituato a cenare molto presto. Lo
accontentiamo e dopo un veloce soundcheck lo portiamo a cenare nello stesso
locale. A cena si lancia in un termine
italiano che deve aver imparato subito...
“Mangia!“. Il locale si comincia a popolare, nonostante la
concomitante, importante, partita di campionato. Abbiamo avuto richieste di
prenotazione per tutti i tavoli disponibili!
Verso le 22 apriamo il concerto con il mio nuovo trio The
BlueSpammers (Daniele Marcante, Alessandro Salvi e me) che, con brani
tratti dal repertorio di Jimi Hendrix, John Mayall, ed Albert Collins, riscuote un buon successo nonostante il 90%
del pubblico fosse venuto per Kirk Fletcher.
Il mio chitarrista/cantante Daniele Marcante aspettava da
molto questo momento essendo Kirk uno dei chitarristi che ammira di più.
Dopo una piccola pausa per cambio palco, inizia la Dany
Franchi Band con uno shuffle in puro texas style sulle orme di Jimmy Vaughan.
Conosco Dany da diversi anni, ci siamo incontrati la prima
volta in un Blues Challenge e poi ho
avuto il piacere l'anno scorso di presentare il suo concerto al Lepini Blues
Festival.
Il chitarrista ligure, ancora molto giovane, ha accumulato in
breve tempo una notevole esperienza ed ogni volta che lo ascolto lo trovo sempre
migliorato.
Probabilmente anche il recente soggiorno negli Usa dove sta
realizzando il suo nuovo album prodotto da Anson Funderburgh, deve avergli
fatto molto bene.
Dany è egregiamente accompagnato da Michael Tabarroni
al basso e Emanuele Peccorini alla batteria, una ritmica solida ed
efficace nel
accompagnare nel modo migliore i due chitarristi protagonisti.
Dopo uno slow blues è il momento di presentare Kirk Fletcher
che entra in scena con la sua Gibson Les Paul (probabilmente una riedizione del
'59) collegata direttamente ad un ampli Fender De Luxe Reverb, così come la
Fender di Dany Franchi.
Il suo ingresso è salutato da un lungo applauso del tanto pubblico
radunatosi per assistere al concerto. La cosa che più mi colpisce fin
dalle prime battute è la
chitarra ritmica di Kirk che inizia il successivo brano, uno
strumentale di
Freddie King “Funny Bone“, con un
groove ed una scansione ritmica che già da sola ti fa ballare.
Parlando dopo il concerto, Dany mi diceva infatti che anche
lui era colpito dalla grande padronanza ritmica di Kirk che essendo stato per molto tempo un
sideman per molti grandi artisti (Fabulous Thunderbirds e Joe Bonamassa per citarne
due) non poteva certamente prescindere dal padroneggiare anche questo lato
importantissimo della chitarra elettrica.
A conferma di quanto appena detto, il brano seguente parte di
nuovo con una bellissima introduzione di chitarra ritmica. Si tratta di Congo Square, dall'album "My Turn" del
2010, brano scritto da Sonny Landreth ed
interpretato tra gli altri dai Neville Brothers, suonata in un arrangiamento
con un ritmo latin alla New Orleans.
Chiaramente Kirk fa faville anche nel lungo assolo durante il
brano, ben assecondato dalla band.
L'interplay tra Kirk e Dany è veramente eccezionale, si scambiano la parte solistica, ritmica,
e si alternano a cantare nei vari brani, un segno della grande generosità del chitarrista americano ed una conferma
del valore e del rispetto guadagnatosi dal nostro Dany Franchi.
In alcuni punti del concerto i duetti tra le due chitarre
sono spettacolari e quando rimangono soli senza accompagnamento ritmico
guadagnano gli applausi a scena aperta del
pubblico.
Il concerto prosegue con Kirk e Dany che si alternano nei
vari brani passando da shuffle più tradizionali (un altro dal citato album "My
Turn") a brani più elaborati e con venature soul.
Proprio per la complessità di alcuni brani che ci hanno fatto
ascoltare (per intenderci non il solito blues classico con 3 accordi) ho
chiesto a Dany come avessero preparato i brani del tour, la sua risposta è
stata che, oltre ad aver “studiato” una serie di brani indicati da Kirk prima
che arrivasse, hanno potuto fare una breve prova prima della partenza e poi
rodare il tutto dal vivo. E devo dire che essendo l'ultima data del tour tutto gira
alla perfezione questa sera.
C'è anche il tempo per due brani inediti molto belli: “Give
me a sign“, dal nuovo album di Dany in puro stile Fabulous Thunderbirds, e “The
Answer“, una soul ballad di Kirk in cui si lancia in un
assolo formidabile che, da solo, vale il biglietto del concerto.
Si chiude con lo strumentale “El medio stomp” sempre
dall'album citato, un brano molto aggressivo chiuso dalla sola chitarra di
Kirk con una bellissima e sorprendente (per il brano) progressione armonica di
stampo jazzistico. Il bis è il grande
classico “Sidetracked“ di Freddie King.
Per concludere questo breve resoconto di un bellissino
concerto ho fatto delle domande ad alcuni dei protagonisti.
Daniele Marcante (chitarra e voce The BlueSpammers)
“Seguendolo da tanto ho visto un
artista in continua evoluzione, dotato di mani eccezionali che gli permettono
cose tecnicamente difficili, ma soprattutto una padronanza ritmica assoluta,
dalle ritmiche texas shuffle a quelle funk blues. Senza tralasciare la sua
chiara conoscenza armonica che si evinceva da alcuni brani, il suo tocco e
feeling. Insomma un chitarrista che attualmente è uno dei migliori della scena
blues, che parte da una grande conoscenza della tradizione ma che ha un suo
spazio nel blues moderno... e poi è uno dei preferiti di Michael Landau... quindi.“
Dany Franchi
“La cosa che mi colpisce ogni volta di
Kirk musicalmente parlando è il sound che ha nelle mani, raramente ho visto
chitarristi con un suono così dirompente indipendentemente dalla chitarra o
ampli. Personalmente abbiamo un bellissimo rapporto di amicizia e confidenza,
lui è una persona molto umile e rispettosa. Questo tour è stato particolarmente
importante per me e, come mi hanno detto molte persone che hanno assistito ai
nostri concerti, la caratteristica di questo tour è stato il connubio tra un
grande chitarrista Blues americano e una giovane realtà Blues italiana allo
stesso piano sul palco. Non il solito americano "accompagnato" dalla
band italiana... ma ognuno ha avuto il suo spazio per potersi esprimere creando
un bellissimo rapporto professionale e di rispetto reciproco su e giù dal
palco.”
Michael Tabarroni (basso elettrico
Dany Franchi Band)
“Il poter suonare al fianco di un musicista del suo calibro, di
cui ho sempre visto video su YouTube per cercare di imparare il più possibile,
è sicuramente un'esperienza incredibile! Quello che mi ha più colpito del suo
modo di suonare è sicuramente la parte ritmica più che quella solistica, sempre
ben presente e amalgamato con quello che facevamo noi, sembrava suonassimo
insieme da sempre!
Una cosa che mi porterò dietro per
mooolto molto tempo è il suo modo di costruire un assolo, soprattutto nel suo
pezzo "The Answer", lì quando apriva non ce n'era più per nessuno!!
Come persona è eccezionale, disponibile
ad ascoltare le nostre idee, rideva con noi ed è una persona davvero molto
alla mano. È stato un tour molto divertente e l'atmosfera era sempre rilassata
come quando si sta con amici!“
Il video del concerto a cura di Valerio Giulianelli, si può vedere al link
https://youtu.be/yvZhlQFxUJ4
"Southern
Blood", il testamento musicale di Gregg Allman
di Gianni Franchi
Uscirà a settembre
l'album a cui Gregg Allman stava lavorando prima che una brutta
malattia se lo portasse via. Le registrazioni erano
iniziate nel marzo 2016 con un Gregg già minato dal male. Infatti,
nonostante gli fosse stato diagnosticato un tumore, Allman aveva deciso
di non sottoporsi alla terapia con le radiazioni per
continuare la sua attività musicale e stare con la famiglia. Tuttavia
la stanchezza non gli permetteva di registrare per molte ore e le
sessions sono state limitate a due canzoni al giorno per 9 giorni. In
quel
periodo era evidente a tutti che ormai Gregg non aveva ancora molto
tempo davanti e tutto ciò è stato fatto con l'evidente intento di
lasciare questo lavoro come suo testamento. Scott
Sharrard, chitarrista e direttore musicale della sua live band, insieme
al produttore Don Was ha avuto così un ruolo molto importante nella
lavorazione dell'album, dalla scelta dei musicisti alla realizzazione
delle tracce, ed infine, al suo completamento dopo la morte di Gregg.
Infatti
Allman, purtroppo non è riuscito a registrare tutte le canzoni che
avevano deciso (sono rimaste fuori dal cd "Pack It
Up" di Freddie King e "Hummingbird" di Leon Russell) e non ha potuto
partecipare alla fase finale di missaggio e editing dell'album. Il
giorno prima di morire è riuscito comunque ad ascoltare un mix non
definitivo dell'album e, come narra il suo produttore Michael Lehman,
ne è stato contento ed orgoglioso.Cominciando
dagli studi scelti per la registrazione, i leggendari Muscle Shoals
dove la carriera dei fratelli Allman era partita con gli Hourglasses,
tutto sembra essere stato voluto da Gregg per lasciare la sua eredità
in questo album. Anche
la scelta dei brani, accantonata l'idea iniziale di brani originali a
causa delle condizioni di Gregg, era stata fatta scegliendo quelli
particolarmente significativi per la sua storia.
Così si è deciso di includere "Blind Bats and Swamp Rats" di Johnny
Jenkins, un artista con cui il fratello Duane aveva lavorato ai suoi
esordi. E, ritornando indietro nel tempo, "Song for Adam" che gli
ricordava il suo vecchio amico Jackson Browne (presente nel cd) e
quando si erano incontrati negli anni 60 a Los Angeles, restando
amici.
Un altro brano, "Once I Was" scritto da Tim Buckley, è stato voluto
sempre da Gregg per un tributo a questo artista che lui amava molto.
Gregg ha confidato al suo chitarrista Scott che lui e Tim, all'epoca,
si erano parlati per incidere qualcosa insieme ma la morte di Buckley
non gli aveva permesso di farlo.
Don Was racconta che il brano non era mai stato suonato da Gregg dal
vivo ma glielo ha fatto sentire in una versione solo voce e chitarra
tanto bella che Was si è rammaricato di non averla registrata subito.
Tuttavia anche per la versione incisa con la band è stata sufficiente
una sola splendida take. Il
produttore ha suggerito alcuni altri brani tra cui una poco conosciuta
canzone di Dylan "Going, Going, Gone" ed un
brano "Black Muddy River" scritto dai suoi amici Jerry Garcia e Robert
Hunter dei Grateful Dead. Sharrard racconta che Allman non era convinto
che questa canzone fosse adatta a lui ma poi, continuando a provarla,
ha cominciato ad amarla sempre di più. Un altro brano proposto da Was è
stato "Willin'" di Lowell George che Gregg ha apprezzato subito.
"My Only True Friend," scritto da Allman e Sharrard è invece stato
ispirato a tutte le vecchie storie che Gregg raccontava sul fratello
Duane. Sharrard ha scritto del rapporto tra i due fratelli, un legame
così importante che, né la morte di Duane, né i tanti anni trascorsi,
aveva mai interrotto. Un
altro momento significativo di questo rapporto tra i due fratelli è
stato evidenziato nel brano "Song for Adam". Allman aveva raccontato al
produttore Was che la canzone parlava di un amico scomparso
all'improvviso. Mentre la stavano registrando, arrivati al verso "Still
it seems he stopped singing in the middle of his song" Gregg ha smesso,
incapace di cantare quei versi. Era chiaro che in quel momento stava
pensando al fratello e, intuendo la situazione, Was non gli ha chiesto
più di cantare quel verso (Jackson Browne poi ha cantato quella parte
di canzone). Inizialmente
il disco era previsto per gennaio 2017 ma a causa delle condizioni di
salute del cantante i tempi si sono allungati e, per desiderio di
Gregg, si è deciso che sarebbe uscito il giorno 8 settembre 2017.
Gregg Allman, ‘Southern
Blood’
1.My
Only True Friend (Gregg Allman-Scott Sharrard)
2.Once I Was (Tim Buckley-Larry Beckett)
3.Going Going Gone (Bob Dylan)
4.Black Muddy River (Jerome J. Garcia-Robert C. Hunter)
5.I Love the Life I Live (Willie Dixon)
6.Willin’ (Lowell George)
7.Blind Bats and Swamp Rats (Jack Avery)
8.Out of Left Field (Dewey Lindon Oldham Jr.-Dan Penn)
9.Love Like Kerosene (Scott Sharrard)
10.Song for Adam featuring Jackson Browne (Jackson Browne)
Scott Sharrard,
chitarra, Steve Potts batteria, Ron Johnson basso, Marc Quinones
percussioni, Peter Levin tastiere, Jay Collins saxophone, Art Edmaiston
saxophone, Marc Franklin. tromba. Ospiti speciali Spooner Oldham alle
tastiere, David Hood al basso, Jackson Browne. Prodotto da Don Was
per la Rounder Records.
Van Morrison: "Roll With The Punches" di
Gianni Franchi
 |
|
1. "Roll
With the Punches" (Van Morrison & Don Black)
2.
"Transformation" (Van Morrison)
3. "I Can
Tell"
(Bo Diddley & Samuel Bernard Smith)
4.
"Stormy Monday /
Lonely Avenue" (T-Bone Walker / Doc Pomus)
5. "Goin'
To
Chicago" (Count Basie & Jimmy Rushing)
6. "Fame"
(Van
Morrison)
7. "Too
Much
Trouble" (Van Morrison)
8. "Bring
It on Home
to Me" (Sam Cooke)
9.
"Ordinary
People" (Van Morrison)
10. "How
Far From
God" (Sister Rosetta Tharpe)
11.
"Teardrops From My
Eyes" (Rudy Toombs)
12.
"Automobile Blues"
(Lightnin' Hopkins)
13.
"Benediction"
(Mose Allison)
14. "Mean
Old
World" (Little Walter)
15. "Ride
On
Josephine" (Bo Diddley)
|
E'
da poco uscito il nuovo album di Van Morrison “Roll with the punches“,
molto orientato verso il blues riprende infatti 10 blues famosi mentre
5 sono brani originali scritti da Van. In questo
album Morrison è voluto tornare alle sue origini, ai brani che suonava
da ragazzo e soprattutto a divertirsi (come racconta
nell'intervista con Paul Jones per la BBC posta in calce,
a cui rimandiamo per maggiori approfondimenti)
il tutto anche rafforzato dal fatto che ha chiamato per suonare con lui
diversi vecchi amici della scena inglese.
Si parte con il brano
che da il titolo all'album scritto
dal cantante irlandese insieme a Don Black uno dei piu famosi autori di
testi
inglesi (ha scritto centinaia di testi per colonne sonore molto famose
e per
musical). Il brano si apre con un giro classico alla "Hoochie Coochie
Man" ed è,
come spiega Van nella suddetta intervista, un omaggio a Muddy Waters al
quale lui
e Don Black si sono ispirati per scrivere il brano. Da segnalare il bel
lavoro
alla slide del chitarrista Dave Keary (con Van dal 2010).
Il
secondo brano "Transformation"
sempre di Morrison, cantato con una altra vecchia gloria del blues
inglese Chris
Farlowe, è una classica ballad soul nel suo stile, arricchita da bei
cori e dallo
splendide punteggiature della chitarra di Jeff Beck. Segue
“I Can Tell“ uno dei due brani
ripresi dal repertorio di Bo Diddley, con la stessa formazione del
brano
precedente, con Beck e Farlowe.
Il quarto
brano è un grande classico, o
meglio due classici, si tratta infatti di un medley. Anche qui abbiamo
alla
voce sia Van Morrison che Chris Farlowe ed entrambi hanno interpretata
centinaia di volte, sia dal vivo che su disco, la famosissima “Stormy
Monday“
di T-Bone Walker. Il brano parte con un ritmo molto diverso dalla
classica
versione slow a cui siamo abituati perchè gradualmente si trasforma in “Lonely Avenue”, altro brano famoso scritto da
Doc Pomus e reso celebre da Ray Charles. Anche qui uno splendido Jeff
Beck a
fraseggiare con la sua chitarra.
Ospite
del brano successivo è un altro
vecchio amico, il cantante pianista George Fame che, accompagnato da
contrabbasso e batteria (più Van alla chitarra, armonica e voce), si
cimenta
in un vecchio classico di Count Basie e Jimmy Rushing “Goin to
Chicago“. Il
brano parte con il solo contrabbasso suonato da Chris Hil a cui si
aggiunge in
punta di piedi l'armonica di Van per poi proseguire con batteria (James
Powell) e la swingante voce e piano dell'ospite. I testi sono molto
diversi
dall'originale e lo stesso Paul Jones chiede nella intervista più
volte
citata, il motivo di alcuni cambiamenti nei versi. Van
Morrison semplicemente gli dice che non
si ricordava il testo originale e Jones ridendo
aggiunge: “d'altronde perchè non cambiarli” e
Van: “E' Blues, dopo tutto“.
Il
brano n. 6 “Fame“, sempre scritto da
Morrison, vede la presenza proprio di Paul Jones (Manfred Mann, The
Blues Band) che duetta alla voce con Van e si lancia poi in un bel
“solo “ di armonica. Altro brano originale “Too
much
trouble“, swingante in perfetto stile Van Morrison, con fiati ,
chitarra jazz , forse uno dei brani più riusciti dell'album. Dopo due
brani
originali si torna al classico con “Bring it on home“ di Sam Cooke,
altro
brano famosissimo reso molto particolare dalla introduzione con solo
voce e
chitarra arpeggiata. Anche qui un bel solo di chitarra di Jeff Beck.
Altro
brano originale “Ordinary people“
sempre con Chris Farlowe e la chitarra di Jeff Beck che introduce il
brano, è
un blues medio tempo.
In questo
alternarsi tra classici e brani
originali, un bel piano, che sembra
uscito da qualche juke joint di 100 anni fa (suonato da Stuart
Mcillroy),
introduce Sister Rosetta Tharpe con “How far from God“, un bel blues,
anche questo a mio parere uno dei brani più belli del cd.
Il
R&B successivo “Teardrop from my eyes“ con ospite George Fame, Van
racconta di averlo conosciuto nella versione del
cantante Wynone Harris. Il brano è stato scritto negli anni 50 da Rudy
Toombs e
portato al successo da Ruth Brown. Mentre “Automobile blues“ è un brano
di
blues classico di Lightnin' Hopkins, impreziosito dall'armonica suonata
da Ned
Edwards.
“Benediction”
è invece un omaggio ad un
altro degli autori preferiti da Van, Mose Allison, il grande pianista
americano scomparso nel 2016, a cui il cantante irlandese aveva già
dedicato
nel 1996 un intero album “Tell Me Something: The
Songs of Mose Allison”. “Benediction“ è un blues gospel dove il piano
di Jason
Rebello e la splendida interpretazione di Morrison rendono giustizia a
questo
grande autore.
Non
poteva mancare un classico del Chicago
Blues e “Mean old world“ di Little Walter è il brano scelto come
penultima
canzone del cd, interpretato molto più come blues pianistico in questa
versione
per “Roll with the punches” .
Chiude il lavoro una bella versione di “Ride on
Josephine“ nello spirito di Bo Diddley, autore della canzone.
In
conclusione un buon album con molto blues, alcune interessanti
versioni di brani famosi e nuove composizioni, per il ritorno di Van
Morrison
alle sue origini.
Intervista
di Paul Jones a Van Morrison (BBC, 25/9/2017)