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CHUCK LEAVELL, il maestro del piano rock.  intervista di MARGIE GOLDSMITH pubblicata su Forbes - traduzione a cura di Gianni Franchi

PARTE PRIMA Gli inizi con gli Allman Brothers (seguirà la seconda parte sugli anni con gli Stones)

Chuck Leavell oltre a suonare con i  Rolling Stones per 35 anni è anche il loro direttore musicale. Ha suonato con gli  Allman Brothers Band per 5 anni ed è il pianista che ha suonato “Jessica”.
Ha suonato con tutti da  Eric Clapton a George Harrison, Aretha Franklin e John Mayer.

Supportato dalla Frankfurt Radio Big Band, un'orchestra di fiati di 17 musicisti vincitrice di molti premi, Leavell ha appena realizzato il suo nuovo album, "Chuck Gets Big", con canzoni originali e brani classici di  Rolling Stones, Allman Brothers e Ray Charles.

Ogni anno, Leavell organizza la White House Correspondents’ Jam, un evento privato a  Washington che ospita le  performances di alcuni tra i più importanti giornalisti americani con le loro rispettive cover bands.  Con la stessa passione che ha per la musica, Leavell si occupa di salvaguardia ambientale, è infatti il fondatore  di Mother Nature Network MNN, il sito numero 1 di notizie sull'ambiente.

Quando hai iniziato a suonare il piano?

Vivevamo a Tuscalosa e mua madre suonava il piano. La imploravo di insegnarmi qualcosa e lei mi diceva  “ Bene Chuck, ecco una melodia semplice da imparare su cui puoi suonare un accordo maggiore “ Mi incoraggiava di continuo e questo mi ha portato ad appassionarmi.

Oltre a Ray Charles, ascoltando che tipo di musica sei cresciuto?

Sono stato fortunato perchè la musica originaria del sud è molto varia: soul music nel blues, Wilson Pickett, Sam and Dave, Aretha Franklin, country music – non puoi crescere  in Alabama senza essere influenzato da Hank Williams – e Black e White gospel. E poi la British invasion: the Stones, Zombies, Dave Clark Five. Probabilmente il primo riff di chitarra  imparato era The Last Time degli Stones. Poi arrivarono i Beatles , ed io ero uno dei pochi ragazzi che suonavano sia la chitarra che l'organo, così quando serviva una parte di piano od organo di solito ero io a farle . A 14 anni ero in una band , che suonava ogni venerdi in un locale, e nel 1966 arrivo' la prima stazione Tv a Tuscaloosa e fummo assoldati per uno spettacolo su tipo di American Bandstand e pagati per farlo.
Ho capito allora che questo doveva essere il mio lavoro. Al giorno d'oggi ognuno ha almeno uno studio digitale a casa, ma allora entrare in uno studio di registrazione significava tutto.
Io suonai in alcune session di registrazione principalmente nei Muscle Shoals , suonai l'organo nel mio primo disco d'oro Don’t Take Her, She’s all I’ve Got con Freddie North, una hit dei  Top 40 . Quello fu un altro momento cruciale della mia vita da farmi dire “Posso avere successo facendo questo ! “

Come sei riuscito a soli 15 anni a finire negli studi della Muscle Shoals?

C'era una comunità di musicisti che fluttuava intorno alle principali città dell'Alabama. Vidi  Gregg e Duane Allman con gli Allman Joys in Tuscaloosa. Un ingegnere del suono che mi aveva sentito suonare mi invitò per registrare in un demo. A quei tempi c'era un grosso giro intorno ai demo; potevi guadagnare $25 al giorno stando li e registrando qualcosa come 15 demo.  Quelle esperienze mi aiutarono veramente a diventare esperto in studi e nel fare buone registrazioni .

Nel 1970, ti sei trasferito a Macon , dove la Capricorn Records aveva iniziato la attività. Ti sei trasferito li per questo ?

Avevo dei contatti li,  Paul Hornsby che suonava in un gruppo chiamato The Hour Glass, un gruppo precursore degli  Allman Brothers Band con Gregg e Duane Allman ed altri musicisti . Io seguì Paul a Macon ed incontrai anche una ragazza che lavorava per l'etichetta, ed è mia moglie da 46 anni .

Avevi solo 20 anni quando gli Allman Brothers ti chiesero  di unirti a loro. Come è successo ?

La band suonava in quintetto  senza nessuno al posto di  Duane, erano stanchi e decisero di fermarsi un po' . Gregg decise a quel punto di fare un disco da solista . Una settimana o due dall' inizio delle registrazioni , alcuni dei membri degli  Allman Brothers band-- Dickey Betts, Butch Trucks, Jaimoe, Berry Oakley -cominciarono d arrivare per delle jam dopo le session di registrazione e io ero sempre li . Poi, tre settimane dopo , ricevetti una chiamata da Phil Walden che mi voleva vedere nel suo ufficio ed io pensai “ Oh Dio, che ho combinato ? “ Così andai nel suo uffico e con mia sorpresa ci trovai tutta la band . E Phil mi disse, ‘Senti, i ragazzi pensano che tu possa offrire alla band una interessante direzione, sai , non c'è modo di rimpiazzare Duane, ma con uno strumento diverso potrebbe funzionare e vogliono sapere se vuoi unirti alla band “. Subito dopo registrammo "Brothers and Sisters".

Come è stato per la band, che aveva già un suo suono ed una formazione  ben definita, iniziare a suonare con un tipo di pianista completamente differente ?

Beh, se fosse stato un altro chitarrista a dover prendere quel posto sarebbe stato esaminato e scrutato da capo a piedi. Io credo invece che andare in un'altra direzione con un tipo diverso di strumento fu una scelta saggia per la band . Io avevo visto suonare  Gregg e Duane quando erano gli Allman Joys, così per me non fu difficile entrare in quel ruolo.  Volevo contribuire al loro sound , non essere una mosca sul muro. Furono gentili con me su Brothers and Sisters e su Laid Back,l'album solo di  Gregg. Avevo un sacco da suonare e naturalmente lo feci anche sul primo disco solista di Dicky Betts, Highway Call. Erano tempi d'oro . Brothers and Sisters arrivò al numero 1 delle classifiche, Ramblin’ Man al 2 , Jessica nei top 10 , e l'album solista di Gregg diventò prima d'oro e poi di platino .

Come lavoravate tu e Gregg sulle parti di tastiera ?

Era abbastanza semplice perchè Gregg era più un organista di Hammond che un pianista.
L' Hammond è molto di più di uno strumento di sostegno, offre colori e timbri diversi. Io facevo principalmente cose sul  piano, molto ritmiche, così era facile suonare insieme.

Il tuo solo di Jessica è considerato uno dei più bei soli di piano mai suonati . Come è nata la canzone ed in quante takes la avete registrata ?

Dickey e sua moglie avevano una bambina di nome Jessica. Dickey era a casa ascoltando Django Reinhardt, guardando Jessica giocare, prese la chitarra e inventò l'introduzione acustica che ha  quella specie di sensazione rimbalzante . Poi scrisse il resto della canzone e la porto' alla band. Ci piacque subito la melodia e l'idea ma capimmo che ci sarebbe voluto un bel po' di tempo per arrangiarla e farla diventare una canzone degli Allman Brothers.
La prima volta la suonammo due o tre volte e poi la lasciammo li per lavorarci il giorno dopo. Dal terzo giorno cominciammo a suonarla sul serio . Per il mio solo, volevo che fosse nella maggior parte improvvisato ma volevo avere delle basi solide per farlo. Cosi lavorai a lungo su quelle 12 battute ed alla fine “ecco qua, questo è il piano, andiamo“.

Quali pensi sia il motivo che quel vostro mix di blues e rock divenne un successo ?

Si può dire facilmente che il blues è la base di tutto il rock'n'roll . Io credo che lo sia , fu  Muddy Waters a dire , ‘The Blues had a baby and they called it rock and roll.’ Secondo me , gli elementi del blues fluiscono attraverso tutto il  rock così come nella maggior parte del jazz eccetto forse per alcune forme di avanguardia. Con gli Allmans, era così , un mescolare ogni cosa. C'erano tratti di  country , spruzzate di jazz, soul. Funzionava perchè noi non avevamo barriere nella musica.

Come sei poi arrivato a suonare con  Clapton molti altri importanti musicisti?

Stavo suonando con gli Stones nel 1989, e c'era  Eric Clapton come special guest nel tour Steel Wheels ed altri shows. Per mia fortuna, avevano messo Eric a suonare fisicamente molto vicino a me. Dialogavamo in musica in maniera molto bella. Così alla fine del tour ricevetti un messaggio da Eric che diceva “Hey, vorresti suonare con me alla Albert Hall ? Certo che lo voglio, Eric. Eric mi porto'a suonare poi nell ultimo tour di George Harrison in Giappone, e questo mi porto' poi a suonare con  John Mayer, i Blues Traveler ed i Black Crows ed anche con la  band Train con cui feci la canzone Drops of Jupiter. Scherzando sembra che non riesca a mantenermi un posto!



BILL WITHERS. Un u
omo fuori dagli schemi.  di Gianni Franchi

"Dedicato al mio amico Ranieri e tutti i lavoratori della musica."

Avete presente "Ain't No Sunshine", il grande successo continuamente suonato e ripreso in migliaia di versioni? L'autore ed interprete originale del brano è stato il grande Bill Withers. Ma che fine ha fatto?
Prevenendo ogni equivoco, è ancora vivo ed oggi è sulla soglia degli 80 anni. Ma le sue tracce nella musica si sono perse nel 1985 data del suo ultimo album. Questo perché lui, che aveva iniziato con successo la sua carriera ad una età già avanzata, ha deciso ad un certo punto che era venuto il momento di ritirarsi e da allora nessuno è riuscito a fargli cambiare idea.
Tutta la sua storia, come la sua musica, indica l'originalità del personaggio. Esempio quasi unico di cantautore nero soul funky, già nel primo album mescolava brani originali a brani non propri della tradizione afroamericana. Le sue canzoni sono armonicamente basate su pochi accordi, spesso un giro blues, ma con melodie che le rendono uniche e diverse da ogni altra canzone. Si appoggiano su un ritmo funky o hanno forti sapori di gospel. Il suo funky particolare è stato sviluppato anche grazie ai grandi musicisti che lo hanno coadiuvato e lui stesso si accompagna, in maniera inusuale per il genere, con una chitarra acustica. Ha vinto 3 Grammy Awards, nel 2015 viene ammesso nella Rock & Roll Hall of Fame.
Wilbert Harrison Withers è nato nel West Virginia nel 1938. Il più piccolo di 6 figli viene cresciuto da mamma e nonna (a cui dedica una famosa canzone) i suoi album più significativi coprono tutti gli anni 70,  l'ultimo nel 1985.
Da giovane, sofferente per una balbuzie e senza lavoro, si arruola in Marina, dove presta servizio fino al 1965. Alla ricerca di una nuova occupazione si trasferisce a Los Angeles e trova lavoro come operaio in uno stabilimento che costruisce aerei. Nelle pause dal lavoro senza nessuna esperienza musicale, dopo aver visto un concerto di Lou Rawls, decide di comprare una chitarra e di imparare da solo a suonarla. "Ho sempre pensato che non devi essere un virtuoso per accompagnarti", racconta.
Ed inizia a scrivere canzoni che, offerte a diverse majors, vengono regolarmente rifiutate.
Ma Bill non si arrende e con i risparmi del suo lavoro produce un demo che riesce a far ascoltare a Clarence Avant, direttore di una nuova piccola etichetta, la Sussex, che ne intuisce subito il potenziale. Avant convoca quindi come produttore il grande Booker T Jones, tastierista e pluristrumentista della Stax, per produrre un album. Alle sessions partecipano grandi musicisti come Donald Duck Dunn (basso sempre dalla Stax), Jim Keltner (batteria), Stephen Stills (chitarra). Bill si presenta per le registrazioni con i vestiti da lavoro, appena uscito dalla fabbrica, e con un taccuino pieno di canzoni. Racconta Booker Jones: "Ad un certo punto mi chiese di parlare in privato chiedendomi, dove sta il cantante? - ed io gli risposi - sei tu!" Insicuro ed affetto fin da giovane da balbuzie che aveva superato con gran fatica, l'operaio Bill non riesce a credere di essere lui il protagonista dell'album. Graham Nash in visita allo studio su invito di Stills lo incoraggia dicendogli: " Tu devi renderti conto che vali molto". Parole che Bill non dimenticherà mai. La stessa foto, copertina dell'album "Just as I am" (1971), ritrae Bill nella pausa pranzo con gli abiti da lavoro, con i suoi stessi colleghi che ridevano pensando ad uno scherzo.
Incerto ancora se continuare a lavorare in fabbrica o seguire una carriera musicale riceve una spinta decisiva quando viene invitato a suonare al Tonight Show di Johnny Carson. L'apparizione nel famoso show televisivo contribuisce a spingere il singolo "Ain't no sunshine" nei Top 10. Il titolo della canzone sembra sia stata ispirato a Withers da una frase sentita in un film di Jack Lemmon "Days of wine and roses". La struttura armonica basata su un blues in minore, un giro di basso molto semplice ed efficace, la chitarra acustica ed una melodia eccezionale fanno di questa canzone un classico intramontabile, un successo senza tempo ripreso da numerosi artisti.
Anche la canzone "Grandma's hand" entra più avanti in classifica e viene ripresa dagli Staples Singers ed incisa per la Stax. Ma tutto l'album contiene brani che potrebbero essere dei potenziali hits, tutti intorno ai 3 minuti (con una eccezione “In My heart“ che supera i 4 minuti).Tutti sono contraddistinti dallo stile inconfondibile, chitarra acustica, percussioni, ritmica funky, grande melodia e archi al posto dei fiati che ti aspetteresti. L'album contiene due cover, “Everybody's talkin'“, la canzone resa famosa dal film “Un uomo da marciapiede“ nell'interpretazione di Harry Nilsson, ed un grande classico dei Beatles “Let it be“, forse il brano meno riuscito dell'album.
Da citare il brano “Do it good“ in cui l'autore in una parte parlata del brano si  rivolge agli ascoltatori, quasi scusandosi “
If your read the album cover by now, You know that my name is what my name is When I came in here to try and do this, something I've never done before Mr Jones... Booker T, said to me Don't worry about it Just do what you do. And do it good“.
A 32 anni così Bill si trova ad affermarsi come uno degli artisti più interessanti degli anni 70 con un successo improvviso ed inaspettato.

Ma questo a volte provoca anche dei piccoli problemi a Bill che ancora non sa gestire l'improvvisa popolarità. Racconta in un buffo aneddoto che in una intervista di quei giorni gli viene chiesto se la canzone “Grandma's hand“ fosse ispirata a sua nonna e Bill scherzando, ma senza un briciolo di diplomazia, gli rispose: “No parla di Zio George!”, il che chiaramente pose fine all'intervista e gli fece capire quanto era importante pensare bene prima di rispondere.
Per il suo secondo album Withers inizia a lavorare con alcuni dei musicisti della Watts 103rd Street Rhythm Band: il batterista James Gadson, il tastierista Ray Jackson, ed il bassista Melvin Dunlop, si chiude con loro, quando non sono in giro a suonare, nel garage del batterista e prova per ore ed ore le nuove canzoni che ha scritto. Ma  non essendo disponibile al momento Booker T Jones per la produzione, il boss della Sussex rifiuta di fargli registrare e produrre da soli il nuovo album.
Dopo molte insistenze di Bill, alla fine Avant gli concede una session di registrazione per sentire che cosa stanno combinando. La sessione viene programmata per le 10 di mattina, solo 3 ore in un orario non proprio felice per i musicisti che la notte prima sono a suonare in giro
ma, meglio di niente e Bill accetta.
All'orario e nel giorno convocato Bill si trova li con tastierista e bassista ma nessuna traccia del batterista così importante per il loro
groove. Alla fine scoprono che ha avuto un incidente e la sua macchina è inutilizzabile. Ma senza Gat non si può, così Bill attraversa di corsa Los Angeles con la sua auto, prende il batterista e torna allo studio. Poche ore ma ce la mettono tutta per realizzare un buon demo da far ascoltare ad Avant. Il capo della Sussex è in riunione con Al Bell, futuro capo della Stax, ma Bill irrompe nella sala con in mano il demo. Avant lo ascolta ma non è convinto ancora della qualità dei pezzi. La fortunosa presenza di Al Bell nella stanza, cambia le cose. Bell infatti è colpito dalla qualità delle canzoni e invita Avant a dare una chance a Withers di proseguire con questo team di musicisti e di produrre l'album. Alle registrazioni si aggiunge poi il chitarrista Benorce Blackman sempre dalla Watts 103rd Street Rhythm Band.
"Still Bill" esce nel 1972 e contiene un'altro grande successo. Comprato un piano con i guadagni del primo album Bill, infatti si impegna ad imparare e comporre anche con questo strumento. La canzone "Lean on me" basata su una semplice progressione di accordi, ispirata alle canzoni che da piccolo sentiva in chiesa, parla di amicizia e dell'importanza del sostegno di una comunità di amici. Diventerà un nuovo n. 1 e grande successo.  Altri brani di “Still Bill” da segnalare “Use me“ ripreso poi da Aaron Nevile e Junior Wells tra gli altri , ed almeno due che sono tra i miei preferiti “Lonely town, Lonely street “ un funky medio tempo , “Kissing my Love“ altro grande brano funky che inizia su un groove di batteria ed una favolosa chitarra con wah wah. Ma anche questo è un album che potrebbe sfornare tutti singoli per la qualità delle canzoni presenti, tutte di un livello eccezionale. Gli stessi musicisti di “Still Bill“, con l'aggiunta della percussionista Bobbye Hall, suonano anche nel terzo album “Live at the Carnegie Hall“, bellissima edizione live dei brani dei 2
 album.
Da segnalare il brano inedito “I can't write left handed”, una bellissima canzone intrisa di gospel il cui tema è l'orrore della guerra. Uno degli album live più belli mai incisi a mio modesto parere.
Ormai anche Bill è un numero 1, e le apparizioni alla BBC, a Soul Train, non fanno altro che confermare la sua fama. Nonostante questo continua a non voler un manager ma si occupa personalmente di tutto, copertina, liner notes, scrittura e produzione dei brani.
Il suo terzo album di studio con gli stessi musicisti dei precedenti “'Justments” uscito nel 1974 è un album con buone canzoni, forse nessun hit e porta i primi segni dei problemi che poi porteranno alla rottura con la Sussex, che per problemi economici dichiarerà bancarotta. Tuttavia la rivista Mojo inserisce quest'album nel 2004 nella lista dei grandi album dimenticati.
Il cambio di etichetta, con la Columbia che non gli lascia la stessa libertà che aveva alla Sussex, e lo stress della vita in tour comincia purtroppo a lasciare il segno.
Nessuno dei seguenti album contiene grandi successi, con l'eccezione di "Lovely day" incluso nell'album "Menagerie" del 1977. Stanco dei continui rifiuti dei suoi nuovi brani da parte della Columbia, nel 1980 collabora come autore e cantante per il brano "Just the two of us" in duetto con Grover Washington Jr. che, uscito su etichetta Elektra, sarà grande successo (E' stato il mio “calcio nel culo alla Columbia “ dice Withers). Solo dopo molti anni vede la luce il suo ultimo album per la Columbia “Watching You Watching Me” del 1985 che, contrassegnato da polemiche tra l'artista e la casa discografica, segna il ritiro definitivo dalle scene di Withers.
Il cantante infatti, grazie anche a degli azzeccati investimenti, continua a vivere con la seconda moglie Marcia e i suoi due figli senza più incidere, né suonare dal vivo (a parte piccole eccezioni).

Nonostante i suoi brani continuino ad essere interpretati dai più diversi cantanti, utilizzati nei sample dei rapper, gli siano state fatte proposte economiche allettanti, la sua scelta è irremovibile.
"Non ho bisogno di niente. Sono un uomo fortunato, con una moglie che mi ama. Sono contento della mia vita come è ora".
Nel 2015 viene inserito nella Rock and Roll Hall of Fame, cerimonia a cui non partecipa  dichiarandosi stupito e con la consueta modestia dichiara: “Quelle poche canzoni che ho scritto durante la mia breve carriera, non c'è un genere in cui qualcuno non le abbia catalogate. Non sono un virtuoso, ma sono stato in grado di scrivere canzoni con cui le persone potevano identificarsi. Penso non sia male per uno venuto da Slab Fork in West Virginia“.
Racconta ancora con ironia, “Le persone pensano che io sia morto poiché non appaio più in pubblico. L'altra giorno mi ha telefonato un importante personaggio politico chiedendomi se ero ancora vivo. Gli ho risposto: un attimo che controllo“.
Questlove, batterista e produttore dei The Roots, suo grande ammiratore, ha provato più volte a convincerlo a fare un nuovo album. Mi ha sempre detto “No“. “Ho prodotto il nuovo di Al Green e lui sempre “No“. Ho fatto un album con Booker T Jones ed ho inciso il suo “I Can’t Write Left Handed” con  John Legend che ha vinto 3 Grammy Award e lui sempre “No grazie, sto bene così“.
Nel 1979 è stato realizzato il documentario STILL BILL sulla sua vita, numerosi album dedicati alla sua musica tra cui quello bellissimo di Sabrina Starke, di Al Jarreau e quello recentissimo di Josè James. Tra i numerosi tributi fatti alla sua musica da segnalare il concerto di beneficenza alla Carnegie Hall nel 2015, dove numerosi artisti (Dr. John, Willie Weeks, Steve Jordan, Ed Sheeran, Keb' Mo', Michael Mc Donald, ecc.) hanno ridato vita agli stessi brani incisi anni prima da Bill e la sua band. Lo stesso Withers salito sul palco per ringraziare dei fondi raccolti in beneficenza per i ragazzi poveri, nonostante l'acclamazione del pubblico non ha voluto cantare e  si è  così congedato dal folto pubblico: “Ringrazio tutti per il contributo per aiutare questi ragazzi e sono ancora stupefatto che tutti questi giovani artisti conoscano ancora il mio nome, grazie a tutti per essere venuti“.


  
Malcom John Rebennac, in arte Dr. JOHN  di Vito Schiuma

“Ai tempi c’era una legge della giungla non scritta ed era molto semplice: avresti dovuto far fuori un altro pianista, batterlo al suo stesso gioco, o non avresti mai ottenuto una serata in un locale. C’erano delle contese in cui con una band suonavano quattro o cinque pianisti seduti ad un tavolo vicino al palco. Iniziava il “residente” e dopo un po’ il leader o il proprietario del locale chiamava gli altri. E lì che dovevi suonare meglio dell’altro oppure la band si sarebbe affrettata a chiudere il brano da un accordo all’altro.”

Fu in questo contesto, nella New Orleans degli anni 50, che Mac Rebennack, noto come Dr. Johnthe Night Tripper, muoveva i primi passi nel music biz, frequentando i locali per i quali suo padre riparava i sistemi di amplificazione. E fu questo ambiente altamente competitivo e costellato da pianisti come Professor Longhair, Tuts Washington e James Booker, che lo indusse a tentare la carriera da chitarrista. E sarebbe riuscito anche in quello se non fosse stato per un colpo di pistola accidentale che lo colpì ad una falange.
Politicamente New Orleans è ripartita in diciassette Wards, ovvero suddivisioni di quartiere, e nella Third Ward Dr. John passa tutta la sua infanzia, in quello che per usare le sue parole era uno “scacchiere razziale”, in cui bianchi e neri vivevano a brevi distanze, ma in rigoroso distacco. Non molti decenni prima, nelle stesse strade, avrebbe potuto ascoltare la tromba di Louis Armstrong, nato anch’egli in questa ward. Ancora meno segregazione c’era per strada e nei bar. E se suo padre gli intimava di far entrare gli amici neri dalla porta sul retro, niente gli impediva di mischiarsi con le Black Indian Tribes. Vere e proprie gang con struttura gerarchica piramidale, costituite da neri che tramandavano i costumi, le tradizioni, i ritmi di almeno tre popolazioni geograficamente lontanissime, ma ritrovatesi in Louisiana: gli schiavi africani deportati ad Haiti e Cuba e poi trasferiti a New Orleans, i francesi creoli e i nativi americani. Queste gang, che in passato non si esimevano dall’arrivare allo scontro a fuoco, avevano imparato proprio in quegli anni a sublimare la rivalità con la musica e le parate per le strade della Crescent City.

Dr. John era un pessimo studente e ogni tentativo dei suoi insegnanti di fargli leggere la musica terminava con questi ultimi che gettavano la spugna: “Tuo figlio fa finta di leggere, ma in realtà semplicemente riproduce quello che sente. Ha un buon orecchio”. Considerando che i suoi ascolti andavano dal blues delle radici, al bebop, passando per tutto il ventaglio di generi che con il tempo hanno tracciato la storia della Louisiana - stride, second-line, funk, r'n'b, jazz, gospel - più di un allievo di Conservatorio oggi rinuncerebbe a saper leggere per un paio di orecchie spugnose come le sue.
Se la storia la fanno le variabili impazzite, nel piano blues, o meglio, nel New Orleans Piano questa variabile non poteva che essere un colpo di pistola partito in una colluttazione da film di Hollywood, nella Vigilia di Natale del 1961. La falange gli fu ricucita e si sottopose a terapie per recuperare la funzionalità, ma il dito restava troppo debole per la chitarra. Il passo più semplice per lui fu passare al basso elettrico in una band Dixieland con Murphy Campo. Il lavoro non lo entusiasmava e la proposta di James C. Booker rappresentò la
svolta: “Mac, so che sei triste. Ascolta, ti insegnerò a suonare l’organo. Devi solo fare quello che ti dico”. Queste parole devono essergli suonate convincenti, visto che a pronunciarle fu colui che era all’unanimità considerato il migliore pianista esistente di New Orleans, convinto di poter insegnare la sua tecnica a chiunque. E in effetti Booker ebbe due soli allievi, Harry Connick Jr. e Mac.
Booker e Mac presero entrambi a suonare nei locali di spogliarelliste della famiglia Conforto, club aperti 24 ore su 24, con band che si avvicendavano senza nemmeno smettere di suonare, in cui le uniche pause concesse erano durante i soli di batteria.
Stralci di una prima fase della sua vita passata a esibirsi su tutti gli strumenti di una band, batteria, basso, chitarra, pianoforte, organo e percussioni, in cui la tossicodipendenza era legata a doppio filo ai ritmi incessanti dei locali e, altra faccia della medaglia, ad una città in cui ottenere le sostanze era facile ed economico, uno stile di vita che l’ha costretto a vedere tumulare più di un fratello di palco. “La droga non mi cambiava il modo di suonare o di scrivere, poteva andare bene o male. Ma sarebbe andata comunque così.” Schedato dall’età di dodici anni, la polizia non aveva bisogno di scuse per sbatterlo al fresco di tanto in tanto. Ma questa è stata la sua accademia e non sono solo i 6 Grammy Awards e l’inclusione nella Rock and Roll Hall of Fame a dargli ragione.

Mac Rebennack è stato il condensatore della musica di New Orleans, in un periodo in cui il rock‘n’roll tendeva a snellire e semplificare e la musica dei nativi era relegata alla rilevanza della musica etnica, Dr. John fondeva tutte le sue esperienze e già dal debutto, con l’album Gris-Gris (1968) registrato ai Gold Star Studios di Los Angeles, prodotto da Harold Batiste e pubblicato dalla Atco Records, mostra la propria visione di New Orleans psichedelico, con atmosfere voodoo/tribali e le radici ben salde nella clave. Considerato da Rolling Stone tra i migliori album di sempre.
Una sterzata netta verso New Orleans e un’interpretazione moderna del rhumba blues e dei ritmi del Martedì Grasso è segnata dall’album Dr. John’s Gumbo (1972) con tracce che reinterpretano classici come “Iko iko”, “Big Chief”, “Junko partner”, “Stack-A-Lee”.
Cito solo questi due ascolti per chi vuole farsi un’idea dell’importanza di Dr. John per il funk e il New Orleans Piano. Oltre trent’anni passati in studio e nelle band dei principali artisti della scena rock e blues degli States, senza mai tralasciare i pilastri di un passato ingombrante, per arrivare a fondere tutte le tradizioni e dare vita ad un genere a sé stante, caratterizzato da una propulsione ritmica incessante, una conoscenza enciclopedica delle strutture e delle forme blues e, tuttavia, reinventata da nuove sezioni armoniche e trame tematiche secondarie, arrangiamenti che mettono in bella mostra le vere bocche di fuoco della città, gli ottoni, in un tempo in cui si tendeva a elettrificare tutto.
Se è vero che Dr. John è stato l’artefice impareggiato di uno stile personalissimo, anche nella scrittura dei testi - irriverente verso una società poco attenta alla spiritualità, ma allo stesso tempo senza vergognarsi del proprio passato burrascoso - è altrettanto vero che la base di partenza è stato un livello musicale stratosferico. Basta togliere un po’ la polvere da dischi introvabili come Dr. John plays Mac Rebennack (1981, Clean Cuts) e, ancora di più, All by hisself: Live at the Lonestar (1986) per rendersi conto che non basterebbe un’intera vita per apprendere tutto il bagaglio musicale che era in grado di sciorinare in pochi brani. Mentre la sua mano sinistra detta tempo e ritmo, disegnando sofisticate linee di basso in grado di reinventarsi ad ogni giro, la mano destra emula i ritmi fluttuanti di percussioni, alternati a fraseggi di intere big band. Il pianoforte sembra letteralmente colorarsi sotto i colpi di obbligati e armonizzazioni inusitate e senza paragoni nel blues, che vanno dalle sostituzioni alla riarmonizzazione continua di derivazione gospel sulle linee di basso che la mano sinistra, dotata di cervello proprio, prosegue con la massima disinvoltura. Insomma Mac in piano solo sembrava dire “Non ho una band? Non c’è problema, ho dieci dita e una voce inconfondibile”.

Malcom John Rebennack, in arte Dr. John, scomparso lo scorso 6 giugno, è stato un rivoluzionario silenzioso, in completa controtendenza con i propri tempi, pur con un sound moderno e innovativo, e ha rappresentato un punto di riferimento per la scena blues mondiale per artisti come Eric Clapton, Etta James, B.B. King, Earl King, Frank Zappa, nonché per una vera e propria scuola di pianismo New Orleans di tutto il mondo come Jon Cleary, Tom McDermott, Davell Crawford, Tom Worrell, Joshua Paxton, Dom Pipkin, Jan Luley, Max Lazzarin.

www.vitoschiuma.com



JEFF CARP. Ricordo di un grande armonicista poco conosciuto.  di Gianni Franchi

Se ascoltate la prima traccia di "Fathers and sons" album di Muddy Waters del 1969 troverete un duetto di armoniche nel brano "All aboard". Insieme a Paul Butterfield che suona l'armonica diatonica potrete ascoltare una grande performance con la cromatica dell'armonicista Jeff Carp.
Dalla maggior parte degli appassionati di Blues il suo nome è poco conosciuto. Eppure è stato un bravissimo armonicista che ha suonato con tutti i grandi del Blues anche se ci ha lasciato già da molti anni.
Ci sono poche notizie su di lui. Nasce probabilmente nel 1948 o 1950 a Chicago, studente universitario viene presto a contatto con il blues di Muddy Waters e forma la sua band di Blues.
Nel 1966 si unisce, con il chitarrista Paul Ashell, alla band di Sam Lay con cui registra anche i 3 brani che vengono inclusi nell'album "Goin' To Chicago" della Testament Records.
Il 1969 è un anno pieno di partecipazioni ad album di grandi del Blues. Suona infatti, come detto, in "Fathers and son" di Muddy Waters, in "Lightnin" di Lightnin Hopkins, "Funk" di Earl Hooker (dove canta anche),  e nell'album "If You Miss 'Im... I Got 'I'm" di John Lee Hooker con la partecipazione di Earl Hooker di cui è diventato membro fisso della band dopo l'abbandono di Carey Bell.
Nel 1971 troviamo ancora Jeff nell'album di Howlin Wolf "The London sessions" in compagnia di grandi musicisti come: Eric Clapton, Stevie Winwood, Billy Wyman e Charlie Watts.
Suona magistralmente apprestandosi a diventare uno dei grandi dell'armonica blues
Ma il destino  ha voluto che Jeff, purtroppo scomparisse prematuramente nel 1973.
La sua morte è avvolta nel mistero, sembra che, in barca con moglie e figlia, cadde accidentalmente in acqua e non fu mai più trovato.
In alcuni album viene citato come Karp.

Per maggiori dettagli e informazioni su Jeff e le sue registrazioni visitate il suo blog thoughtsontheblues.blogspot.com/2017/02/jeff-carp-appreciation-of-under.html?m=1


Photo credits Norman Dayton.











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