Gerry Lockran: Blues from India
di Guido Sfondrini
Chi era Gerry Lockran? Ai più questo
nome suonerà sconosciuto o quasi, ma Gerry è stato un grande musicista blues e
folk attivo dagli anni 60 sino agli anni 80, virtuoso chitarrista (prevalentemente acustico) e vocalist dotato di una ruvida e coinvolgente
vocalità blues carica di feeling, con una carriera fatta di molte collaborazioni
importanti, corredata da una discografia composta da album incisi soprattutto
per etichette minori e indipendenti, e con una lunga e variegata esperienza live
che lo ha portato a suonare in molte parti del mondo.
Lockran (ma il vero cognome era Loughran) nasce in India nel 1942, ultimo di
otto figli, nella provincia
centrale dello Yeotmal (stato di Maharashtra) da padre irlandese e da madre
indiana. La sua infanzia si svolge tra la fattoria
paterna e gli studi nella scuola di Mussoorie, piccolo villaggio himalayano dove
va a vivere con la famiglia. Suo padre è un violinista e suo fratello David
chitarrista, questo fa scoprire presto al giovane Gerry la musica, in un
particolare contesto dove il folk irlandese va a braccetto con i suoni tipici
della musica indiana. Scomparso prematuramente suo padre ed anche a causa della
turbolenta situazione politica nell’India postbellica, si trasferisce in
Inghilterra con tutta la famiglia nel 1953. Si stabilisce nel South London e nel
‘55 un suo fratello gli regala la prima chitarra. Siamo negli anni 50 e la scena
musicale in GB è molto viva: folk, rock n’ roll e R n’ B preparano l’esplosione
rock degli anni 60. Gerry ascolta artisti come Hank Williams e Ella Fitzgerald,
e comincia a suonare con le skiffle band The Hornets e The Vipers (lo skiffle
era una forma musicale tipicamente britannica molto popolare alla fine degli
anni 50, che miscelava R n’ R, folk e jazz tradizionale, con spiccate
caratteristiche dance). In conseguenza di questo percorso, la passione per la
musica nera americana diventa sempre più forte e lo porta presto ad ascoltare
molto blues: Josh White, Leadbelly, Sonny Terry & Brownie McGhee e soprattutto
Big Bill Broonzy, per lui un vero e proprio punto di riferimento. Scopre presto
che il blues del Delta e la dimensione acustica sono a lui particolarmente
congeniali. L’attività di Lockran si svolge tra piccoli clubs e cantine fumose,
dove frequenta alcuni giovani musicisti bianchi come Cliff Aungier, chitarrista
e cantante, e Royd Rivers, armonicista e raffinato interprete della twelve
string guitar; i tre diventano protagonisti della scena dell’Half Moon Pub,
ubicato a Putney nel Sud Est londinese (che offriva periodiche jam di folk blues
acustico denominate “Folksville”), del Royal Oak, del Lewes Arms e del Red Lion,
pubs devoti alla birra scura e alla musica nera. Iniziano così un percorso che
li porterà presto alla musica come professione.
Nei primi anni 60, in un contesto eccezionalmente creativo e aperto a
sperimentazioni di tutti i tipi, la scena blues folk inglese vede l’affermarsi
di artisti come: John Renbourn, Jo Ann Kelly, Tony McPhee, Dave Kelly, Davy
Graham, Bert Jansch, Jon Mark, Sam Mitchell, e tanti altri giovani emergenti che
saranno poi protagonisti del british blues, del folk e del rock negli anni 60 e
70. Gerry entra appieno in
questo movimento; ha l’occasione di ascoltare dal
vivo e di conoscere personalmente Sonny Terry & Brownie McGhee e quest’ultimo
gli insegna i segreti del finger picking di cui Lockran diventerà un maestro.
Nel 1963 vive la sua prima esperienza in studio di registrazione con gli amici Aungier e
Rivers dalla quale esce fuori il disco intitolato “Wanderin”, prodotto da un ancora
sconosciuto Jimmy Page e connotato da tipici suoni folk blues acustici. Seguono
avventurosi viaggi musicali per l’Europa che lo portano in Francia, Germania e
perfino in Italia. Durante questi tours ha l’occasione di intraprendere un
rapporto di collaborazione con un grande del blues come Memphis Slim e consolida
ulteriormente la sua esperienza on stage.
Nel ’64 arrivano per lui anche alcune
apparizioni televisive per l’emittente locale Channel TV. Nel ‘65 partecipa al
tour Kings of the Blues con Alexis Korner, Long John Baldry e Duffy Power. Nel
1966 il suo primo disco solista: “Hold On, I’m Coming” per la Planet Record,
registrato con l’aiuto di Danny Thompson e Terry Cox dei Pentangle e del
sassofonista Ray Warleigh, e fatto di creative covers di brani tradizionali e di
artisti come Broonzy e Willie Dixon. Nel ‘67 pubblica “The Blues Vendetta” (Waverley
Record), disco “solo” ricco di sue interessanti composizioni e con una splendida
cover di "Summertime", brano che sarà un suo cavallo di battaglia dal vivo per
tutta la carriera.
Nel 1969 esce “The Essential Gerry Lockran” (Spark Record),
compendio dei primi anni di attività (di questo lp esiste una cd made in Japan).
Partecipa inoltre alla compilation acustica “Blues at Sunrise” con Redd Sullivan
e Dave Travis.
Negli anni 70, Lockran entra nella scuderia del manager Nigel Thomas, uno che lavora per
star del rock come: Joe Cocker, The Faces e Juicy Lucy. Questo evento e la
conseguente promozione professionale di cui ora può godere lo fanno conoscere ad un
pubblico più vasto. Partecipa ad un lungo tour in USA e Canada con Joe Cocker &
The Grease Band come headliner e suona su palcoscenici storici per il rock e la
black music come il Madison Square Garden a New York e il Forum di Los Angeles.
A seguire registra due lp per la major Polydor: “Wun” nel ‘72 e “Rags to
Gladrags” nel ‘76, con collaborazioni di fama come: Ron Wood, Pete Wingfield,
Neil Hubbard, Alan Spenner, Mel Collins e il vecchio amico Cliff Aungier. I
suoni di questi dischi si discostano dall’austero folk blues acustico, tipico di Lockran, e vanno verso composizioni soul rock elettriche di discreta fattura,
senza infamia e senza lode, con alcune perle acustiche dal vivo come il trittico
“Summertime”/”That’s Allright”/”Twice Are su Wun”, veramente coinvolgente.
Collabora anche con l’armonicista Matt Walsh e con l’allora emergente chitarrista blues
olandese Hans Theessink.
Gerry Lockran si conferma musicista indipendente, poco interessato allo star
system, se vogliamo minimale, legato alla sua famiglia e - con coerenza - al
blues acustico (che certamente non gli ha portato fama mondiale e grandi successi
di vendite. ndr).
Alla fine degli anni 70 avviene un cambiamento strumentale epocale: passa dalla Martin D28, leggendaria chitarra acustica, alla moderna Ovation, acustica
amplificata (uno strumento innovativo che ebbe un grande successo in quegli
anni, anche da noi). Una parte del suo
pubblico, il più purista, non apprezzerà
però questo cambiamento di suono.
Sul finire degli anni 70 registra altri lp, tutti di buona qualità, con Ian Hunt,
Hans Theessink e in particolare il live album “Rally Around The Flag” nel 1976.
Registrato in Germania per la label tedesca Autogram, il disco è pervaso da una
malinconica ed autunnale vena cantautoriale e con alcuni episodi blues con l’armonicista
Matt Walsh veramente entusiasmanti. E’ del 1981 il suo ultimo lp, “Across The
Tracks”, autoprodotto e suonato in solitudine nel quale riscopre lo stile di
rauchi bluesmen come Howlin Wolf e Blind Willie Johnson.
Durante un tour in Belgio e Olanda nello stesso anno, viene colto da un ictus e
perde l’uso della mano sinistra: la sua storia con il blues e con la musica si
interrompe bruscamente, in modo drammatico e definitivo. Nel 1983, all’Half Moon
Pub, si tiene un concerto in aiuto di Lockran e della sua famiglia con Alexis
Korner, Bert Jansch, Bob Tench, Ian Hunt e molti altri amici e protagonisti del
giro blues e pub rock, allora in grande evidenza in Inghilterra.
Per qualche anno si mette a fare il fotografo e si specializza nei "portraits" di
altri artisti come il cantautore Ralph McTell e la band neopsichedelica Ozric
Tentacles.
Gerry Lockran si spegne il 17 novembre 1987 dopo un ennesimo attacco
cardiaco. Lascia la moglie Bobby e i due figli Jason e Jethro. Jason, anch’esso
chitarrista, continua l’attività musicale del padre nei pubs e nel giro degli
appassionati del blues e della musica di qualità.
Gerry Lockran è stato un grande interprete, non ha avuto mai su di lui gli spot
del rock business e quella fama che avrebbe meritato: casi della vita ma anche il
carattere di un uomo per natura legato alla sua quotidianità ed alla sfera
famigliare. Tra i cultori del blues acustico ha avuto momenti di fama e grandi
riconoscimenti per il suo modo di suonare in purezza, per la sua
eccellente tecnica chitarristica e per le sue composizioni cariche di pathos.
I suoi dischi originali sono delle rarità (ho visto “Blues Vendetta” su e-bay a
circa 180 $ come prezzo base…), alcuni sono stati ristampati in formato
cd. Certamente non sono di facile reperibilità ma vale senz’altro la pena di
cercarli per riscoprire e riascoltare un dimenticato virtuoso della chitarra
acustica blues come Gerry Lockran. Buona caccia…
Queste due poesie (non sono testi di canzoni…) sono state scritte da Gerry
Lockran dopo la malattia e il suo forzato abbandono della scena musicale
I've been nearly everywhere!
Played travelling guitar for twenty years
Did Florida and San Francisco
Copenhagen and San Diego
Did New York, Denver and Louisville
Roma and Paris Centre Ville.
I made 'em smile and gave 'em fun
Solo playing - just by one!
I worked with big and mighty stars
At Madison Square and Berlin Bars
Played Las Vegas and Miami
But now I've packed it in you see
But still love good music though
I don't want to tour any more
I paid my dues for twenty years
Brought 'em smiles and sometimes tears.
This poem has since been set to music
by Gerry's eldest son, Jason
'Oh Him! - He had a STROKE you know'
Used to be all get up and go.
As a musician, just like a magician
But he's retired now
He can just about get up the stair
Can't walk far without a wheelchair.
Someday, so the experts say
He may get his left hand back again.
Till then he sits and takes the strain.
He makes his lists and makes his plans
But inside he knows they'll never happen.
Once he could really entertain.
So don't you laugh if you see him pass
He had a stroke - alas!
Graham Hine, Keef Trouble, Brett Marvin & The Thunderbolts e altre storie folk
blues… di Guido Sfondrini
Quando
aveva 15 anni, un cugino gli regalò un giradischi; sul piatto di quel giradischi
cominciarono a girare polverosi microsolchi di black music, soprattutto di
vecchio e sano blues: Sonny Boy Williamson, Muddy Waters, Jimmy Rodgers, Howlin
Wolf, insomma i soliti nomi che ti facevano e ti fanno ancora oggi conoscere ed
amare quella musica meravigliosa… Nella Gran Bretagna degli anni 50, un
giovanissimo ragazzo cominciò ad appassionarsi a quel sound saturo di ritmo,
sensualità, spesso di disperazione e rabbia, latore di una cultura lontana ma
affascinante: quella afroamericana che, per almeno tre decenni, avrebbe
influenzato il mondo della musica popolare in maniera radicale con il blues, il
gospel, il jazz, il soul, il funk, ed i suoni tipici dell’Africa, terra
d’origine di tutto il movimento. Quel ragazzo si chiamava Graham Hine ed imparò
molto presto a suonare la chitarra e le relative tecniche del blues, compresa
quella slide con l’utilizzo del bottleneck, di cui sarà un ottimo interprete.
Per Hine vale il discorso fatto per Gerry Lockran: è un altro artista che non ha
mai completamente sfondato nel music business, fortune economiche e successi
mediatici non sono mai stati a lui congeniali; è stato invece (e lo è tutt’ora,
nel XXI secolo…) un artista solido e ispirato che ha lasciato tracce
discografiche molto interessanti nel campo del blues acustico, della jug music e
del rock dei 70.
Nei primi anni 60 un professore, Peter Gibson, creò un folk club interno
alla scuola di Hine, in cui invitava ad esibirsi giovani artisti, tra i quali i
fratelli Jo Ann e Dave Kelly. Proprio quest’ultimo, già eccellente chitarrista
slide, insegnerà a Graham le nozioni fondamentali relative alle accordature,
indispensabili per ottenere quei suoni. Il nostro si fece un’esperienza tecnica
anche con le "liner notes" rubate da un prezioso disco di Robert Johnson; erano tempi
pionieristici e per conoscere la musica blues ci si doveva arrangiare con quello
che si riusciva a trovare. Arrivati gli anni del blues revival, Hine - nel 1967
- incontrò il chitarrista/percussionista, vocalist e performer folk, Keith
Trussell (aka Keef Trouble) specializzato nell’utilizzo di un particolare
strumento a percussione chiamato zob stick o monkey stick originario dell’epoca
vittoriana e tipico del folk inglese di quel periodo. Tra loro nacque
un’amicizia caratterizzata dalla condivisione dell’amore per il Blues. La loro
collaborazione durerà molti anni con ottimi risultati.
Incoraggiati da Peter
Gibson, crearono un duo acustico chiamato Bottled in Bond con cui cominciarono
il solito iter di serate nei pubs e in piccoli locali, tipico di molti
protagonisti di un british
blues
agli albori. Nello stesso periodo Hine e Trouble conobbero Jim Pitts e John
Randall e, con il vecchio amico Gibson, fondarono la loro prima band
professionale: Brett Marvin & The Thunderbolts. I cinque suonavano di tutto:
dalle chitarre ai mandolini, dalla blues harp al trombone, dalla batteria al
washboard. Il loro primo riferimento musicale furono le jug band degli anni 30
come la Memphis Jug Band, i Cannon Jug Stompers ed il country blues in generale.
Il loro punto di ritrovo era lo Studio 51, in Great Newport Street nella Central
London, un locale molto popolare dove si esibivano frequentemente la John Dummer
Blues Band, che aveva come leaders Dave Kelly e Tony McPhee (di lì a poco
fondatore dei Groundhogs), ed anche quella splendida cantante blues che fu Jo
Ann Kelly, spesso proprio accompagnata on stage da B.M. & The Thunderbolts.
Da lì passarono molti altri nomi del blues e del rock americano e inglese: Arthur Crudup, Fred McDowell, Juke Boy Bonner, Steve Miller Band, Long John
Baldry, Lol Coxill, e molti altri… loro si fecero conoscere per i suoni
semiacustici ed originali, ma anche per l’ironia quasi cabarettistica che
ne accompagnava le esibizioni live, al di fuori del mare magnum del blues elettrico allora imperante.
La band entrò in studio di registrazione nel 1970 per il primo lp "Brett Marvin
& The Thunderbolts" al quale seguirono: "12 Inches of…", "Alias Terry Dactyl &
The Dinosaurs" e "Ten Legged Friend", tutti incisi per l’etichetta Sonet e pubblicati
tra il 1970 e il 1973. In precedenza avevano partecipato, con alcuni loro brani,
alle compilations della Liberty: "I Asked For Water, She Gave Me Gasoline" e "Son
Of Gutbucket", promosse da Tony McPhee e veri e propri “archivi storici” del
primo blues bianco inglese e americano, specialmente in veste acustica. I loro
dischi (in particolare il secondo…) furono bene accolti dalla critica ed ebbero
un discreto successo di vendite. La (relativa) popolarità portò la
band
ad esibirsi per le TV di: Olanda, Belgio, Danimarca e Svezia, e ad una intensa
attività live, soprattutto in Scandinavia. Nel 1971 effettuò gigs con John
Mayall e Taj Mahal e nello stesso anno, alla Euston Town Hall di Londra, fece da
opening act alla leggenda vivente del blues del Delta Son House ed ai Derek & The
Dominoes di Eric Clapton.
Nel frattempo alla line up della band si aggiunse il pianista John Lewis che
suonò con loro per un periodo relativamente breve. In seguito lasciò il gruppo
per motivi di salute divenendo protagonista, alla fine dei seventies e negli
anni 80, del pub rock con il nome di Jona Lewie. Lewis venne rimpiazzato nella
band da David “Taffy” Davis.
Brett Marvin & The Thunderbolts ebbero anche un buon successo a “45 gg.” con la
canzoncina divertissement "Sea Side Shuffle" (n. 2 nella UK singles chart
dell’agosto 72) pubblicata con il nome di Terry Dactyl & Dinosaurs*;
seguirono
passaggi televisivi a Top Of The Pops (trasmissione allora leader per il rock in GB) e la partecipazione a molti dei grandi raduni rock tipici di quegli anni.
Ma
la spinta creativa del british blues andò via via spegnendosi; il progressive
rock barocco e sterile di band come Genesis e Yes, e l’hard rock più o meno glam,
dominavano ormai il mercato discografico e per i semplici suoni semiacustici,
per il country blues e per i cori ubriachi di B.M. & Thunderbolts, ormai di
spazio ne era rimasto ben poco. Fu così che la band giunse nel 1974
all’inevitabile split, anche se la carriera di Graham Hine, dopo i “fasti” dei
B.M. & The Thunderbolts, non finì. Si presentarono infatti altre occasioni per
registrare dischi da solista. Dopo un primo lp "Bottleneck Blues" (registrato nel
‘70 con la produzione di Nick Perls per gli americani della Blue Goose) arriva l’ottimo "Bowery Fantasy", caratterizzato da toni crepuscolari e folk, un
disco più lontano dal blues ma comunque sempre molto interessante, e quindi
"These Blues Is Meant To Be Barrellhoused", registrato nel ‘71 e resuscitato nel
2003 grazie alla solita Blue Goose.
Nel corso degli anni 80 Graham Hine ha suonato molto dal vivo accompagnando con la sua
chitarra dobro molti celebri bluesmen americani.
All’inizio degli anni 90, e grazie al rinnovato interesse per il blues da parte
dei media, decise di registrare il CD "Boogie Street" che riportò in vita
il glorioso marchio Brett Marvin & The Thunderbolts, con il vecchio pard Keef
Trouble e Pete Swan al basso (new entry nella band), al quale fecero seguito le
ristampe in formato CD dei primi dischi.
Nel 1999 venne pubblicato il CD antologico "Vintage Thunderbolts" con molti inediti e
brani live degli anni 70: veramente imperdibile!
Hine e la band sono ancora oggi attivissimi. Nel 2007 ha registrato l'album "You’ll Be Hearing From Me Real Soon" il primo
con nuove composizioni
dopo quasi 40 anni.
Nell’estate 2009 Graham Hine ha suonato anche in Italia, al
Rootsway Blues Festival svoltosi a Parma, accompagnato dal chitarrista Roger
Hubbard.
Che dire in conclusione... Hine è stato, ed è, il protagonista di una bellissima
avventura nel mondo del blues, del folk e del rock, che dura ancora oggi per la
reciproca soddisfazione del musicista e del suo pubblico.
Ritrovare i lavori di Brett Marvin & The Thunderbolts vuol dire riascoltare una
musica carica di energia, con le caratteristiche del jug blues, da cui eredita
la tipica vena ironica e teatrale, decisamente originale. La loro musica rimane
espressione di una contagiosa allegria spruzzata dal profumo del
gin e della birra scura, con la solarità di periodi storici decisamente migliori
dell’attuale.
*Sea Side Shuffle (testo dell’unico hit single di Brett Marvin, dato alle
stampe con il nome di Terry Dactyl & The Dinosaurs)
It's a warm day
the sun is shining
Someone says 'Let's go to Brighton'
So we all get up on our friends car;
Hold on tight 'cos we're doing ninety miles per hour.
We left a London awhere it's hot
We're heading for our favourite spot
Down on the coast way past the town of Crawley;
Where the breeze blows and the air tastes of the sea.
We a walk along the promenade pier
Spend a pound or two on fun and beer
Then look around
see what we can see
Bikini girls and everybody smiling happily.
Sunbathe now h'on the beach
Here is the man who sells ice-cream
Way over there kids throw pebbles in the sea
Where we swim amongst a lot of pretty company.
Davey (Davy) Graham
di Guido Sfondrini
A completamento della trilogia di
articoli dedicata al folk blues acustico inglese degli anni 60/70, iniziata con
Gerry Lockran e proseguita con Graham Hine e i Brett Marvin & The Thunderbolts,
mi è parso doveroso dedicare una retrospettiva a Davey (Davy) Graham. Raffinato e
originale cantante e chitarrista, sperimentatore di nuove sonorità, anticipatore
della world music e geniale esecutore di particolari tecniche chitarristiche,
Graham è stato, a detta di molti, il miglior interprete della sei corde acustica
nell’Inghilterra di quel periodo così piena di creatività ed influete per tutta
la storia della musica moderna.
Graham nasce nel 1940 a Hinckley, nel Leichestershire, da padre scozzese (da cui
eredita la passione per la musica) e madre della Guyana Britannica. Comincia col
suonare l’armonica per poi intraprendere (a 12 anni) lo studio della chitarra
classica. Da adolescente ascolta il chitarrista Steve Benbow, uno che suonava
la chitarra con influenze folk nord africane e, nello specifico, marocchine. Graham rimane fortemente colpito da quei suoni esotici che
influenzeranno il suo stile e la sua vena compositiva per tutta la carriera.
A questo punto qualcuno dirà: “ma... il Blues, cosa c’entra?”, c’entra eccome poichè
Davy affiancherà sempre al folk ed al jazz sue reinterpretazioni
acustiche di brani dei vari: Broonzy, Leroy Carr, Leadbelly e Willie Dixon,
dimostrando un amore viscerale per il blues al pari di un altro grande
chitarrista virtuoso, quel John Fahey che negli stessi anni inizia a suonare
dall’altra parte del mondo, nell’assolata California.
Nel 1959 Graham appare in TV a "Monitor" (trasmissione dedicata all’arte)
con il documentario “Houd Dogs and Bach’s Addicts. The Guitar Craze”, con la
regia di Ken Russell: il suo primo momento di pubblica notorietà.
Nel 1960 parte per una vacanza in Australia. Il viaggio aereo contempla la sosta
tecnica di un’ora a Bombay. Da quell’incorreggibile world
traveler che è
sempre stato (aveva
anche viaggiato in Grecia, Turchia, Marocco, Iran e altri posti in Nord Africa,
quando girare il mondo non era così facile come adesso…), Davy Graham riesce a
prolungare la breve sosta in un soggiorno di sei mesi in India e, a seguito di
quest'avventurosa esperienza, nascerà il suo amore per la musica e la cultura
indiana che avrebbe sviscerato nei suoi lavori.
A 19 anni dedica una composizione alla sua fidanzata: il titolo del brano è
"Angie" (niente a che fare con gli Stones…), divenuta più nota come "Anji", che sarà il suo
brano più conosciuto ed avrà celebri covers (controverse per Graham…)
di: Bert Jansch, Chicken Shack e Simon and Garfunkel. La canzone sarà
registrata per l’EP "3/4 AD" (Topic), suo primo lavoro discografico inciso assieme
ad Alexis Korner nel 1961, pubblicato nel 1962 e progenitore di tutto il folk
rock britannico.
Divenuto professionista della musica, incide il suo primo 33 gg. "The Guitar
Player", uscito nel 1963 per l’etichetta Pye/Golden Guinea, una raccolta di
composizioni strumentali prevalentemente jazz (Sonny Rollins, Bill Evans, Horace
Silver…), ma anche blues (Leroy Carr e Ray Charles), arrangiate per sola chitarra
da Graham, coadiuvato solo in alcuni brani dal batterista Bobby Graham. Il
risultato che ne deriva è entusiasmante.
Nel ‘63 partecipa alla colonna sonora del film "The Servant" (noto in Italia come
“Il Servo”) di Joseph Losey; suona con i Thamesiders (band post skiffle) con il
chitarrista Martin Carthy (in seguito leader di famose band folk rock come gli
Steeleye Span e l’Albion Country Band), purtroppo con scarso successo, e registra un EP
per la Decca: "Thamesiders & Davey Graham". Nel ‘64 vive una breve esperienza come
chitarrista nei Bluesbreakers di John Mayall e, sempre in quell’anno, registra
il suo secondo lp "Folk Blues and Beyond" per la Decca. Il lavoro più blues della
sua discografia contiene brani come "Rock My Baby", "Leavin Blues", "Cocaine", "Goin
Down Slow", "My Baby", e brillanti covers di "Better Git In Your Soul" di Mingus e
"Don’t Think Twice It’s All Right" di Bob Dylan. "Folk Blues and Beyond" oltre ad
aver
influenzato celebri chitarristi rock blues come Jimmy Page e Eric Clapton,
è caratterizzato dall’utilizzo di scale particolari (DADGAG tuning) che danno ad
alcune songs ("Maajun", "Mustapha") sonorità etniche decisamente orientaleggianti.
Nel 1966 incide "Midnight Man" (Decca), un crossover jazz/blues con brani quali:
"Stormy Monday" di T-Bone Walker e "Watermelon Man" di Herbie Hancock. Qui Graham è
ancora una volta da solo con la sua chitarra. Questo disco è preceduto
nel 1965 da "Folk Roots, New Routes" (Decca), un classico del folk britannico
progressivo inciso con la cantante Shirley Collins.
E’ del 1968 il lp "Large as Life and Twice as Natural" (Decca), suonato con parte
dei Bluesbreakers del periodo di "Bare Wires", con Jon Hiseman alla batteria,
Dick Heckstall Smith ai sassofoni, Harold McNair al flauto e con Danny Thompson
dei Pentangle al basso. I brani del disco sono molto più dilatati, nella durata,
di quelli dei dischi precedenti; si alternano blues ("Freight Train Blues", "Bad
Boy Blues"), sonorità esotiche ("Blue Raga"), folk ("Bruton Town") e cover
curiose come "Both Sides Now" di Joni Mitchell. Un disco, a mio parere,
eccellente che influirà anche su alcuni lavori del celebre Donovan (ascoltate
gli lp "Sunshine Superman" e "Donovan in Concert"...).
Alla fine degli anni 60, nell’era del Flower Power, Graham si fa coinvolgere
nell’uso di droghe psichedeliche; oppio e LSD diventano suoi compagni abituali
e, al contrario di altri musicisti che ebbero dalle droghe maggiori stimoli
creativi (ma effetti disastrosi sulla loro vita privata e nella salute
mentale…) come accaduto a Syd Barrett o Peter Green, la vena musicale di Graham si
inaridsce.
Nel ’70, dopo il matrimonio con la cantante americana Holly Gwinn, pubblica
altri tre lp: "Hat" e "Holly Kaleydoscope" (entrambi per la Decca che, a causa dello
scarso successo di vendite, vuole la rottura del contratto stipulato con il
musicista), e "Goddington Boundary" (President), tutti incisi con la voce della
moglie. I dischi non hanno nei loro solchi le brillanti intuizioni dei
precedenti lavori. In "Hat", a
songs tipiche del patrimonio folk britannico più
puro, si affiancano blues come "Hoochie Coochie Man" e "I’m Ready", ma si nota che
la geniale vena sperimentale di Graham va esaurendosi. In questo periodo si
impegna in iniziative di solidarietà mettendo la sua chitarra a disposizione di
associazioni benefiche come la MIND (di cui sarà anche consigliere
d'amministrazione), un'organizzazione che ancora oggi assiste le persone colpite
da disagio mentale in Gran Bretagna, ed aderisce alla scuola buddista giapponese
Osho di cui condivide la filosofia. Nei fatti si allontana dal mondo della
musica e per parecchi anni di Davey Graham non se ne sa più nulla.
Graham ricompare alla fine dei seventies, nel 1976, con la registrazione di un
nuovo lp: "All That Moody" per la Eron Enterprises, disco decisamente orientato
verso la world music e nel quale Graham è coadiuvato dal bassista Roger Bunn e
dal percussionista Keshav Sathe.
Negli anni 80 effettua altre sporadiche incisioni per la label Kicking Mule, in
cui suona anche altri strumenti a corda come il sarod e il bouzouki (avvalendosi
della produzione di Stefan Grossman), ed alcune antologie con brani tratti dai
suoi primi lavori.
Negli anni 90 va a vivere in Scozia dove insegna la
chitarra, svolge una sporadica attività concertistica ed incide l’album "Playing
in the Traffic" (Crack Probe) nel 1993. Nel ‘97 pubblica il cd "After Hours", un
live registrato alla Hull University nel febbraio 1967, con un repertorio che
passa tranquillamente da Muddy Waters a Johan Sebastian Bach, dal raga indiano a
Carl Perkins e Big Bill Broonzy: una performance brillante ed eclettica come
poche.
Nel 2005 la BBC gli dedica il documentario "Whatever Happened to Davey Graham" e,
lo stesso Gaham,
partecipa anche alla serie TV "Folk Britannia".
Davey Graham scompare, dopo breve malattia, nel dicembre del 2008. E’ stato un
grande musicista, un uomo colto e intelligente, un viaggiatore curioso e
appassionato dalle tradizioni folkroriche dei popoli che ha incontrato; uno
studioso del blues come di altre mille generi musicali; un innamorato dello
strumento che suonava; uno che ha saputo coniugare il feeling e la tecnica
strumentale e che ha anche influenzato molti musicisti degli anni 60 e 70.
Bisognerebbe chiedere a Jimmy Page da dove trasse l’idea per il celebre raga
rock "Black Mountain Side", suo cavallo di battaglia dal vivo con i Led Zeppelin…
I suoi lavori principali sono stati ristampati in cd, rimasterizzati e
ripubblicati con vari inediti e rarità per i collezionisti; è del 2009 il doppio
CD antologico "A Scholar And A Gentleman" che propone il meglio delle
registrazioni effettuate tra il 1963 ed il 1970. Una buona occasione per
conoscere o riascoltare un musicista come Davey Graham che può fare da efficace
disintossicante per chi ha ormai le orecchie sature delle schifezze musicali che
ci vengono propinate quotidianamente da radio e tv nell'ipertecnologico quanto
miagolante XXI secolo.
Se qualche chitarrista coraggioso, dopo aver letto questo articolo,
volesse cimentarsi con "Anji", proponiamo la partitura del
brano. Buon lavoro!!!
Anji
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