COOPER TERRY (Vearl Cooper Jr. 1949 - 1993)
di Amedeo Zittano
Cooper Terry ha vissuto gran parte
della propria esistenza in Italia diventando un riferimento per i musicisti
italiani sia per aver conosciuto il Blues Americano in “prima persona”, sia per
essersi evoluti con lui; a me personalmente piace pensare che con Cooper sia
stato il Blues a "scegliere" l'Italia e non viceversa, come di solito accade.
Nasce a San Antonio nel Texsas ma vive a San Fancisco dove la sua numerosa
famiglia si trasferisce. Il Blues in quegli anni non era molto di moda per i
neri “moderni”, anche se di lì a poco sarebbe esplosa la Blues Revue, ma era
considerato per qualcuno addirittura fastidioso perché ricordava loro il triste
e maledetto passato di schiavitù. Grazie ai nonni, il piccolo Vearl acquisisce
le radici culturali e musicali del Blues. Cooper è un ragazzo volenteroso,
studia e diventa grafico pubblicitario, senza però trascurare il suo Blues,
infatti l'appellativo "Terry" lo acquisisce per essere stato, all’età di circa
sedici anni, allievo dell’allora cinquantenne Sonny Terry, suo mentore musicale
e spirituale. In quegli anni conosce anche John Lee Hooker; ma poco si sa di
quel periodo, fondamentale per la sua vita, a causa della sua proverbiale
riservatezza.
All'età di vent'anni si sposa ed ha una figlia; qualche mese dopo, nel 1970 la
crisi del Vietnam diventa guerra sconvolgendo tutti gli States e il mondo
intero. Arriva dunque il momento per tutti gli americani di assumere una
posizione politica e sociale nei confronti di una guerra così lontana eppur così
assurdamente vicina. Cooper, che è un pacifista per eccellenza, decide di
lasciare la famiglia, gli amici e tutto ciò che possiede, per non combattere una
guerra in cui non crede. In quello stesso anno parte dunque per l'Europa, da
solo Afflitto dal dolore e senza una meta ben precisa, intraprende un lungo
viaggio, guidato solo dal primordiale desiderio di riscoprire le proprie radici
Africane. Arriva in Europa e per qualche mese gira vari paesi quali Francia,
Germania, Svizzera, Austria, Belgio, Afganistan. Arrivato in Italia decide di
stabilrsi definitivamente.
Il motivo per cui, nel 1972, Cooper interrompe il suo viaggio per l’Africa è
sicuramente da ricercare nei forti legami umani che instaura con persone come
Lillo Rogati, il suo "fratello italiano" (per la famiglia Rogati Cooper era come
un figlio), Aida Castagnoli, con cui addirittura si sposa, il sedicenne Franco
Limido e suo fratello maggiore Marco (Franco fu praticamente cresciuto a pane e
blues da Cooper un po’ come fece Terry anni prima ndr), Fabio Treves, Graziano
Tedeschi, Lucio Terzani, Marino Grandi e altri personaggi allora poco noti come
lo è il Blues in Italia del resto. Infatti, quando Cooper approda in Italia gli
unici a suonare blues sono, come egli stesso affettuosamente afferma: “un pugno
di giovani appassionati di Blues”.
Trova ospitalità per qualche mese in un Locale (che in seguito diventerà il noto
Capolinea), per trasferirsi poi in una cascina chiamata “Apterix Club”. Solo
qualche anno dopo si trasferisce sulle rive del Naviglio Grande, in Vicolo
Lavandai, da cui il famoso appellativo "El negher dei navili”. Quel posto è
frequentato da amanti del Blues, tra cui il batterista Graziano Tedeschi ed il
chitarrista Lucio Terzani, con i quali, nello stesso anno, incide in acustico
“What I Think About America” (1972 - Carosello ITA).
Intorno a Cooper nasce un movimento culturale, una sorta di fusione tra il Blues
Americano ed il neonato Blues Italiano. Oltre a Cooper, Lillo e Graziano, una
moltitudine di musicisti cominciano a farne parte: Gianni Giudici, organo
Hammond, Riccardo Nieri, chitarra, e Larry Nocella, sassofono. Durante quegli
anni Cooper lavora anche in duo con Fabio Treves e come solista. Nel 1974 incide
“Soul Food Blues” (Bellaphone GER).
Nonostante i luoghi comuni per cui un uomo nero è solo un "vù cumprà" (per usare
un termine più recente), Cooper si adatta quasi subito a Milano imparandone in
modo sorprendentemente veloce anche il dialetto. Ormai famoso è l'aneddoto
ricordato da Fabio Treves: "Esco da un negozio di dischi e mi accorgo, una volta
estratta la sigaretta, di non avere da accendere, gentilmente fermo un signore e
gli chiedo fuoco, questo con fare villano mi dà un’occhiata e mi dice: uè ti!
con tutti gli accendini che vendi almeno uno te lo potevi tenere no? avete
capito? Io, Cooper Terry, che vengo scambiato per un vù cumprà, ma vada via il
cu....", così, tra un Blues e l’altro, ama divertirsi sul palco raccontando
storie di questo genere e barzellette sui negri. Quando le serate giungono al
termine
il pubblico torna casa entusiasta di aver vissuto l’incredibile
esperienza di ascoltarlo. Cooper è anche un abile Don Giovanni, amante di tutte
le donne, e proprio da una di queste ha un figlio. Nel 1975, Cooper forma con
Marco Fantoni (insieme a Lillo, Graziano e Sergio Faretto, pianoforte elettrico)
la “BLUE PHANTOM BAND”. Nel 1980, Cooper registra “Sunny Funny Blues” (Divergo
ITA) che insieme, ai precedenti, forma un trittico di rari capolavori unplugged
di Tradizional Blues (oggi praticamente introvabili). Nello stesso anno conosce
Aida Castagnoli, cantane e corista di cantautori come Mia Martini, Loredana
Bertè e Zucchero; i due si innamorano e si sposano in breve tempo. Aida prende
il cognome Cooper cominciando ad esprimersi come solista insieme al marito e
diventando, per la cronaca, "The Queen of the Blues". Nel 1982 incidono “Aida
and Cooper Terry Revue, Feeling Good” (I.R.D. Appaloosa AP032); è anche l’anno in
cui Aida e Cooper si lasciano, rimanendo però amici e sposati.
Nel 1983, Cooper è coinvolto, insieme ad altre persone (bianche e importanti),
in una brutta storia di cocaina. Pur dichiarandosi estraneo ai fatti, non è in
grado di dimostrarlo ed è l’unico condannato a cinque anni di carcere (di cui
gli ultimi due agli arresti domiciliari per buona condotta). Ma la vera tragedia
si manifesta quando, in carcere, scopre di aver contratto l’AIDS pochi mesi
prima: decide di non dirlo a nessuno. Ovviamente Cooper non è mai abbandonato
dagli amici che, ignari di tutto, gli scrivono, gli fanno visite e addirittura
organizzano un gran concerto per i detenuti della Casa Circondariale di Brescia,
in cui Aida, Mia Martini, la Blue Phantom Band, Treves, Robi Zonca, e ovviamente
Cooper Terry, si esibiscono. Per la BPB è uno degli ultimi spettacoli prima
dello scioglimento.
Quando nell’89 Cooper finisce di scontare la pena, tutti sono molto felici,
anche se i suoi occhi tradiscono già una vaga e rassegnata tristezza. Nel
frattempo Marco Limido, il batterista Davide Ravioli, Lillo, e Manfredi
Trugenberg alle tastiere, formavano la “Nite Life”; Nello stesso anno Cooper,
Aida and The Nite Life partecipano con grande successo al San Remo Blues
festival ma nonostante gli sforzi, Cooper entra in una profonda depressione.
Ricorda Lillo sulla biografia di Terry presente sul suo sito: “Cooper in quel
momento pensava, vista la sua situazione di salute e psicologica, di non aver
più nulla da dire”. Cooper si sbaglia, e glielo dimostrano gli amici della band
stimolandolo a incidere un nuovo disco: “Stormy Desert” (SAAR Blues & Rock
Connection C.D. 17501, 1991). Tutti i brani sono scritti da Cooper e le musiche
arrangiate dalla Nite Life. Questo lavoro discografico rappresenta per Cooper
una concreta reazione alla vita donandogli nuove energie. Anche la ricerca
scientifica sul virus HIV gli regala qualche speranza in più.
Stormy Desert viene molto apprezzato dalla critica. Nell’anno successivo suonano
tantissimo e dovunque (radio, TV, manifestazioni); nel 1992 due grandi
produzioni, “Red & Black” in duo live con Fabio Treves (Red & Black ITA) e
“Tribute To The Blues, loong time gone” con la Nite Life (Blues Encore ITA), due
capolavori interamente acustici.
Nell’estate dello stesso anno sono invitati ad esibirsi da opening act per B.B.
King al Festival Blues di Salerno ma, poco prima del concerto, accade un
terribile imprevisto: vista la nuova Legge Martelli che prevede l’espulsione dal
nostro Paese degli extracomunitari con precedenti penali legati alla droga,
l’allora scrupoloso Prefetto di Salerno decide di far prelevare Cooper dai
Carabinieri disponendone l’immediato rimpatrio per il mattino seguente
dall’aeroporto di Napoli…
Dopo ventitre anni, bastano poche ore per scaraventare Cooper indietro nel suo Paese natale ormai come uno straniero, come quando partì
la prima volta ma vent’anni più vecchio e con gravi problemi di salute. La band,
anche se sconvolta, non può immaginare quello che sta accadendo e riescono a
mantenne l’impegno grazie anche ad Andy J. Forest con il quale salvano la serata.
Immaginate lo shock degli amici quando il mattino seguente la scorta accompagna Cooper in albergo a prendere la sua roba. Dice loro solo una frase: “Mi mandano
via…”.
Tornato a San Francisco va a vivere con la madre (il padre era venuto a mancare
poco tempo prima) ma nonostante ritrova gli affetti famigliari si sente un
disadattato, solo e malato. Smette di suonare ed il telefono rimane l’unico
mezzo di comunicazione con gli amici italiani. Il 17 dicembre del 1993, Cooper
Terry varca per sempre le porte del cielo.
Tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo hanno un
ricordo più che vivo, come se Cooper avesse seminato in Italia lasciando a noi
l’onore di coltivare la pianta con amore e dedizione. Cooper diceva sempre “la
Vita, come il Blues, non è solo dolore e disperazione, ma anche gioia, amore,
sesso, allegria e voglia di vivere…”, una grande scuola a domicilio per lo
Spaghetti Blues. Nel 2002 grazie alla collaborazione di Lillo Rogati, Marco
Limido e del discografico Romano Grossi, viene pubblicata un’antologia di brani
presi dagli ultimi due lavori fatti con la Nite Life, “Stormy Desert” e “Tribute
to the Blues”, dal titolo “Take a ride with Cooper T.” (Blue Flame BFBL 006). A
ricordare Cooper Terry ci ha pensato anche Tiziano Felici che ha organizzato nel
2005 una rassegna a lui dedicata nel contesto della 7^ edizione del “Maxell
Street - Imola in Musica” dove ovviamente hanno partecipano Aida and The Nite
Life.
Lillo Rogati, musicista:
Le cose che mi ricordo di Cooper sono talmente tante che a volte le scordo,
voglio però raccontartene alcune che mi sono rimaste particolarmente impresse...
Ricordo la sua disperazione quando durante un concerto vicino a Rho (Milano),
avendo saputo che un suo caro amico, Ad Aprile, era morto di AIDS, tra l'altro
noi ancora non sapevamo che anche lui era già malato, ha fatto una serata
tristissima facendoci suonare moltissimi lenti. Nessuno di noi, né il pubblico
che conosceva la sua grande energia ed allegria, riusciva a capire il perchè del
suo stato d'animo, che però come ogni grande artista trasmetteva con la sua
musica. Ma ricordo anche il suo grande spirito, durante i concerti raccontava
spesso aneddoti divertenti o barzellette, spesso sui negri, lui che era Nero.
Una sera al Big Mama a Roma raccontò quella del negro disperso nel deserto che
trovata la lampada di Aladino chiede al genio i classici tre desideri, e dice:
"voglio avere tanta acqua, diventare bianco, e vedere tanta figa". Detto fatto
il genio lo trasformò immediatamente in un bidè. Immagina la gente sentire da
lui una barzelletta di questo genere, nessuno riusciva più a smettere di ridere.
Per non parlare poi delle intere nottate passate a giocare a briscola a chiamata
(cinque chiama due), oppure a Risiko, spesso anche con Aida la quale non amava
assolutamente perdere; le festività passate a casa mia con gli amici e la mia
famiglia, i viaggi nel furgone per arrivare ai luoghi dei concerti, dove si
dicevano un sacco di pirlate e continuare a ridere; insomma, da non credere, ci
divertivamo moltissimo con poco, come penso capiti un po’ a tutti.
Per finire ricordo la sera che l'Italia vinse i campionati mondiali di calcio
nel 1982, eravamo a Mantova d'avanti al castello, da premettere che Cooper era
un grande tifoso di calcio ed in particolar modo del Milan come me, comunque
tornando a quella sera fin quando non finì la partita eravamo noi soli con
quelli della festa che vedevamo la partita per televisione, in uno stand, non sto
a dire la tensione, sia per la partita che per il fatto che non ci fosse
nessuno.
Alla fine quando l'Italia vinse, arrivarono alla festa migliaia di persone e noi
suonammo con tutta la felicità e l'energia che avevamo in corpo. Fu una serata
bellissima e indimenticabile sia per noi che per tutta la gente che era
presente.
Le cose che potrei scrivere sono veramente moltissime, ma in questo caso ho
preferito raccontare quelle più personali, anche perchè il Cooper pubblico più o
meno lo conoscevano in tanti.
Marco Limido, musicista:
Scrivere dei ricordi su Cooper Terry per me è una cosa entusiasmante, in quanto
io ho sempre l’impressione che sia ancora vivo.
Ricordo molto bene la mia soggezione nei sui confronti il primo giorno che Lillo
lo portò a casa mia, dove si facevano le prove della band, per fargli tornare la
voglia di suonare che aveva perduto all’epoca. Con gran piacere di tutti i
membri della “Nite Life” gli tornò subito dopo aver cantato con noi “Caldonia”!
La cosa un po’ strana, che a me piaceva tantissimo, è il fatto che abbiamo avuto
un rapporto umano come se ci conoscessimo da sempre, tanto vero che spesso
Cooper voleva parlare con me di fatti e persone appartenenti alle compagnie che
frequentava almeno 10 anni prima del nostro incontro, convinto che io mi
ricordassi (ero troppo giovane!!!).
Un giorno gli chiesi perché questo gli succedeva così spesso e lui, dopo averci
pensato per un po’, mi rispose che io suonavo veramente bene il blues e mi
considerava come un vecchio blues che lui conosceva da molto tempo.
Tale risposta mi sbloccò definitivamente nei suoi confronti riempiendomi di
sicurezza ed orgoglio.
Ricordo che parlava molto spesso di donne in generale con aneddoti e argomenti
“piccanti”, però parlando di Aida aveva sempre un grandissimo rispetto.
Scherzava in continuazione e ricordo che una delle sua battute preferite era
sulle persone dedite all’abbronzature alle quale era solito dire: “hey... guardate
che tanto dopo ritornate bianchi!”.
Franco Limido, musicista:
Avevo più o meno 6 anni quando vidi Cooper Terry per la prima volta.
I miei genitori mi portarono con loro al cinema teatro di Busto Garolfo (MI) a
vedere la FACHMAN BLUES BAND di mio fratello Marco. Cooper suonò in duo con
Fabio Treves prima di loro. Mi risultò subito simpaticissimo e mi ricordo che
creò un’atmosfera molto rilassata e divertente, poi io sprofondai nel sonno
prima che Marco e band salissero sul palco (ero un bimbo sai!!).
Esattamente dieci anni dopo, sempre con la mia famiglia, andai al Capolinea di
Milano per la presentazione del CD “Stromy Desert Blues” e proprio durante
quello show Cooper (e il BLUES attraverso di lui) mi stregò definitivamente.
Il giorno seguente iniziai ad imparare a suonare l’armonica e da li la mia vita
prese definitivamente la strada del blues.
Anche mia madre Vittoria, che lui chiamava sempre “Mamasita”, ci si affezionò
subito e spesso si organizzavano cene divertenti a casa nostra quando Cooper e
band dovevano fare le prove.
Proprio in quelle occasioni presi lezioni di armonica da lui prima di cenare.
Non perdevo mai l’occasione di seguirli nei loro concerti in zona (quando non
erano in tour per l’Italia) e c’ero anch’io durante le registrazioni del secondo
CD “Tribute To The Blues Long Time Gone”.
Una sera Marco ed io andammo a prenderlo a casa sua e ci avviammo verso lo
studio di registrazione e parlando, parlando, e riparlando di blues gli venne
l’idea di registrare quella versione molto particolare di “Crossroads” di Robert
Johnson presente sul CD.
Ero accovacciato dietro di lui mentre la registravano (proprio dentro la sala
d’incisione intendo) e che magia ragazzi!!!
Lo vidi per l’ultima volta a Pregnanza Milanese (MI) a quel concerto di cui
scrive Lillo nel suo ricordo sopra. Mi accompagnò un mio caro amico che rimase
folgorato da Cooper e quindi volle assolutamente parlargli dopo lo show.
In quell’occasione Cooper mi prese sottobraccio e disse al mio amico : “vedi lui
adesso prende la mia eredità di bluesman”.
Tiziano Felici, promoter:
Ricordare Cooper mi porta indietro nel tempo e quando ancora in Riviera si
potevano proporre serate alternative dedicate al Blues, il ricordo più bello che
ho è stato una doppia serata che gli avevo organizzato a Rimini. Lo portai in
prima serata in un club a Viserba un po’ scalcinato chiamato ”Honky Tonk” dove,
con molta serenità si presentò sul palco, richiamando attorno a sé l’attenzione
dei presenti con grande simpatia. Finimmo in tarda serata con un altro set nel
Privé del Paradiso club a Rimini alta,un famoso locale gestito da un grande
personaggio quale era Gianni Fabbri, che mi aveva incaricato di programmare
questo spazio. Iniziò il suo intervento al dobro con un brano standard come
“Summertine” e anche qui come in precedenza si accattivò il pubblico con buona
dimestichezza e con una professionalità oggi molto rara. Aveva una grande dote
quella di capire le situazioni che gli capitavano davanti e a secondo del
contesto articolava la sua performance.
Conservo molto gelosamente un mio ritratto che il buon Cooper mi ha disegnato
nel marzo del ‘90 in una tovaglia di carta di un ristorante dopo un concerto.
Nel giugno di quest’anno gli amici di Imola di “Blooze People” mi hanno chiamato
a presentare una bella serata in suo onore. Un omaggio pensato e voluto da
Ermanno Costa e dedicato a questo carismatico artista che ha caratterizzato e
impreziosito la scena musicale milanese negli anni 70/80. Penso che sono molti i
musicisti che gli devono qualcosa,per consigli e/o suggerimenti e per il suo
stile di vita di uomo libero. E questo mio pensiero mi è stato confermato anche
dietro le quinte, chiacchierando con sue vecchie conoscenze come Gianni Giudici
e Riccardo Zappa Ha anche il grande merito di avere promosso e divulgato il
Blues in Italia con grande amore, competenza e passione.
Robi Zonca, musicista:
Gli ho voluto molto bene, abbiamo avuto in un periodo, gli stessi problemi, per
cui quando lui era in carcere a Brescia per una storia di cocaina nella quale
era coinvolto anche il regista Strelher (che in galera non ci è andato), quando
mi hanno chiesto se andavo a suonare ovviamente ci sono andato. C'era Aida , Mia
Martini, Marco Fantoni… Appena arrivati, mentre montavamo gli strumenti, Cooper
si è chiuso in camerino con Aida (era un po' che non facevano l'amore...)
ricordo il direttore del carcere che ha chiuso un occhio e alle guardie che
volevano intervenire, la cosa non era certo regolare, ha fatto cenno di lasciar
fare sorridendo, come noi tutti del resto ed alla fine anche le guardie. Poi
abbiamo suonato e Cooper era fra il pubblico, a un certo punto Aida lo chiama
sul palco e lui è salito ballando ed, arrivato in scena, ha continuato a ballare
con Aida, si davano colpi di bacino. Il pubblico di carcerati era in visibilio e
chiamava Cooper a gran voce. E' stato uno di quei momenti dove senti davvero
cosa cazzo è il Blues!!!.
Oppure ricordo una volta che eravamo a Milano con la band di Andy J. Forest lo
ha chiamato sul palco ed abbiamo fatto un pezzo che prevedeva una parte dove
suonavamo pianissimo e ci abbassavamo sempre più fino a sdraiarci per terra
continuando a suonare. Cooper era in fianco a me, era gia malato e consapevole
di morire....., mentre eravamo sdraiati ci siamo guardati dritti negli occhi
sorridendo e Cooper mi ha detto qualcosa come "see you man" col tono ed ecco lo
sguardo dell'addio. Ed infatti di li a poco ci ha lasciato.
Quello sguardo me lo sono sempre portato nel cuore.
Andrea Scagliarini, musicista:
Ho incontrato una sola volta Cooper Terry. Siamo
a Torino nell'inverno del 1979, in un un cinema di periferia. Grazie ad alcune mie amiche che lo conoscevano
molto bene, fui introdotto nel back stage poco prima del suo concerto. Dopo le presentazioni di rito, mi invitò a
suonare l'armonica con lui nella seconda parte dello spettacolo.
Durante il concerto suonammo alcuni brani come Mean Old World o
Blues With The Feeling in omaggio a Little Walter. Ho il ricordo di una persona timida e riservata,
un bluesman che suonava da solo il dobro e cantava con grande naturalezza.
Possedeva un dobro con grandi ammaccature.
Scherzando, ci raccontò che lo aveva ridotto così in una rissa. Alcuni anni dopo, Lillo Rogati mi confermò che
non era stata affatto una battuta.
Ricordo anche che cantò un suo brano intitolato
When I'm going to Torino, composto per l'occasione. In esso Cooper
Terry alludeva, senza nominarli, ad alcuni fatti drammatici che si erano da poco
verificati in città ovvero una serie di attentati compiuti dalle Brigate
Rosse. Non ricordo esattamente le parole del testo in
inglese, ma ricordo che si domandava che bisogno ci fosse, a Torino, di
spararsi continuamente.
Questo è quello che ricordo di una serata in
compagnia di Cooper Terry.
Maurizio "Godzilla" di Viareggio:
Nel lontano 1979 andai con amici a Sarzana per assistere ad un concerto "
di blues ". A quei tempi si andava senza tante storie anche solo per passare
una serata, magari, come in questo caso, senza sapere chi fosse il
musicista... io collaboravo ad una fanzine e avevo una trasmissione in una
radio libera (ve le ricordate?), e così andai ad intervistare la "star" prima
dell' esibizione.
Dopo alcune domande di routine chiesi a Cooper: " ma perchè hai scelto di
suonare il blues?"... lui sorrise e non rispose ma, dopo un brano o due
eseguiti da solista, dal palco disse: "qualcuno mi ha chiesto perchè suono il
blues... beh, amico io mi faccio i cazzi miei!".
Potete immaginare che io ci rimasi molto male, ma dopo poco compresi che razza
di domanda idiota avessi fatto... la risposta era giusta!!!
Voglio solo ricordare un grandissimo (e per me del tutto sconosciuto) Marco
Fantoni, una versione di PEOPLE GET READY che ho ancora addosso dopo tanti
anni...
Discografia
1972 - What I Think About America (Carosello ITA)
1974 - Soul Food Blues (Bellaphone GER)
1980 - Sunny Funny Blues (Divergo ITA)
1983 - Aida And Cooper Terry Revue - Feelin’Good (Appaloosa ITA)
1991 - Cooper Terry And The Nite Life - Stormy Desert Blues (B&R Connection ITA)
1992 - Cooper Terry e Fabio Treves - Red & Black (Red & Black ITA)
1992 - Cooper Terry And The Nite Life - Tribute To Yhe Blues (Blues Encore ITA)
Chiunque abbia conosciuto
Cooper Terry e volesse offrirci la propria testimonianza sul bluesman di San
Antonio, sarà ben accolto e fornirà un prezioso, ulteriore tassello per
ricostruirne la vita e la personalità.
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