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Francesca De Fazi   a cura di Giò Vescovi

Francesca De Fazi si è guadagnata l'appellativo di blueswoman italiana per eccellenza grazie ad anni trascorsi on the road lungo tutto lo stivale, isole comprese, tanto sui palcoscenici importanti dei festivals quanto in clubs grandi e piccoli. Nata artisticamente al Big Mama di Roma, ha avvicinato tantissimi artisti, italiani e non, costruendosi un bagaglio d'esperienze assolutamente invidiabile.
Nel suo peregrinare, trova spesso il tempo per chiudersi in sala d'incisione e realizzare degli album; al momento la sua discografia ne conta ben cinque. Grande appassionata di Janis Joplin, Francesca ha dedicato buona parte dei suoi esordi alla cantante californiana incidendo il CD "Janis Joplin Lives On" (2000) e condividendone l'imput artistico, come lei stessa scrive: "Ho scelto di interpretare Janis Jolpin perché la sua musica e la sua interpretazione mi aiutano ad essere diretta ed arrivare fino in fondo". Nel tempo, ha ampliato i suoi interessi verso un Blues di marca più roots.
Chitarrista e cantante di ottimo livello, Francesca De Fazi si esibisce sia con formazioni acustiche e ridotte (duo o trio) che con formazioni elettriche più numerose.
L'ha avvicinata per noi Giò Vescovi durante il festival Melizzano In blues 2008 al quale hanno entrambi partecipato.
   

Intervista 

SB: Sei indubbiamente tra le più note in Italia. Puoi brevemente raccontare la tua carriera a quei pochi che ancora non ti conoscono?

FDF: La mia adolescenza è decisamente londinese, un grande amore per il rock inglese, soprattutto i Beatles, ma poi mi accorgo che l’inghilterra è molto chiusa, ti parlo di 16 anni fa, allora mi trasferisco in California e mi accorgo che lo shuffle e il rhythm and blues sono quanto di più naturale e affine alla mia natura di musicista possa esserci: le session ad Harvelle’s a Santa Monica con Larry Johnson (luesman ormai passato a miglior vita) l’amicizia di Scott Henderson, sono i nomi che mi vengono subito in mente ai quali associo le mie svolte iniziali. Tornata in Italia firmo alcuni contratti discografici che non sfociano in niente. Iniziano i miei ingaggi in alla Rai e Mediaset, suonando nelle orchestre femminili, poi finalmente riprendo contatti con i miei amici al Big Mama e metto insieme la band che mi da una svolta decisiva a livello di concerti. Soprattutto Lucky Gargiulo - piano e organo, Tony Santirocco - batteria, Mick Brill - basso (che conosco tramite l’amicizia con Alex Britti e Roberto Ciotti ). Ancora oggi suonano con me, anche se nel frattempo ci sono stati molti cambiamenti. Con loro registro Blues Dues (con Marco Bonini al basso), il nostro miglior cd che ancora vende. C’è un tentativo di blues in italiano, con il mini cd “Fatto a mano”, con Tony Cerqua alla batteria. Anche Lousiana Red è stato un grande “consigliere” di blues per me; il brano Teaching While I Learn (Insegno mentre imparo) è dedicato a lui ed a tutti i maestri di vita che hanno sempre qualcosa da imparare… Poi collaboro con Francesco Apolloni, attore-regista. lavoro con lui alle musiche per un suo monologo teatrale alla Sala Umberto e al festival Giffoni. Quindi con Massimo Nunzi –trombettista-direttore d’orchestra-compositore… suono al Teatro Sistina e alla notte bianca 2005. Grazie a queste esperienze decido di imbarcarmi nel progetto solista “One Woman Band” e suono tantissimo in tutta Italia, anche affiancandomi ad altri bluesman e ad una miriade di musicisti... poi concepisco il progetto Blues 4tet, un cd live di blues acustico con il contrabbasso e l’ukulele, strumento che suono spesso e molto volentieri ormai, ma non è stato ancora stampato…

SB: Perché, secondo te, il blues è riuscito a diventare un vero linguaggio internazionale tanto che oggi ci sono eccellenti bluesmen in ogni parte del mondo?

FDF: Qui bisogna risalire ai campi di cotone, vorresti dire: come mai il blues è diventato quasi commerciale? perché è divertente da suonare, è apparentemente un genere facile, anche da ascoltare mentre si beve birra… niente di più semplice in un’epoca come la nostra così complicata!

SB: Sei stata tu a scegliere il blues o è stato lui a scegliere te?

FDF: … è come quando incontri un uomo che ti piace, la fiamma scatta reciprocamente oppure niente! O no?

SB: Quali sono gli artisti che più ti hanno influenzata e quali sono i cinque dischi di blues da portare su un’isola deserta, ovvero cinque cd fondamentali che consiglieresti a qualcuno che volesse avvicinarsi al blues?

FDF: … così pochi… solo 5? Per il blues: Robert Johnson tutto, Muddy Waters, Charlie Patton, B.B. King, Aretha Franklin, Koko Taylor, Memphis Minnie... c’è troppa roba, è un bel guaio! … e i miei dischi rivelazione: Stevie Ray Vaughan “Live Alive”, John Lee Hooker “The Healer”, Jimi Hendrix “Axis”, Janis Joplin “Pearl”, Albert Collins “Iceman”, Bonnie Raitt “Collection”, Katie Webster “Swamp Boogie Queen”.

SB: Di questa tua lunga, e per certi versi “avventurosa”, carriera cosa ti è rimasto fino ad oggi sia come donna che come musicista?

FDF: Dico sempre di essere una UOMA più che una donna. Senz’altro ho avuto più come musicista, anche se il manico di chitarra perfetto non l’ho ancora trovato…=))

SB: So che sarà difficile scegliere, ma quali sono stati fino ad ora gli episodi della tua carriera che consideri indimenticabili?

FDF: L’incontro con Paul McCartney! è un fatto di cronaca anche, è uscito sui giornali nel 2003, non c’entra molto con “il Blues” ma grazie a Dio la mia vita non è solo blues, nel senso stretto del termine!

SB: Raccontaci qualcosa dei tuoi compagni d’avventura che con te costituiscono l’ossatura della blues band.

FDF: Mmmm... Lucky Gargiulo, lo conosci? è un fenomeno, suona incredibilmente sia piano boogie che organo, è di Napoli, ha il sole dentro - dico io - e poi ha una confidenza con la tecnologia che gli invidio molto; Tony “il Sindaco” Santirocco, ha suonato con Noel Redding, stava con la blues band di Alex Britti , anche a Sanremo nel 2006 mi pare, ...anche Luciano stava con Britti, ma soprattutto è stato 10 anni con Ciotti. Anche di bassisti ne abbiamo cambiati una marea... da Mick Brill (Mal & the Primitives, Ciotti, Britti, Bobby Solo…) a Marco Bonini, figlio del bluester Maurizio, hendrixiano ma oggi anche djangoreinhardtiano (…); Marco oggi è un chitarrista jazz molto stimato. Poi Andrea Morelli, Luca Pisanu, Stefano Nunzi -contrabbasso, Sandro Chessa - batteria e, dulcis in fundo, Bianka, mia sorella. Ha un timbro vocale che ricorda Amy Whinehouse, è un vero personaggio, non mi somiglia per niente ma musicalmente abbiamo un buon feeling. Abbiamo un progetto insieme dedicato al nostro primo amore, i Beatles, e abbiamo inciso insieme un paio di pezzi agli Abbey Road Studios di Londra.

SB: Parlaci delle tue esperienze come autrice.

FDF: Scrivo sia in inglese che in italiano, ho vinto un premio con una mia canzone “Madre” e ho collaborato con altri interpreti, per sonorizzazioni. Ho un paio di pezzi sul telefilm "Rino" che è andato in onda quest’anno sulla Rai. Ho riscritto il testo per un pezzo dei Baetles, stà su You Tube; ho avuto i complimenti di Ringo Starr!

SB: C’è un episodio della tua carriera, magari poco conosciuto al grande pubblico, che è stato davvero importante per la tua vita di musicista?

FDF: questo episodio deve ancora accadere!

SB: Tu hai iniziato la carriera molti anni fa, come è cambiato il modo di fare blues dalle tue prime esperienze musicali ad oggi?

FDF: Sicuramente ci sono molti più musicisti che lo suonano e molto più tecnici, forse ce ne sono sempre meno con lo spirito giusto però, che hanno veramente qualcosa da dire

SB: Come vedi il futuro del Blues in Italia e quali sono i giovani musicisti che ritieni più interessanti?

FDF: Vale quello che ho risposto all’altra domanda, i giovani dovrebbero essere più attenti al linguaggio blues, e comunque il Blues non è un genere per giovani ma piuttosto per adulti  - direi -, cioè ci vuole una certa esperienza della vita per comunicare certe cose…

SB: Agli amici farebbe senz’altro piacere sapere quali tipi di strumenti suoni e il tipo di strumentazione che usi per amplificarli.

FDF: Sally, la Telecaster, la mia preferita; la Resocaster, Telecater resofonica fabbricata per me da Antonio Gargiulo di Gargiulo Guitar’s, fratello di Lucky, naturalmente; la Epiphone modello Casino, la Martin D28, la Dobro legno single cone spider, l’ukulele, il “dobrolele”, ukulele di alluminio della Johnson; fender bassman combo 100 watt; pedaliera: Vox wah, “The fuzz” overdrive artigianale, tube screamer Ibanez, the rotosphere Hughes&V., Boss digital delay, Boss tremolo, Boss loop station.

SB: Sei soddisfatta della tua carriera o c’è ancora qualcosa che ti manca?

FDF: mi manca il nuovo album! spero di farlo a Los Angeles entro l’anno, con alcuni ospiti illustri…

SB: Qual’è la domanda che nessuno nella tua lunga carriera ti ha mai fatto ma che avresti voluto ricevere?

FDF: Più che altro sono risposte che avrei voluto ricevere!

SB: Progetti per il futuro?

FDF: A questa ho già risposto: "Back to land of California!"

 

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