Paolo Ganz (a cura di Amedeo Zittano)
Ho
“virtualmente” conosciuto Paolo molti anni or sono
attraverso i suoi unici, e più che noti, metodi per armonica blues (i soli
esistenti all'epoca tempi in italiano). La “soffiata” dell’esistenza di tali
metodi me la diede Mariangela, la sorella del mio Amico Daniel Palmisano; Mariangela
era Amica e allieva d'armonica blues di Ganz ed aveva frequentato i suoi
seminari a Torino. Ricordo che da ragazzino io ed il mio amico Daniel mettevamo
da parte tutti i resti della spesa per raccogliere i soldi necessari per
acquistare i suoi metodi
iniziando così il nostro percorso didattico musicale in materia di Blues. L'aneddoto
è comune alla maggior parte delle nuove leve di armonicisti
italiani e dimostra che Paolo è stato uno dei primi maestri in assoluto
dello strumento.
Paolo nasce a Venezia nel 1957 ed è sensibile alla musica sin da piccolo,
forse proprio per via di quella Bravi Alpini trovata in regalo dentro una calza
della Befana o, forse, ascoltando la musica che “trapelava” dalle carbonare (ex
magazzini di carbone adibite a locali dove si faceva musica).
All’età di tredici
anni il brano di John Lennon “Love Me Do” fa scattare in Lui un chiaro e
istintivo interesse per l’armonica. Capisce che una Bravi Alpini
non è adatta al suo scopo (a meno che non avesse voluto suonare musica tirolese), così
comincia una lenta, progressiva e frustrante ricerca di armoniche. Nel frattempo la chitarra (strumento più popolare
e la cui
tecnica era più attingibile da innumerevoli fonti tecniche e culturali) diventa il
suo strumento anche se l’armonica continua ad urlare dal profondo
più negro del suo cuore.
Un giorno apprende dell’esistenza di un metodo per armonica:
“Blues Harp”, scritto da Tony ‘Little Sun’ Glover nel 1965. Inizia proprio qui
il vero
sodalizio tra Paolo e Mr. Blues, un vero e proprio percorso
didattico e culturale in cui, finalmente, l’armonica blues comincia ad assumere
una forma più definita.
A metà degli anni ’70, una caserma Friulana nella quale ha prestato servizio militare,
diventa il suo primo laboratorio di blues e con una Special 20 in D abbozza i
primi passi. In seguito, allestisce, in un capannone in disuso tra i docks del porto di Venezia, la
sua sala prove dove nascono le prime formazioni. I compagni di
ventura variano di continuo, chi per un motivo chi per l’altro, ma Paolo è
inarrestabile e accresce la sua popolarità: “Catfish” ormai è on the road.
Qualche anno dopo scommetterà il tutto per tutto incidendo il suo primo Demo
(o “nastrino”) di sei brani, distribuito in ogni dove. La coraggiosa impresa di Paolo (in barba agli scettici),
è
premiata. Il Demo arriva, per caso, nelle mani della Bèrben di
Ancona che gli chiede di realizzare un piccolo
metodo per Armonica che si rivelerà in seguito più grande e più completo del previsto.
Nell’86
viene pubblicato il primo di una serie di metodi italiani per armonica e chitarra
Blues! Un grande successo, un evento che ha condizionato e stimolato Paolo in
tutto il suo percorso artistico. Come egli stesso ha dichiarato: “Forse senza quella
proposta dell’Editore starei ancora baloccandomi con la mia Special 20…”. Il
successo dei metodi coinvolge il maestro Ganz in una serie di seminari in tutta
la penisola; per gli allievi residenti nelle città più lontane, escogita un
particolare sistema con dispense
di lezioni a distanza.
Il Suo primo disco risale ad un anno prima della pubblicazione del metodo e si
intitola "Blues Feeling". Nell’86 incide “City Records”; nell’87 "Blues'n'Blues";
nell’88 "Blowin' the Blues"; nel ’91 "Don't play me cheap";
in un decennio
di grande impegno. Oltre ad insegnare, Paolo “presta” la sua armonica a molti
artisti tra i quali R. Zappa, S. Zabeo, Groovers, Dharma, Orchestra Città di
Brescia ed altri. E' chiamato a registrare le colonne sonore
dei films di Francesco Nuti: "Caruso Pascosky", "Willy Signori", "Donne con le
Gonne", "Billy" e “Tutta colpa del Paradiso”. Partecipa anche a trasmissioni
televisive e radiofoniche come "D.O.C.", "Biglietto d'Ingresso", "Un Certo
Discorso", "Sanremo Blues" e Rai Stereonotte. Con la sua vecchia Renault
18 stracarica, Paolo calca praticamente i palchi di tutto il nord est e di gran
parte del resto d’Italia.
Tra gli amici a cui Paolo è profondamente legato ricordiamo il compianto
Guido Toffoletti (suo grande mentore) e il fedele chitarrista/bassista Alex
Pezzolla.
Incredibile a pensarsi ma, dopo aver suonato blues disperatamente per tutta una
vita, nel 1995 Paolo smette all’improvviso e senza rimpianti…
per la stanchezza di frequentare, in forma “coatta”, locali, critici e promoter;
deluso forse da un ambiente disattento e superficiale ma soprattutto per
rispetto verso il Blues e per se stesso, come se non riuscisse più ad esprimersi fino in fondo. Si dedica
quindi all’altra sua
passione, la montagna. Per qualche tempo va a vivere in un piccolo villaggio
ai bordi del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. intraprende un
percorso legato alla musica irlandese suonando mandolino e tenor banjo e
registrando anche un CD. Tutto sembra ormai superato, ma quando a metà dei
concerti impugna l’armonica per suonare un brano Blues, il
pubblico acclama di più che nel resto del repertorio, quasi a reclamare
il bluesman Ganz.
Dopo sette anni Alex Pezzolla incontra Paolo dal barbiere e con la stessa
strategia che i due adottavano in passato per convincere vecchi amici musicisti
a suonare con loro, rievoca il PapaLeg che c'è in Paolo riportando “Catfish” sulle vie
del Blues. Rispolverata la vecchia scatola di sigari contenente il suo set di
“Marine Band”, forma i Mrs.Sippy e registra nel 2003 "Staryje Doroghi" (che in
lingua polacca significa “Vecchie Strade”, in omaggio allo scrittore Primo Levi) partecipano alla nota manifestazione “Harmonicando”, festival
interamente dedicato all’armonica tornando, di fatto, sulla strada.
Intervista
SB:
“È il Blues a scegliere il musicista e non viceversa”, a fronte di quest’idea
popolare, quando e come il Blues ti ha scelto?
PG: Poteva essere il 1982; all’epoca mi interessavo di musica già da almeno
dieci anni. Avevo suonato principalmente il basso, negli anni settanta,
nell’ambito di svariati gruppi di Rock Progressivo, poi, verso il 1977 scoppiò
la passione per la musica acustica ed i cantautori, da Bob Dylan a Woodie
Guthrie il passo fu veramente molto breve…e con Guthrie suonavano Sonny Terry e
Brownie Mc Ghee. Così il Blues entrò nella mia vita. Ci rimuginai un po’ su,
poi, dopo essere stato trascinato in un gruppo New Wave, anche di discreto
successo, ad un certo punto la cosa esplose e abbandonai tutto…vendetti chitarre
elettriche, effetti, amplificatori, dischi dei gruppi che all’epoca andavano per
la maggiore ed ad i quali mi ispiravo e rimasi solo con una chitarra acustica ed
un’armonica. Da lì, con i pochi dischi di blues che ero riuscito a procurarmi, e
senza metodi o maestri, iniziai la mia strada. Tutte queste storie le ho
raccolte in “Opera Prima” un lungo racconto che parla proprio dei miei inizi con
il Blues.
SB: Considerando che sei stato tra i primi in Italia a promuovere l’armonica
Blues producendo, o partecipando, a decine di lavori discografici, editoriali e
cinematografici, sei diventato ormai un saldo punto di riferimento sia per gli
amanti del Blues che per i musicisti, in particolare le nuove leve di
armonicisti che hanno studiato i tuoi metodi didattici per armonica Blues (unici
metodi mai realizzati in Italia). Quali sono i tuoi progetti attuali e/o futuri
al fine di continuare la divulgazione didattica e culturale dell’armonica Blues?
PG: Il lavoro divulgativo sull’armonica è nato come una scommessa tra me e la
Bèrben, nel tentativo di colmare un vuoto nell’editoria didattica italiana circa
questo strumento. All’inizio non ci credevamo molto, né l’editore, né tantomeno
io; comunque lavorammo con impegno e i risultati furono sorprendenti: il primo
“Metodo per Armonica Blues” - che fu pubblicato nell’86 - vendette
millecinquecento copie in meno di un anno. Da questo lusinghiero risultato
capimmo che in Italia c’era ‘sete’ di armonica,…ed andammo avanti. Dopo questa
premessa - e venendo alla tua domanda - posso dirti che oggi il panorama è molto
diverso: c’è più comunicazione, prendi ad esempio internet, dove puoi trovare
praticamente tutto circa l’armonica, ci sono moltissimi armonicisti in giro e, a
ben vedere, tutto è più facile…Manca sicuramente un po’ di poesia, dal momento
che il fatto di avere tutto a portata di mano stimola di meno il cuore, la mente
e - soprattutto - la fantasia.
Da parte mia, continuo a lavorare sull’armonica ma, come ho sempre fatto, non
dimentico di essere un musicista in senso più ampio, e non semplicemente uno che
soffia in uno strumento. Ragiono in funzione della musica e del sound che
intendo ottenere. L’armonica non è importante in assoluto, non deve essere
sempre al centro, non deve stancare…ecco questo è quello che cerco di insegnare
ai miei allievi che tuttora mi seguono; questo è quello che suono nei miei
dischi. Progetti concreti, al momento, non ce ne sono…io sono disponibile - come
sempre - ad essere coinvolto il programmi e manifestazioni di ogni genere e sono
pronto ad accettare qualsiasi proposta seria e professionale.
SB: nel settembre 2002 sei tornato in Italia dopo un lungo viaggio in giro per
l’Europa; Quali sono state le motivazioni che ti hanno portato ad intraprendere
tale esperienza? Cosa ti ha più impressionato e contribuito ad arricchire il tuo
bagaglio culturale?
PG: Come ti dicevo, a mio avviso, l’immagine del Bluesman tutto di un pezzo,
scoppiatone e solamente istintivo va sfatata. È necessario che l’istintualità
che rende vivo il nostro amato strumento sia convogliata nei giusti canali, sia
modulata con la tecnica e stemperata dalla conoscenza, magari, di altri
strumenti, ed altri generi musicali, altre esperienze anche non prettamente
Blues. Attualmente, dopo aver lavorato come turnista - esperienza che mi ha
arricchito moltissimo - collaboro, ad esempio, addirittura con un coro di alto
livello: due soprano, due contralto due baritoni, due bassi, un attore, un
ballerino…ed un’armonica. Un progetto stimolantissimo che sta raccogliendo
consensi in ambienti, diciamo ‘colti’, in cui uno strumento ad ance non era
proprio mai entrato. Proprio in questa ottica, ad esempio, ho lavorato - dal 95
fino al 2002 - con diversi gruppi di musica popolare, prima come chitarrista,
poi come mandolinista e banjoista, scorazzando per l’Europa a destra ed a manca.
Viaggi e concerti in Francia, Svizzera, Olanda, Germania, Austria, Irlanda e
Spagna mi hanno un po’ aperto la mente, soprattutto nei confronti del pubblico,
con il quale ci si può intendere a qualsiasi latitudine. Ricordo una tournee in
Spagna con la prestigiosa orchestra a plettro “Città di Brescia” nel ’99:…in
un‘enorme cattedrale, con tutti i musicisti ed il maestro schierati in smoking
davanti ad un pubblico attento e competente, in un incredibile intermezzo Blues
uscivo io vestito di quattro stracci ed iniziavo ad improvvisare sul loro
tappeto di mandolini, mandole e chitarre classiche…Il pubblico rimaneva
allibito, ma anche rapito dal suono dell’armonica…Ecco, c’è bisogno di un po’ di
coraggio per uscire dai nostri schemi mentali! Fare esperienze diverse aiuta
proprio ad ottenere questo risultato.
SB: e cosa puoi dirci di “Staryje Doroghi” (vecchie strade), la tua ultima
fatica?
PG: Da molto tempo volevo raccogliere su CD quanto avevo registrato nel corso
degli ultimi quindici anni per armonica sola o armonica e voce. Ho spesso
rimandato ritenendo la proposta troppo specifica…ora, dal momento che -
nonostante possa contare su una miriade di collaboratori, alla fine mi ritrovo
spiritualmente solo, ho pensato fosse il momento di farlo. Solo con le mie
armoniche davanti ad un microfono aperto in uno studio deserto…proprio come
nella foto di copertina.
Il titolo è un omaggio a Primo Levi, uno dei miei autori preferiti. Nel suo “La
Tregua” uno dei capitoli più belli e suggestivi si intitola “Vecchie Strade”,
traduzione italiana di “Staryje Doroghi”, un villaggio dove si soffermò durante
il suo viaggio a ritroso verso l’Italia dalla prigionia in un lager. Le vecchie
strade sono senza dubbio quelle del Blues, ma potrebbero essere anche quelle dei
nostri fratelli extracomunitari (simili ai Bluesmen, se vogliamo) o di chi, più
genericamente, è in giro, in cerca…Le registrazioni - tutte i diretta -
tracciano un arco di ben sei anni: alcuni brani sono stati pubblicati su miei
vecchi lavori (oramai introvabili), altre sono del tutto inedite.
I brani sono concepiti (a parte quelli in cui compare un qualche strumento di
accompagnamento) sull’uso dell’armonica a tutto tondo, ovvero - dal punto di
vista musicale - come se si potesse contare solo su di lei, come sarà accaduto a
molti musicisti di strada, anche lì dalle tue parti, oltre che nel Mississippi o
nella Louisiana. Solo armonica, allora, non per scelta, ma perché c’era ben poco
di altro. Di necessità virtù, insomma, in un minimalismo musicale - come viene
detto nelle note di copertina - dal quale sono personalmente ed intimamente
affascinato e fiero.
L’intento celato in questo CD è recuperare questo suono arcaico e farne uno
spettacolo in solitudine da offrire dove tutto ciò possa essere apprezzato.
SB: sappiamo che negli ultimi tempi stai considerando la possibilità di
realizzare un tuo libro di racconti. Ci anticiperesti il genere del libro e la
storia che ti ha spinto ad intraprendere tale progetto?
PG: Scrivere è sempre stata una mia grandissima passione. Ho iniziato
raccogliendo delle storie di Blues, naturalmente, cose accadute realmente,
aneddoti, ricordi, pensieri. Poi, un po’ come per il discorso che si faceva
prima sulla musica, ho ampliato la visione cominciando a raccontare di
personaggi femminili, conosciuti, romanzati o del tutto inventati. Così questo
lavoro - che stando ai miei tempi uscirà tra dieci anni - sarà una breve
raccolta di racconti legati, appunto, a caratteri di donne - ognuno portatore di
un particolare stato d’animo. Marisa, la dolcissima e timida quarantenne di
campagna che farà innamorare un uomo già sposato che la ricorderà, a modo suo,
per il resto della vita; la bellissima Ornella, spregiudicata ed impudica, che
troverà la sua tranquillità interiore solo dopo essere ingrassata trenta chili;
Anita, che nella Milano della fine anni settanta sfiora per un momento la
notorietà esibendosi come cantante nei centri sociali, prima di sprofondare di
nuovo nel suo modesto impiego alla cooperativa di un paesino di provincia
vivendo di ricordi, Valeria che non riesce ad amare fisicamente un uomo a causa
delle antiche paure che la perseguitano…
SB: cos’è per te il Blues?
PG: il Blues è sentimento, è la musica di un uomo che cammina da solo; è il
piccolo palco di un locale di provincia, dove sai che nessuno capirà le tue
parole; è l’urlo dello ‘Slide’, di Elmore James su quattro terzine di batteria;
è quell’armonica in Sib lasciata in pegno ad una donna, che da vent’anni rimandi
di andarti a riprenderti.
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