La Grange:
una delle realtà del blues campano
di Angelo Agrippa
La storia dei La
Grange Acoustic Country & Blues Band inizia nel novembre del 2006 da una
intuizione di Fabio Gagliardo adottato, musicalmente parlando, da un grande
armonicista amburghese di nome Claus Dierks. Brani che vanno da “Footprints” di
Wayne Shorter fino a” Manic Depression” di Jimi Hendrix, passando dal blues
classico di Chicago toccando latin jazz, fusion e funky, in uno spettacolo tutto
d’un fiato con sonorità molto particolari e dinamiche eccezionali…
Fabio “La Grange” Gagliardo chitarra e voce, al basso Luca Di Caprio, alla
batteria Fabio Rotondo che ha calcato i migliori palchi italiani con Tony
Monaco, Flavio Boltro e tanti altri…, special guest Emilio Silva Bedmar
sassofonista dal cuore Jazz e Alfredo “Edo” Notarloberti violinista, che con le
sue sonorità riesce a sposare a meraviglia la tradizione classica costruendo un
gustoso mosaico in bilico tra romanticismo neoclassico e atmosfere rock-blues
proprie dei La Grange.
Conosco tutti da molti anni, e Fabio Gagliardo in particolare per me è più che
un amico .
La Grange è una band dal grandissimo potenziale, divertente e coinvolgente ed in
grado di competere con famose bands internazionali dello stesso genere.
Nel 2007 mi capitò tra le mani una loro demo, ne rimasi entusiasta e subito
contattai la band dando loro l’opportunità di esibirsi per la prima volta in un
locale a Napoli dove curavo la direzione artistica: pochi brani mi bastarono per
intuirne le doti .
Ora, trascorsi molti anni, con una maggiore maturità ed esperienza alle spalle,
raggiunta attraverso partecipazioni a Festival e collaborazioni varie, sentiamo
cosa racconta il leader della band Fabio Gagliardo a Spaghetti & Blues.
Intervista
SB: Come è avvenuto il
tuo primo incontro con il blues e quali sono i tuoi riferimenti musicali in
generale e nel blues in particolare?
LG: Beh, la musica per me è stata sempre parte integrante di una mia giornata
tipo ed il mio rapporto con la buona musica forse è nato proprio ascoltando di
notte un walkman sintonizzato su Rai Stereo 2; era lì che all’epoca si ascoltava
buona musica e , non solo blues: Rolling Stones, Led Zeppelin, ZZ TOP, AC/DC,
Jethro Tull, Supertramp, Doors e Jimi Hendrix . Ma dagli anni 80 fino ad ora ho
continuato ad ascoltare i Cure, i Clash, Depeche Mode, Talk Talk, U2 stornandoli
di tanto in tanto con un buon Stevie Ray Vaughan, BB King, Albert King, Rory
Gallagher, etc…
SB: L'amato Blues... raccontaci come vivi la musica e se hai preferenza tra
blues acustico e blues elettrico.
LG: Il blues per me non è solo relegato alla musica; il blues per me è un vita,
un modo di essere, un modo per esprimere quello che sei attraverso una chitarra
e dire cose che magari con le parole non riusciresti a dire, aggredire o
accarezzare un’intera platea di ascoltatori accarezzando il loro animo senza
essere invadente . Non ho una predilezione per il blues elettrico o acustico,
diciamo che suono in momenti acustici o elettrici in base al periodo di vita che
attraverso.
La Grange comincia come progetto acustico, ma di quell’acustico oggi conserva
solo il mio inseparabile Edo Notarloberti al violino che sposa molto bene anche
la formazione attuale di La Grange che ha virato (al momento) su un sound
prettamente elettrico.
SB Quali gli autori principalmente amati?
LG: Il mio musicista di riferimento come lo è per molti chitarristi sicuramente
è Hendrix ma ho avuto molto dalla dolcezza di Knopfler; il rock e la psicadelia
dei Led Zeppelin, Cream, Doors; l’impatto degli AC/DC; il texas degli ZZ Top con
piccole venature anche più moderne che ho percepito da gruppi come i Talk Talk,
Cure, Clash; insomma gruppi che hanno poco a che vedere con il blues ma che
comunque hanno fatto ottima musica e che mi hanno comunque lasciato qualcosa.
Sono più propenso al blues moderno perché la qualità audio è migliore, gli
arrangiamenti più articolati e quindi più affascinanti da ascoltare ma
ovviamente senza denigrare chi ha dato origine al blues : R. Jhonson, Leadbelly,
Howlin Wolf etc etc. Infatti nel repertorio dei LA GRANGE ci sono molte canzoni
di questi autori , brani rivisti e riarrangiati.
SB: Il Blues, matrice di sofferenza e simbolo di libertà, che spezza le catene e
genera sentimenti comuni e li fa affiorare... Hai un testo, un classico, tuo
preferito che esprime il blues?
LG: Da sempre se chiudo gli occhi e penso al blues, se penso alle sue origini,
il brano che subito mi viene in mente è "Hard Time Killin' Floor" di Skip James:
descriverei il blues in una sola unica canzone che è questa.
SB: Molti musicisti chiedono... “You've got the Blues”. Come a dire, se sei
pervaso dalla magia del Blues, se hai il Blues nel sangue , questo genere
musicale quale significato particolare ha per te?
LG: Come ho già detto il blues per me non è solo musica, è tutta una giornata, è
da quando sei nato che se nasci blues lo sei e basta; non è l’abbigliamento, gli
stivali o il cappello; il blues è già come ti rivolgi, di buon ora, al barista
per chiedergli il primo caffè.
SB: LA GRANGE è un gruppo forte e coeso e l'ultima formazione è probabilmente la
migliore. Ci racconti qualcosa dei tuoi musicisti, quali i punti di forza, le
caratteristiche peculiari?
LG: La Grange non è un gruppo che suona nei locali , La Grange è una Famiglia e
lo è sempre stata.
A parte l’ottima qualità di ogni singolo musicista della band, noi abbiamo un
rapporto che và oltre la musica e che si chiama vera amicizia.
Tra noi si parla, si mangia , si beve, si esce insieme, ci si aiuta nei momenti
difficili, ma senza che questo sia una forzatura, ci si telefona se per qualche
giorno non ci si vede anche per chiedersi se tutto va ok… insomma sul palco c’è
il piacere di ritrovarsi tutti assieme e soprattutto il piacere di ascoltarsi
l’un l’altro quando si suona anche scambiandosi occhiatine di consenso durante
un concerto come per dire: “cavolo che bel groove”, oppure, alla fine di un bel
solo, un sorriso per dirsi “ fantastico”.
Suoniamo per noi in primis e chiaramente trasferiamo tutta la nostra energia
positiva attraverso le nostre note.
SB: Violino, sax, chitarra, basso, batteria: tutto essenziale. Ma quanto contano
il feeling e la passione nel costruire un bel concerto?
LG: Beh, qui entra in gioco il fattore di squadra, La Grange non è un gruppo che
fa capo ad un chitarrista, un violinista o un sassofonista, La Grange è un
meraviglioso gioco di squadra dove uno sente l’altro, dove i pezzi nascono
durante i live, sul palco, dove basso e batteria riescono ad interpretare alla
grande tutti gli altri strumenti della band.
SB: Ci sono artisti italiani o internazionali con cui ti piacerebbe collaborare
o con cui hai già progetti futuri? si ho collaborato con molti e sicuramente ne
incontrerò tanti altri nel mio cammino... Quale consiglio daresti
ai giovani musicisti che si avvicinano al blues, ascoltato e/o suonato?
LG: Se intraprendi la strada del blues e lo sei davvero non hai bisogno di
consigli, se qualcuno ha bisogno di consigli nel blues… non sarà mai… “blues”.
SB: Hai suonato in miriadi di luoghi e con tanti compagni di viaggio. Ci ricordi
un concerto per te indimenticabile ed un artista che, sul palco con te, ti ha
colpito in maniera particolare?
LG: Ogni mio concerto ha avuto ed avrà un suo perché. Come ho detto già prima,
ogni musicista con il quale suono sale sul palco per fare musica e quando fai
musica sicuramente quel concerto avrà un qualcosa di diverso da quello
precedente quindi ogni palco ti darà le proprie emozioni. Ricordando qualche bel
momento non posso che citare una jam con Nathaniel Peterson al Billy Bob’s dove
io e Fabio Rotondo (il batterista dei La Grange, ndr) ci ritrovammo al suo fianco
avvolti da un atmosfera mistica che solo Nathaniel poteva dare. Ecco queste sono
cose che fanno bene ed aiutano ad arricchire il proprio bagaglio culturale,
avere la fortuna di essere trasportato nelle dimensioni di un artista che del blues ne
ha fatto una vita, è una fortuna.
SB: Cosa ne pensi del panorama “live” nei locali italiani?
LG: Io ricordo quando si costruiva un palco e attorno ci si faceva un locale, il
gestore era un musicista e suonavano solo artisti veri. Oggi di questi locali ne
sono rimasti pochi ovvero solo quelli che c’erano all’epoca. I nuovi gestori
fanno musica per portare gente, i gestori di una volta fanno musica perché loro
stessi si vogliono concedere una serata di musica ed offrire ai clienti uno
spettacolo e non lo scimmiottamento della musica, di qualsiasi genere essa sia.
Io personalmente vado a sentire musica quando sul palco sale una band che fa
musica propria o anche cover ma che siano riarrangiate a modo proprio e non lo
scopiazzamento di capolavori della musica mondiale.
SB: Un consiglio per tutti coloro che vorrebbero promuovere e organizzare il
Blues in Italia? (In considerazione anche della recente esperienza del primo A
LIFE Blues Festival ideato e organizzato con l’Associazione Culturale
AngeliBlues ad ALIFE)
LG: Si può fare! serve solo tanto lavoro ed un po’ di conoscenza vera del blues.
SB: Ultima domanda. Cos’è il blues per te?
LG: l’ho già detto: Tutta una vita!
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