Michele Lotta
(a cura di Amedeo Zittano)
Nato
a Messina, classe 1956, Michele appartiene a quella categoria di artisti che
coltivano la propria passione musicale percorrendo più attività parallele;
infatti oltre che armonicista è
anche giornalista, conduttore radiofonico e fotografo. Ha accresciuto nel corso
degli anni una profonda conoscenza della cultura blues americana e non, tanto da
essere richiesto da testate giornalistiche specializzate come: Il Blues, Musica
Jazz, Blue Time, e riviste e quotidiani come: Panorama, La Repubblica, L'Unità,
Il Giornale di Sicilia, Gazzetta del Sud. Spesso viene invitato come critico e
giornalista in molteplici festival e rassegne, tra cui il Pistoia Blues Festival
(dal 1989 e per le successive sei edizioni) per la rivista Il Blues. La sua
raccolta fotografica Clickin' the Blues* è catalogata dal 1998 negli
archivi della Rock & Roll Hall Of Fame di Cleveland, Ohio, la massima
istituzione della storia musicale americana. Da oltre dieci anni lavora con
Joe Coco*, songwriter e chitarrista del New Jersey, realizzando e producendo
ben quattordici lavori discografici, tutti depositati presso l’americana BMI.
Nel 1993 fonda, con il chitarrista Nino Fazio, l’ormai mitica King Biscuit Time
blues band dando vita a due lavori discografici e partecipando ad una miriade di
festival, rassegne, manifestazioni benefiche, in tutto il territorio italiano ed
all’estero, condividendo il palco con
Michael Coleman, Nine Below Zero, Maurice John Vaughan, Fabio Treves, Climax
Blues Band, J.Monque’D, James Harman, Andy J. Forest, John Primer, Jimmy Johnson,
Sugar Blue, Popa Chubby, Sherman Robertson, Keb' Mo', Phil Guy, John Hammond…
Nel 2000 realizza il web magazine KBLF*, dedicato ovviamente al mondo del
Blues.
Per una serie di coincidenze, ci incontrammo per la prima volta nell’ottobre del
2002 allo Sly di Napoli dove con le Gocce di Blues, trio acustico di cui faccio
parte, aprimmo il loro concerto. Prima di allora per me i King Biscuit Time
erano semplicemente i “messinesi” e Michele era un perfetto estraneo di cui non
sapevo nulla, ma la cosa più strana fu che, fra tutti gli amici musicisti di
blues che negli anni ho conosciuto, Michele ha da subito assecondato (proprio
come si fa con i pazzi!) ogni mia idea, sviluppandola e adattandola alla realtà
dei fatti. Prima di lasciarci ricordo chiaramente il suo sguardo che sembrava
dirmi: “abbiamo gli stessi sogni fratellino!”… ed io lo guardavo come per dirgli
(un po’ alla Pozzetto in Ragazzo di Campagna): “ho interessanti prospettive per
il futuro… fratellone!”. Non avrei mai immaginato che insieme avremmo proposto
con successo ed in brevissimo tempo al popolo del blues italiano “Spaghetti &
Blues” che nacque poche settimane dopo, nel gennaio del 2003 (guarda caso,
proprio nell'anno del Blues).
Intervista
SB: “È il Blues a
scegliere il musicista e non viceversa”, a fronte di quest’idea popolare, quando
e come il Blues ti ha scelto?
ML: Se devo datare l'avvenimento senza, purtroppo, averne cognizione esatta,
direi che ho iniziato a svolgere con continuità le attività di giornalista e
fotografo, con particolare attenzione per il Blues ed il Jazz, intorno alla metà
degli anni ottanta. Dal 1975 al 2000 ho lavorato ininterrottamente alla radio ed
il Blues ha costituito l’oggetto di centinaia di programmi e interviste. Come
tutti quelli della mia generazione, sono stato svezzato a tempo di rock, prima
inglese e poi americano. La mia adolescenza è stata quindi segnata dalla musica
a stelle e strisce che, nella quasi generalità dei casi, ha origini nella musica
nera. Immagino quindi che il Blues si sia mischiato al mio DNA sin dai primi
ascolti ed abbia segnato i miei primi amori musicali. Non so se l'abbia fatto io
o sia stato lui a scegliermi, so che un giorno ci siamo incontrati e, da quel
momento, non ci siamo più lasciati: un'attrazione... fatale!
SB: L’Italiano è noto per essere forse il popolo più esterofilo d’occidente e,
nonostante le innumerevoli campagne propagandistiche che negli ultimi anni
rivalutano il made in Italy, nel mondo della musica esistono ancora molti
pregiudizi culturali. Credi si possa uscire da questa situazione? ma
soprattutto: uscirne, gioverebbe davvero allo Spaghetti Blues?
ML: Il Blues non è un prodotto “made in Italy”, anche se viene suonato in Italia
da musicisti italiani. E' la musica afro americana, in realtà, che costituisce
il riferimento per i nostri Blues, quindi anche noi siamo -ahimè!- esterofili
(anche se questo è uno dei pochi casi positivi dell'esserlo).
I pregiudizi ai quali fai riferimento sono determinati dall’aspetto poco
commerciale del Blues nel nostro paese. Ciò che non è “vendibile” è da sempre
destinato, tristemente, a rimare un fenomeno “cult”. E’ la passione di quelli
come te che serve davvero al movimento in Italia. Se si facesse di più e con la
maggiore consapevolezza di essere “professionisti”, quindi buoni conoscitori e
buoni interpreti (come tutti i musicisti dovrebbero essere), si otterrebbero
spazi sempre più dignitosi e numerosi.
SB: Avendo intervistato i personaggi più significativi del blues internazionale,
quali credi siano le differenze sostanziali tra la cultura blues americana con
quella europea e, in particolare, con la più “giovine” italiana?
ML: Sinceramente, tranne pochi casi, non conosco l’interesse che c’è attualmente
in Europa intorno al Blues. Sono al corrente di movimenti significativi in
Spagna, Svizzera, nel nord Europa e, naturalmente, in Gran Bretagna. In
generale, penso che la differenza culturale di cui parli stia nella stessa
differenza che esiste tra chi suona una musica che gli appartiene per tradizione
(tramandata spesso in ambito famigliare) e chi si accosta ad essa attraverso i
suoi interpreti. Ciò non significa in assoluto che i primi siano più bravi dei
secondi: sicuramente i primi hanno maggiore carisma. In generale, credo che
tutto dipenda dalla passione più genuina. Tutti noi, ed ovunque, cerchiamo di
percorrere idealmente la strada che viene dal Delta del Mississippi per capire
sin dove arriva.
Non si può negare che, negli ultimi anni, il Blues nero -quello autoctono- stia
soffrendo di una stasi creativa che spinge gli appassionati a rivolgere altrove
il proprio interesse. Personalmente, ritengo che l'Italia sia oggi uno dei paesi
al mondo dove si suona (e si ascolta!) il miglior Blues. Forse ciò è determinato
dal nostro carattere latino fatto di passionalità e romanticismo, ma anche di
ironia e fatalismo, tutti elementi che ben si legano alle tematiche proprie del
Blues.
SB: Esistono due principali categorie di blues band: una produce prevalentemente
brani inediti, l’altra suona le cover. L’una non esclude l’altra ed entrambe
hanno un’importanza vitale per lo Spaghetti Blues. Cosa pensi a questo
proposito?
ML: E’ noto come, in tutti i generi musicali, si eseguano spesso le cover per
riproporre qualcosa che si ama particolarmente o per inserire nel programma
brani noti al pubblico; nell’ambito del Blues ciò avviene con assoluta
regolarità. Il fatto in se è normale nella misura in cui eseguire i classici ha
come fine personalizzare brani composti da altri. Lo è meno (se non addirittura
dannoso per l’immagine stessa del Blues) costruire dei repertori basandosi sulla
sterile imitazione. Il Blues può apparire una musica strutturalmente elementare
e presenta (proprio per questo suo pragmatismo) un’ottima base per escursioni
strumentali di natura virtuosistica. Ciò non dà, sovente, spazio alle proprie
composizioni che assumono un ruolo del tutto marginale. Inutile far rilevare
come ciò sia assolutamente dannoso per l’evoluzione del linguaggio che, se non
arrivassero di tanto in tanto delle ventate di novità, rischierebbe di diventare
stantio nel volgere di pochi anni.
SB: "strumento infantile o giocattolo" queste sono alcune definizioni di
armonica a bocca che si possono leggere sulle più prestigiose enciclopedie e che
hanno fatto molto dibattere gli armonicisti e gli appassionati di blues in
genere. Cosa pensi a riguardo?
ML: Come tutti gli
strumenti, anche l’armonica ha una sua storia e le sue specificità. Dal punto di
vista costruttivo, lo strumento ha una sua complessità. Venti ance, dieci da
soffiare e dieci da aspirare (mi riferisco ovviamente alla diatonica) non sono
così "immediate" da gestire. Certo, sarà facile suonare “Oh Susanna” dopo pochi
tentativi ma per conoscere le possibilità nascoste dell’armonica, non basta una
vita. Credo che la superficialità con la quale i profani guardino allo strumento
nasca in parte dalle sue dimensioni ridotte e dal costo contenuto. Ma ciò che
molti non sanno è che una armonica non è per la vita; lo strumento è
particolarmente delicato e dopo un certo periodo, inevitabilmente, va
sostituito. Sommando i costi che ho precedentemente definito “contenuti” per il
numero di armoniche (nelle differenti tonalità) che un musicista acquista nel
corso degli anni, si supera di certo quanto è necessario per l’acquisto di uno
strumento più nobile. Detto ciò, non è da sottovalutare l'invidia che il
"giocattolo" suscita negli atri musicisti, batteristi in testa...
SB: l'eterno conflitto
tra tecnica e improvvisazione, la mancanza di confronti fisici diretti e la
quasi totale assenza di metodi ufficiali rende l'armonica lo strumento più
ambiguo per eccellenza... probabilmente questo è uno dei motivi principali per
cui le potenziali giovani leve sono scoraggiate ad avvicinarsi allo strumento.
Cosa consiglieresti a questi ultimi per superare le prime difficoltà
nell'approccio con la Blues Harp?
ML: In generale è
vero. La reperibilità dei pochi metodi validi è difficoltosa e scoraggia il
potenziale armonicista. A meno che non si viva in una grande città, trovare un
metodo è praticamente impossibile. E’ anche vero però che i più ostinati possono
acquistarlo in Internet da qualunque angolo del paese. Metodi a parte,
l’incontro con musicisti bravi soffre delle medesime difficoltà di cui lo stesso
Blues è vittima: pochi concerti, scarso ricambio, pochi club in grado di
ospitare rassegne di rilievo. Il consiglio che do, in generale, a chi mi chiede
come iniziare è ascoltare i maestri dell’armonica dedicando loro l’attenzione di
chi vuole impadronirsi dell’essenza, di chi vuole “leggere” tra le note. Dopo
aver imparato a gestire lo strumento ed aver preso atto dei tanti modi di
suonarlo, credo che sia altrettanto importante rendere ciò che si è appreso il
più vicino possibile alla propria personalità. Evitare, insomma, di diventare
tanti piccoli Musselwhite, Cotton, Piazza, … ce ne sono già a sufficienza.
SB: Hai assistito alla quasi totalità dei festival italiani e recensito decine
di CD italiani: come vedi il prossimo futuro del blues italiano?
ML: Molto bene! Spaghetti & Blues mi offre la possibilità di una visuale ampia
sul Blues suonato in Italia. In questo momento credo che ci siano diversi gruppi
in grado di farsi onore anche in America, come ti dicevo prima. Abbiamo cultura,
abilità strumentale, nuove idee, tutti elementi indispensabili per comporre
musica originale ed al tempo stesso rispettosa della tradizione delle dodici
battute.
SB: Hai conosciuto di persona B.B.King: qual’è l’aspetto che più ti ha colpito e
perché?
ML: Anche se questa domanda, per come l’hai formulata, mi fa sognare un’amicizia
con il re del Blues, in realtà ho incontrato B.B. nel 1997 al teatro greco di
Taormina per un’intervista di circa mezz’ora. Sarà stata la magia del posto, la
fraterna accoglienza di Mr. King, la sua disponibilità, il suo modo pacato e
gentile di parlare… hai presente la sensazione che può provare un fervente
cattolico a colloquio con il Papa? Forse di più! Per rispondere alla domanda,
credo che mi abbia colpito la sua semplicità ed anche il piacere autentico del
contatto umano, proprio le doti che apprezzo di più nel prossimo.
SB: Dagli anni settanta ad oggi, dalle prime radio libere alla saturazione delle
frequenze, dalle ricerca delle prime idee alla massiccia invadenza del
commerciale, la storia della radiofonia nazionale - e non - ha subito notevoli
cambiamenti. Cosa pensi a riguardo?
ML: Se è vero (com'è vero!) che i media concorrono in maniera considerevole alla
diffusione di fenomeni di massa, è facile constatare come tutto ciò che non ha
in se il crisma del commerciale non venga preso in considerazione. In ambito
radiofonico, sono oggi i discografici a gestire i palinsesti in funzione di ciò
che ritengono più vendibile. Ciò che negli anni settanta è stato il sogno di una
generazione, la radio libera, si è infranto contro il muro del potere economico
dei networks che ne hanno decretato la fine. La musica “colta” ha perso così uno
dei principali veicoli di promozione.
SB: Se Papa LegBa, in cambio dell’anima (ovviamente), realizzasse un tuo
qualsiasi desiderio, che cosa gli chiederesti? (“la pace nel mondo” non vale
come risposta…)
ML: una più terrena, meno romantica e – se vuoi - più venale vincita al Super
Enalotto può andar bene? Scherzi a parte, ritengo che se dovessi trovarmi al
cospetto di Papa LegBa (o Aladino che sia) chiederei di poter suonare fino
all’ultimo respiro e, se fosse possibile, anche dopo!
SB: Che cos’è per te il Blues?
ML: Una storia affascinante come poche ed un linguaggio musicale che mi consente
di esternare le sensazioni più intime.
Discografia
King Biscuit Time:
Live For A.I.S.M (comp.)
Love That Stuff
Low Fidelity
|
Joe Coco &
Michele Lotta:
Protected By Angels
Take Me Home
Some Summer
Blues House (2CD)
J. Coco & M. Lotta (comp.)
She's A Mystery
These Years
Surrender
Streets Of Light
Symbols Of Power
Silver Loom (comp.)
Sound Of The Sun
Emerald Crown
Incandescent
Scarlet Road |
Guest:
Angelo Morabito
“The Hidden Bridge"
Rocky Martarano & Steve Petshaft
“A Memorial - Kitchenaires” (USA)
Michele Lotta e Joe Coco
|
* E' possibile accedere agli spazi: Clickin' The Blues, KBLF e Joe Coco, da www.michelelotta.com
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