Guido Migliaro (a
cura di Angelo Agrippa)
Guido Migliaro (chitarre, armonica, voce) è stato il chitarrista storico dei
“Blue Stuff”. Ha collaborato con Edoardo Bennato in tour e albums,
oltre che nell’esperienza “Joe Sarnataro”.
Lo contraddistingue il suo sound dirompente: riesce a combinare uno stile
chitarristico personale ed incisivo con l'ispirazione e la lezione di autentiche
leggende quali Elmore James, John Lee Hooker, risalendo sino a Charley Patton e
Robert Johnson e ad altri musicisti che hanno tracciato la storia del Blues
Attualmente suona con i "Juke Joint". Gestisce, dirige ed insegna laboratorio
Blues (musica d'insieme) presso l'Otto Jazz di Napoli.
Intervista
SB: “È il Blues a scegliere il musicista e non viceversa”, a fronte di quest’idea
popolare, quando e come il Blues ti ha scelto?
GM: Probabilmente il primo
contagio con il tempo terzinato è avvenuto ascoltando il Boogie-Woogie delle
Swing-Orchestra americane (Benny Goodman, Tommy Dorsey ecc.), grazie ai dischi e
ai gusti di mio padre che nel dopoguerra, allegro e "liberato" diciottenne, era
rimasto fulminato, come tanti della sua generazione, da quel sound.
SB: c’è stato un momento particolare che ti ha fatto decidere per questa
carriera? E quali furono gli ascolti che ti hanno spinto a questa scelta?
GM: Non c'è stato un momento
particolare e nessuna idea di "carriera". Semplicemente da ragazzo cominci a
suonare la chitarra sui dischi (consumandoli!!) e negli scantinati. Poi incontri
le persone giuste, entri a far parte di una Band, fai i primi concerti e alla
fine ti ritrovi a non poter più fare a meno di suonare.
I primi gusti musicali (15 - 16 anni) erano del tutto estemporanei, variegati ed
"onnivori". Mi piaceva un sacco il primo LP di Gilbert O'Sullivan
(splendido, lo penso ancora oggi!), Elton John (il mio sogno era suonare il
pianoforte)… i Beatles… Ma le prime pentatoniche le ho suonate grazie a
B.B.King, John Mayall, Eric Clapton (Cream)… e… Steve Winwood, si proprio lui: è
conosciuto come cantante-tastierista Pop e non passerà alla storia come grande
chitarrista, ma imitare il suo stile essenziale e scolastico sarebbe ancora oggi
un ottimo esercizio per futuri chitarristi Blues.
SB: qual'è il tuo disco preferito?
GM: No, a questa proprio non ti
so rispondere. Forse l'ultimo che ho sentito ieri sera (e non ti dico quale
era). Magari la prossima volta faccio una lista dei miei 100 CD (LP) preferiti.
SB: chi è Jimi Hendrix?
GM: Un genio, come Mozart,
Charlie Parker, Miles Davis, Bob Dylan … Maradona… Un genio non necessariamente
inventa, piuttosto assorbe e vive a fondo i primi cambiamenti di stile,
codificandoli e proiettandoli in maniera rivoluzionaria verso il futuro. Hendrix,
col suo talento, ha cambiato di molto il modo di pensare ed immaginare il suono
e l'uso della chitarra elettrica nel Rock Blues.
SB: hai suonato con alcuni dei migliori artisti del mondo. Qual è l’esperienza
che ricordi più volentieri?
GM: Montreaux (CH) Jazz Blues
Festival 1994, Blue Stuff & Joe Sarnataro. Verso la fine della nostra esibizione
sento un boato del pubblico (penso: Cacchio, stiamo andando alla grande!!!) poi
mi volto e alla mia destra vedo Albert Collins che, sornione, si trascina un
Fender Amp con a tracolla la sua fedele Telecaster. Avevamo già condiviso nei
camerini una mezza bottiglia di Johnnie Walker e una mezz'ora di jam con le
chitarre elettriche unplugged (plink - plink), ora lui aveva voglia di
condividere con noi il palco, in maniera del tutto spontanea e non programmata.
Troppo Bello!!!
Dopo il concerto ci ritrovammo, Albert e me, a cercare una pizzeria o qualunque
cosa da mangiare; inutile, alle 2 di notte Montreaux era il deserto!! "Have a
good night Albert". "Good night Guy!"
Ci siamo incontrati un anno dopo al Festival di Nyon, sempre in Svizzera. Io
pensavo: chi sa se si ricorda di me. Fu lui a venirmi incontro per salutarmi
affettuosamente … e che vuoi di più? Quanto ho pianto alla notizia della sua
morte.
SB: hai ricevuto più soddisfazioni dall’Italia o dall’estero?
GM: Un bel concerto è bello
all'estero come in provincia di Avellino (senza offesa per gli avellinesi).
SB: ci parli dei concerti che hai dato all’estero?
GM: Rall'! Vedo che insisti!
Non è una questione di "estero" ma di contesto.
Nei mitici anni '90, nel pieno fulgore dei Blue Stuff, abbiamo avuto
l'opportunità di partecipare a numerosi Eventi, Open Air, Rassegne e Blues
Festival in Italia e all'estero. Organizzazione impeccabile, pubblico numeroso
ed attento e soprattutto la fortuna di incrociare artisti di grande livello. Mi
è capitato di condividere il palco e l'amplificatore con gente come Rory Gallagher, che pompava tutte le regolazioni del Fender Twin a "manetta" dopo che
ci avevo suonato io (lasciandomi a bocca aperta) con Bob Margolin (chitarrista
di Muddy Waters), Pinetop Perkins, Jack Bruce (altra pizza mangiata assieme)… è
il contesto che conta, l'organizzazione e lo spessore dell'evento, non tanto
dove questo è localizzato.
SB: nel sound e nell’arrangiamento dei tuoi brani che peso ha la band, la
personalità dei tuoi musicisti?
GM: Un brano nasce il più delle
volte in testa, in maniera un po' astratta. Puoi pensare a suoni di oboe, di
arpa o violoncello. Alla fine però fai sempre i conti con la Band che hai a
disposizione. Penso quindi che in generale sia più saggio partire da un'idea da
sviluppare poi in gruppo, con l'apporto della sensibilità e del "suono" naturale
di tutti i musicisti della Band.
SB: primi anni ’70 gli albori dello Spaghetti Blues… come hai vissuto quegli
anni e come si è evoluto, a trent'anni di distanza, il panorama bluesistico
italiano?
GM: Gli anni '70 erano gli anni
delle prime radio libere, dei primi concerti gratuiti, di grandi raduni ed
eventi musicali organizzati o spontanei. C'era insomma una grande circolazione
di idee, di musica e quindi anche di Blues e di Blues italiano: Treves,
Toffoletti, Ciotti, ho ancora i loro primi dischi. Oggi la situazione è più
complessa. Non mancano certo i segnali positivi. Conosco giovani musicisti
appassionati e di talento già inseriti in Band di tutto rispetto. E giovanissimi
che scelgono di frequentare Scuole di Musica e Laboratori di Blues (che,
peraltro, negli anni '70 non esistevano) come quello da me tenuto alla scuola
dell'Otto Jazz di Napoli. Questi ragazzi, alcuni dei quali continuano poi a fare
musica (non necessariamente Blues in forma canonica), dimostrano grande rispetto
ed interesse per le regole essenziali della "nostra" musica.
Dall'altro canto ci sono poi radio che trasmettono tutte la stessa roba, da
consumare in fretta, come in fretta certi giovani ambiscono a diventare famosi
in TV con la De Filippi e i Grandi Fratelli … E questo non aiuta il mercato
della musica "vera".
SB: l’uso di Internet può cambiare in qualche modo il mondo del Blues?
GM: Cambiare il Blues? No, il
Blues non si cambia, casomai si evolve.
Internet è un Grande strumento di divulgazione ed informazione, a volte talmente
grande da risultare dispersivo. Si pensi ai vari portali esistenti: "Spaghetti
& Blues", "Blues & Blues"… (per citarne solo alcuni italiani) che forniscono
preziose panoramiche e aggiornamenti sul mondo della Musica del Diavolo. E penso
alla possibilità di reperire testi, biografie e brani musicali (talvolta in
maniera illegale) o di divulgare la propria musica. Insomma il web può essere la
vera grande "Radio Libera" del terzo millennio! Questa stessa intervista nasce
per essere divulgata nelle "Rete": chi cazzo si sarebbe mai interessato di
chiedere un'opinione a Guido Migliaro? Su internet succede, forse venti persone
ci leggeranno e sarà una bella soddisfazione.
SB: quali sono i tuoi progetti per il prossimo futuro?
GM: Vorrei mettere in piedi una
Big Band con sezione di fiati, mi piacerebbe realizzare un nuovo disco con brani
originali, comporre le musiche di un film o semplicemente rafforzare il mio
impegno con i Juke Joint… o forse smetterò di suonare in pubblico per dedicarmi
alla mia famiglia e alle altre mie cose. Chissà?
SB: cosa è per te il Blues? In che modo il Blues pensi possa influire sulle
persone?
GM: Il Blues è una specie di
virus, dispettoso e mattacchione, che ti si attacca addosso e non sai bene né
come, né esattamente quando. Provi a curarti ascoltando un po' tutta la musica
(non quella "di plastica" ovviamente) o componendo e suonando brani di altri
generi, ma al momento opportuno, al risultato delle analisi ti ritrovi
inevitabilmente "portatore sano di Bluesite".
Per me il Blues è la propensione a valutare le cose per come sono, ad esprimersi
(in musica o nella vita di tutti i giorni) senza fronzoli, inutili apparenze ed
ipocrisia. E senza retorica: per questo mi fermo qua con la mia risposta.
Per esperienza so che chi ascolta e partecipa ad un concerto Blues vive un buon
momento, non so se in loro resta poi qualcosa, posso solo augurarmelo.

Chi Siamo |
In Primo Piano |
Link |
Le Bands |
Contatti
|
Iniziative Culturali
|
Testi Blues
|
Mailing List
|
Interviste |
Concerti
|
Articoli |
Bacheca Annunci |