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Amedeo Zittano  (a cura di Taranto Post - introduzione di Michele Lotta)

Ho conosciuto Amedeo nell’autunno del 2002 allo Sly di Napoli. Con la mia band, i King Biscuit Time, avevo appena raggiunto il club dopo un faticoso viaggio dalla Sicilia (fatti la Salerno Reggio Calabria e mi darai ragione…) ed una delle prime persone che mi avvicinarono fu proprio Amedeo. Si inserì tra me e Mario Insegna che stavamo raccontandoci della nostra vita dopo qualche anno che non ci incontravamo. Aveva l’aspetto del bravo ragazzo, paffuto e rassicurante dietro i suoi occhialini da miope. Cominciò a parlare del suo più grande amore, il Blues, e… non la smise più. La confusione di quelle circostanze ci fece però allontanare e lo rividi, dopo un po’, sul palco con la sua band, Gocce di Blues, alle prese con l’armonica. “Bravo! - pensai - Ha un bel suono, essenziale ed efficace”. Suonammo quindi noi e, verso la fine, nella più classica delle jam, ci ritrovammo tutti sul palco ma Amedeo non c’era, era sparito. Seppi in seguito che sua moglie è, come si sul dire, una donna abbastanza “rigida” nel rispetto degli orari. Mi richiamò a casa dopo qualche giorno.
Tra noi è nato, sin dall’inizio, un rapporto di collaborazione ed amicizia che si è ben presto concretizzato con il progetto Spaghetti & Blues, il relativo sito e le iniziative culturali svolte in diverse zone d’Italia.
Amedeo Zittano è nato a Taranto ma vive e lavora a Castellammare di Stabia; è un buon musicista, ottimo vignettista e, soprattutto, il più fervente tra gli apostoli della cultura blues in Italia.
 
 


Gocce di Blues

     
    
      "foto di famiglia"
 


Intervista

 
TP: Decidere di fare Blues è una scelta che va oltre. Il Blues è una scelta di vita o no?

Deo: Sì, anche se credo sia stato il Blues a scegliermi... è vero che non tutte le scelte hanno la stessa valenza: molti decidono di "fare Blues" senza "andare in fondo". Credo che in questo caso non sia una scelta di vita e, a mio parere, non si tratta neanche di Blues; al contrario, chi decide di "andare in fondo" (a me piace definirlo: il patto con Papa-LegBa) non può fare a meno di accettare il Blues nel proprio cuore. Questa tipologia di bluesman (al contrario dei luoghi comuni che lo vedono come lo sfigato malandato per eccellenza) oggi è assai diversa. Oggi il bluesman è un individuo "comune" (si fa per dire) che di giorno si confonde con la gente e di notte suona nei clubs consapevole del fatto che il giorno successivo deve fare un altro lavoro per tirare avanti (anche perché il Blues in Italia è un genere di nicchia), magari impiegato di qualche azienda o scuola; qualcuno più fortunato riesce a fare anche una capatina negli States; in primavera segue attentamente le "direzioni artistiche" dedite (bene o male) ai Blues Festival, magari per proporre la band in cui suona o semplicemente ascoltare; rovista placidamente tra gli scaffali di "ogni dove" sempre alla ricerca di CD, libri e vecchi vinile. E' una persona tranquilla che, semplicemente, coltiva la propria dimensione musicale con passione.

TP: Soffiare nella tua armonica è l'esplosione pura di tutta la tua energia vitale. Del resto il binomio blues-armonica pare inscindibile. Com'è entrato questo strumento nella tua vita?

Deo: Un giorno mia Madre, per calmare i miei capricci di "ultracinquenne", me ne comprò una al mercato coperto e, a dire il vero, non mi entusiasmò molto. Cercavo di suonarla ma, per me, era perfettamente inutile... In seguito, un mio cugino mi mostrò come con un'armonica si potesse fare, ad esempio, la carica della cavalleria del Generale Custer prima di prendere mazzate dai Pellerossa, oppure come si potevano intonare canzonette tipo "Tanti Auguri a Te" e "Tu Scendi dalle Stelle". A definire meglio i dettagli del mio istinto musicale ci pensarono i Fratelli Blues che "giravano" per le radio insieme a Bennato e Clapton. Iniziò da lì l'interminabile ricerca di un rapporto musicale sempre più intenso. Cominciai a procurarmi materiale discografico per ascoltare brani di Sonny Terry, Frank Frost, Sonny Boy, e di armonicisti italiani come Paolo Ganz (per via dei suoi metodi didattici sull'armonica Blues) e Fabio Treves. Ancor oggi, però, non so come e perché suono l'armonica: lo faccio e basta.

TP: Credi nella purezza del Blues o hai mai pensato che in qualche modo possa nascere-coesistere una forma di "sperimentazione blues". Forse l'armonica diatonica non si presta a questo tipo di tentativo? Ti ha mai stuzzicato l'idea?

Deo: Credo che, se il Blues fosse rimasto puro in senso assoluto, oggi la musica occidentale sarebbe fatta solo da quella classica, popolare e probabilmente noi non ci saremmo mai conosciuti... ovviamente questo non vuol dire che il metal è blues, ma sicuramente in Italia, come anni prima in Inghilterra, è nato un movimento Blues che nel tempo ha assunto uno stile, un'identità propria. Gli americani lo chiamano Spaghetti Blues che abbraccia sia i "tradizionalisti" che i "progressisti" (passatemi i termini volgarmente politici). Io vado dove mi porta il treno. Con la band elettrica No Situation Blues Band di Taranto ho scritto un brano in Italiano (poi tradotto in Inglese) dal titolo "A Costo Zero"; con la formazione acustica Gocce di Blues di Napoli ho scritto altri brani, sempre in Italiano, come "Via Roma, 73", "Ninna Nanna per Gabriele", e altri. Dal punto di vista musicale, sono legato alle strutture tradizionali senza troppi stravolgimenti anche se ammiro moltissimo artisti come Robi Zonca, ad esempio, che propongono delle interessantissime "varianti".

TP: Cosa porti dentro di te dei vecchi bluesmen neri ogni volta che sali sul palco?

Deo: Purtroppo nulla, se non il gran rispetto per la loro affascinante "prigionia delle dodici battute", in perfetta simbiosi con l'assoluta libertà d'espressione, sempre fresca e perspicace colonna sonora della mia misera esistenza. Va bene così romantico?

TP: Suonare "nero" alla Sonny Terry o suonare "bianco" alla John Mayall o Paul Butterfield. Come deve porsi un artista europeo nel cercare il proprio groove?

Deo: Cercando di suonare né "bianco", né "nero", ma "vero". Chissà se Musselwhite o Cotton si posero la stessa domanda quando cominciarono. Anni fa, una sera, al "GO West Saloon" di Rocca Forzata domandai a Treves in che modo dovevo suonare l'armonica per fare Blues; lui mi rispose dopo qualche secondo da sotto i baffoni: "Ma suona come -cavolo- ti pare!". Molti anni dopo scoprì che dava la stessa cruda risposta a tutti coloro che gli rivolgevano la stessa sciocca domanda.

TP: Hai mai pensato di dedicarti completamente al traditional Blues fatto di sudore e dobro dove la slide è l'unico mezzo per fare scivolare le emozioni nell'anima?

Deo: Beh! suonare l'armonica con una slide mi pare un po' sado-maso (scherzo), io mi accontento di poco e suono tutto purché mi emozioni, sia la carezza di una slide che una nevrotica pizzicata di mandolino, elettrici o acustici che siano. Spesso mi sono emozionato molto anche suonando su un sincopato battito di mani o al passaggio di un pendolino...

TP: In  Italia sono stati fatti passi da gigante. Sono spariti i tempi in cui si aspettava solo l'evento “Pistoia Blues" e nel corso dell'ultimo decennio ci sono stati sempre più numerosi festival, in primis Rovigo, Pordenone. Cambia la gente o finalmente si richia un po' di più?

Deo: Non credo che qualcuno stia rischiando di più: nessuno fa niente per niente, specie in Italia. Se una qualsivoglia direzione artistica ha i mezzi per organizzare qualcosa di serio e grande avviene o perché ci sarà un sicuro ritorno economico, oppure ha fatto il Sei al Super-Enalotto... ad esempio, se non fosse stato per la presenza di Santana o Slash (per citarne due che non suonano Blues in senso stretto) il Pistoia Blues festival molto probabilmente avrebbe perso qualche edizione e comunque non sarebbe stato così noto (purtroppo anche ai "pancabbestia"). La gente invece è, in generale, in balia del sistema commerciale dove la regola è raggiungere il "massimo profitto" (come si permettono di dire gli economisti che ci governano) e non il "giusto profitto". Questo va a scapito della nostra cultura, delle nostre idee e, miseramente, anche dei nostri sogni; Credo invece che se qualcosa sta crescendo è soprattutto per merito dei musicisti italiani che dopo decenni passati ad "ingoiare rospi" oggi propongono un stile tutto italiano di fare Blues rendendolo competitivo anche all'estero.

TP: Parlaci di Spaghetti & Blues e del vostro modo di fare cultura Blues.

Deo: Sappiamo tutti che in Italia, la principale sofferenza dello Spaghetti Blues è da attribuire alla scarsa conoscenza del pubblico (in generale) nei confronti dello stesso. Il Blues, in Italia, è avvolto in un sistema commerciale troppo invadente e potente per lasciare spazio alla nicchia culturale, infatti la quasi totalità dei ragazzi ascolta esclusivamente musica elettronica a palla, detta appunto "commerciale", e nei pub albergano prevalentemente karaoke e messaggeria.
Internet al momento è l'unico mezzo a portata di tutti e Spaghetti & Blues (www.spaghettiblues.it ) non è altro che un punto di incontro di stampo giornalistico per appassionati del mondo del Blues in Italia. S&B è nato nel 2003 su iniziativa mia e di Michele Lotta (armonicista e giornalista messinese); in poche settimane si unirono alla famiglia decine di musicisti in primis Luigi Tempera per il Piemonte; Fabio Bommarito per la Liguria; Jimmy Joe per il Friuli; Treves e Il Fiesta per la Lombardia; Mario insegna e Angelo Agrippa per la Campania; Martino Palmisano e Renato Petrelli per la Puglia; Angelo Morabito e Carlo Pipitone per la Sicilia; senza contare il gran numero di giornalisti e appassionati. Oggi esistono centinaia di "spaghettari" sparsi in tutta la penisola, per le bands la mappa è sul sito.
L'obbiettivo comune è quello di divulgare quanto più possibile la cultura Blues con la pubblicazione in Internet della storia del Blues italiano passato e presente tramite interviste, articoli, ricerche e tesi, affinché la nostra storia possa essere sempre più completa e letta liberamente da chiunque. Vi è in tutto questo anche un aspetto più pratico e diretto: nella sezione "Iniziative Culturali" si possono leggere le relazioni di tutti i progetti organizzati dagli "spaghettari", stage e manifestazioni musicali. Ulteriori dettagli si possono leggere sul sito stesso. E' gradito qualsiasi suggerimento da parte dei visitatori.

TP: Paolo Ganz, Andy J. Forest e l'intramontabile Treves. In  Italia nascono ancora nuovi talenti?

Deo: Sicuramente sì, e se i "vecchi talenti" continueranno a metterci lo zampino, saranno ancora di più... altrimenti, sarà come il Diavolo che si morde la coda. Voglio dire che fino a quando queste persone incoraggeranno i giovani ad andare avanti con il Blues, allora forse continueremo ad avere qualcosa da opporre all'opprimente cultura commerciale e monopolizzante.

TP: Nel panorama Blues italiano c'è ancora una grande ferita difficile da rimarginare: la scomparsa prematura del grande Guido Toffoletti. Forse l'unico artista che ha fatto qualcosa di concreto per valorizzare il blues in Italia, non trovi?

Deo: Sì, ma affermare che Guido sia stato l'unico a fare qualcosa di concreto non è corretto nei confronti di altri (e io ne conosco tanti). Di certo, è stato tra i primi a stringere seri rapporti umani e professionali con paesi dove il Blues si era già sviluppato da anni in modo "autonomo", come l'Inghilterra. E' stato il primo bluesman italiano ad essere prodotto da una casa discografica estera (nel '78 mi pare). Io non l'ho conosciuto e anche se ho avuto contatti con alcuni suoi amici ed estimatori, letto le sue interviste, i suoi articoli, ascoltato la sua musica e le sue parole, questo non sarà mai come averlo conosciuto di persona, purtroppo. Ciò che ha prodotto la sua prematura scomparsa è più che una ferita, ma quasi una finestra dalla quale s'intravede un incrocio, un Crossroad. "The Road is a Killer", cantava Guido, e le sue parole premonitrici avvolgono, ancor oggi, il personaggio di Guido in un fitto mistero anche se sinceramente preferisco ricordarlo più che per i misteri, soprattutto per i messaggi che ci ha lasciato e, tra questi, quello che più mi piace è che se si ha un sogno nel cuore si deve avere il coraggio di assecondarlo, senza alcun dubbio. Forse erano questi i termini del suo patto con la musica del Diavolo; contro tutto e tutti ha perseverato credendo nel proprio verbo artistico fino a raggiungere i noti obbiettivi personali e professionali. Ciao Guido.

TP: I mass media dedicano pochissimo spazio alla musica del diavolo. Mentre come rivista specializzata resiste ancora "Il Blues". Possibile tutta questa pochezza?

Deo: Meglio così, se tutto quello che passa dai mass media diventa spazzatura commerciale, preferisco che le cose rimangano come sono. Il Blues Italiano non può essere un fenomeno interessante per i media in quanto la premessa iniziale è "vera". Solo quando si comincerà a proporre seriamente (e senza scopo di solo lucro), la cultura di un certo "spessore", allora ci sarà più spazio anche per il nostro Blues. E' importante che chi ci crede rimanga in pista, appunto come IL BLUES dell'irriducibile Marino Grandi.

TP: Crediamo che il Blues riesca a far stare insieme chiunque. In una jam di blues esiste un solo linguaggio fatto di unione ed estremo feeling. Una jam potrebbe  durare settimane senza soluzione di continuità. Ma dov'è la magia?

Deo: Quale magia? È tutto vero!

TP: Deo quali sono i tuoi progetti immediati?

Deo: Già, bella domanda... Da quando, per motivi di lavoro, ho dovuto allontanarmi troppo dalla mia amata Taranto, e quindi dalla "No Situation" Blues Band capitanata dal mio eterno Amico Renato Petrelli, i miei progetti culturali hanno cambiato orientamento. Tutte le mie idee ed energie sono rivolte a "Spaghetti & Blues" e, di conseguenza, anche i progetti più materiali sono diversi: non cerco più un gran numero di "serate", cerco invece di conoscere altre anime come la mia e magari imparare altro Blues.

TP: “Chiunque può suonare il Blues, bianco o nero che sia; se hai qualcosa dentro puoi suonare il Blues. Se un uomo rientrando la sera trova la sua casa bruciata, o la sua donna lo ha lasciato, o il suo cane è morto, e prende la chitarra in mano e suona, quello è Blues". Allora aveva ragione Rufus Thomas?

Deo: "Esiste solo un tipo di Blues e si ottiene quando un uomo e una donna si amano. Un uomo e una donna innamorati. Sono stato sposato cinque volte con il mio stupido egoismo e ho una certa esperienza di quello che significa Blues, B-L-U-E-S". Cosa dire allora delle parole di Son House, credo che ci si sia del vero in entrambe le frasi anche se non sono pienamente d'accordo con nessuna. Per me il Blues sta disteso sul fondo dell'anima di ognuno e chi cerca di tirarne fuori qualcosa, non sa mai cosa ne uscirà. A volte mi capita di pensare di non aver più nulla da estrarre, altre volte, invece, il Blues sembra trasudare in me.

TP: grazie Deo.

Deo: Che il blues sia con noi e con il nostro strumento... qualunque esso sia.

(m.c. & s.l.)

 

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