Chi Siamo | In Primo Piano | Link | Le Bands | Contatti | Iniziative Culturali | Testi Blues | Mailing List | Interviste | Concerti | Articoli | Bacheca Annunci

Robi Zonca  (a cura di Amedeo Zittano)

Robi Zonca nasce a Bergamo nel ’55 e comincia a suonare all'età di dieci anni, in piena era 45 giri. Roberto ama i Beatles e i Rolling Stones: “li ascoltavo centinaia di volte, e quando mi ero stancato di ascoltarli a 45 giri li mettevo a 78 (voci da paperino) e continuavo ad ascoltarli fino a consumare il vinile…”. Si esibisce per le prime volte, da liceale, tra un festino e l’altro proponendo brani di Hendrix, degli Stones e del più popolare British Blues, accrescendo in se il talento naturale del musicista senza tuttavia trascurare gli studi. Si diploma al Liceo, si iscrive al conservatorio, in contrabbasso, e al D.A.M.S. di Bologna.
All’età di ventitre anni parte per una vacanza a S. Tropez con gli amici, il sassofonista Tino Tracanna e il batterista Robi Marchesi, a bordo di una Diane. Raccolti abbastanza soldi, partono per Parigi per concludere alla grande la vacanza. Suonano per strada e nelle stazioni del metrò (dove conosce Andy J Forest). Finiti i dieci giorni, Robi decide di rimanere a suonare Blues con Andy. La sua permanenza a Parigi dura più di un anno: “Alle 18 suonavo con Andy alla stazione metro "Odeon" (ottima acustica) e la sera alle 20/21 suonavo in duo con un sassofonista conosciuto lì (ci facevamo il Real Book da pagina 1 in poi). Per me è stata una gran scuola”, ricorda Robi di quella esperienza.
Stufo di Parigi, con gli studi da concludere e voglioso di riabbracciare la sua ragazza, torna in Italia alla fine degli anni ’70. In quel periodo collabora con la Treves Blues Band e costituisce la prima “Andy J Forest Band” incidendo il disco "The list". Nei dieci anni successivi incidono altri quattro lavori nei quali Robi suona il basso e la chitarra, canta in back up e scrive alcuni brani. Questi sono gli anni di massimo splendore per Andy J. il quale lavora anche come attore (protagonista maschile) nei film di Tinto Brass, questo implica anche una notevole attività live in tutta Italia ed Europa. Andy J rappresenta quindi per Robi un trampolino bluesistico.
Robi lavora anche come sideman al seguito di artisti come Mia Martini (2 tours), Ronnie Jones (quattro anni), Ginger Baker, e tanti altri, sino alla fine degli anni novanta quando trova l’energia giusta per creare il proprio progetto “Do You Know?”, come dire: “mi avete sempre visto accompagnare questo e quello, ma "lo sapete?" in realtà io sono QUESTO!”.
Musicalmente Robi Zonca propone un Blues originale, dinamico e tutt’altro che tradizionale, infatti nei suoi CD si possono ascoltare anche ballate non proprio Blues ma altrettanto emozionanti come “Never Lie”, che rappresenta molto bene il suo verbo, oppure sonorità Country in "I'm Luky Man” (contenuto nel suo ultimo CD "You Already Know" (Ora Mi Conosci Già). A me è piaciuto molto “My Friend”, con l’armonica di Franco Limido. Robi propone un sound fuori dagli schemi classici trovando lo spazio per sposare perfettamente il Blues, da cui è nato, con il proprio carattere, la propria vita. Il successo radiofonico in USA, l'invito a suonare a New York, le interviste radiofoniche a NY ed a Los Angeles dimostrano proprio che l'interesse che suscita la sua musica in molti operatori musicali americani sta soprattutto nell'originalità.
Robi vive di musica (da ormai venticinque anni), insegna chitarra, basso e contrabbasso, privatamente e presso alcune scuole di musica, oltre a condurre un'intensa attività live.
 

Intervista

S&B: : “È il Blues a scegliere il musicista e non viceversa”, a fronte di quest’idea popolare, quando e come il Blues ti ha scelto?

RZ: E' il blues che mi ha scelto? Il blues per me non sceglie nessuno o forse si mi ha scelto... non so. Per me comunque è la vita che si fa che ti fa diventare uno che sa cos'è il blues e che poi ti da le basi per suonarlo e cantarlo sul serio e farlo davvero tuo. "You got to suffer if you want to sing the blues" questa frase era il titolo o nel testo di un pezzo...non ricordo quale e di chi. Fatto sta che mi trova completamente d’accordo.

S&B: Suonare per strada un po' come i vecchi bluesman, raccontaci le tue gioie e dolori di più di un anno per le strade di Parigi.

RZ: Suonare per strada è una scuola tosta tosta ma direi fondamentale per chi suona davvero il blues! suoni quello che ti pare, non c'è padrone del locale, maneger, art director che rompe il cazzo. Poi ti può capitare di tutto e devi essere pronto a gestire situazioni di ogni tipo. La più classica: stavamo suonando da 1 ora circa, custodia piena di monete, arriva un barbone che si mette a ballare, la gente si diverte ed arriva qualche moneta in più, dopo 2 minuti finisci il pezzo ed il "ballerino" si avvicina alla custodia e vuole prendere anche più di metà dell'incasso... la prima volta ti frega, la seconda no, anche se devi valutare quanto sia ubriaco e rissoso, tenendo conto di quanto sei ubriaco te, ecc ecc.
Le gioie sono spesso legate alle donne. Suonando per strada e nel metro allora si guadagnava bene, tanto da permetterti di dormire in albergo e mangiare al ristorante comodamente, succedeva però di avere delle habitué nel pubblico e , quando si andava a dormire da un... amica parigina era davvero piacevole, oppure era piacevole quando passava ad ascoltarti qualcuno che poi ti assumeva a suonare nel suo locale o si fermava Sugar Blue e si metteva a jammare. a questo proposito una sera ero a Odeon ( stazione metro Parigino) a suonare jazz in duo col sax di cui parlavo e mentre suono alzo la testa e vedo tra il pubblico un nero alto alto con una faccia che in qualche modo mi era familiare... Poi mentre continuo a suonare metto a fuoco la cosa e riguardo e mi si gela il sangue, era Ron Carter in persona!!!, ( io in quel periodo avevo un bel contrabbasso con in cima al posto del ricciolo una testa di leone nello stile del liutaio Steiner, e Ron Carter si era fermato a guardare lo strumento più che ad ascoltare me ...ovviamente)
Poi ci ho parlato un po', gli ho fatto provare lo strumento e sono riuscito a convincerlo a darmi qualche lezione ( stava a Parigi per un mese). Aveva le dita lunghe come e più della mia mano intera... Queste sono le cose che ti succedono quando suoni per strada...

S&B: Studi classici, moderni e... "ad orecchio", tre modi diversi per approdare al mondo della musica, quali i contrasti maggiori e a quale di questi ti senti più legato?

RZ: Studi vanno bene tutti, io so leggere e scrivere musica, conosco l'armonia e l'arrangiamento, ma resto dell'idea che la cosa piu' importante per suonare il blues sia l'orecchio e la vita. e l'occhio che si guarda intorno. Poi, nel mio caso, penso che comunque si sentano ( almeno me lo auguro) le due cose. La cultura musicale e la vita ( blues tutte e due)

S&B: Hai militato nelle più importanti blues band italiane e non, che differenze hai notato negli ultimi 30 anni ad oggi? che cosa sta cambiando nel modo di proporre blues? e nel modo di ascoltarlo?

RZ: Ho militato in molte belle bands. e la cosa mi ha sicuramente formato anche perché mi ha dato la possibilità di suonare in tutta Italia, in Europa ed in U.S.A. ed a volte come apertura in serate di BB King, di James Cotton ed altri artisti di grande, grandissimo livello e li si impara in una sera quello che avresti forse imparato in 2 anni!
Temo che nel modo di suonarlo e di ascoltarlo sia cambiato poco, per quello che vedo io ( poco) dato che è difficile per un artista italiano farsi conoscere ed apprezzare in Italia e quindi ultimamente ho fatto pochi festival , che sono le situazioni che ti permettono di incontrare altri musicisti e pubblici possibilmente specializzati. Vedo, grazie al cielo, che ci sono alcuni giovani che conoscono la tradizione ma non ci si fossilizzano , dato che sono cresciuti ascoltando sia Robben Ford che Elmor James. Ma vedo anche troppo spesso un atteggiamento che definirei quasi conservatore nel senso dispregiativo del termine, quel modo di essere che ti fa rifiutare anche solo di ascoltare una cosa che non sia in 12 bars. Io questi li chiamo i komeinisti del blues, a volte ti guardano come se fossi un infedele sacrilego se hai suonato un groove che era un po' troppo funky per i loro gusti.

S&B: Intorno al 2000 hai dato una svolta alla tua carriera professionale proponendoti come leader, quali sono gli elementi che non devono mancare ad un artista per proporsi al pubblico in prima persona?

RZ: Per fare la propria band secondo me non deve mancare l'esperienza, il sapere quello che vuoi, in qualche modo l'autorevolezza, che cresce in un musicista dopo anni "on the road". Non deve mancare un progetto, un suono tuo che possono venire dallo stile nello suonare il tuo strumento ma anche dallo stile dei tuoi pezzi, se li scrivi. Si può fare una band che suona i classici ricreando il suono di Chicago o simili, devo dire che a me la cosa non è mai interessata, anche se sono cresciuto ascoltando proprio quello.

S&B: Con il tuo ultimo cd hai avuto riscontri positivi dalla critica americana che ti vede come un interessante, nuovo, modello dello spaghetti blues, che cosa vedono gli americani che gli italiani ignorano? secondo te, come mai molti musicisti italiani sono più noti all'estero?

RZ: Si, devo dire che il riscontro che sto ottenendo negli States mi riempie di soddisfazione ovviamente. Volevo cogliere l’occasione per ringraziare il mio caro amico e grande musicista Antonello “Jantoman” Aguzzi che mi ha aiutato nella produzione artistica dei 2 albums che ho realizzato finora e citare i musicisti della mia band che sono Stefano Galli alla chitarra, Paolo Legramandi al basso e Marco Sacchitella alla batteria. Il contributo artistico e l’amicizia di tutti loro sono stati fondamentali per la riuscita internazionale del mio progetto.
Devi pero’ sapere che sono stato quasi ignorato dagli operatori Italiani ( quelli che organizzano festivals ) che ovviamente ti vedono come il solito italiano che cerca di fare il blues, ed a quella stregua meglio quelli veri , gli americani appunto. Il fatto che invece in U.S.A sia i DJs delle radio specializzate che mi trasmettono a centinaia, sia la critica che mi ha recensito entusiasticamente per entrambi gli albums mi ha confermato nella mia idea, io suono il mio blues, che non è italiano o usa, è il mio kind of blues, e la parola che ricorre piu' spesso nelle recensioni e nelle domande che mi hanno fatto durante le interviste a NY ed a Los Angeles è "l'originalita'" del mio suono.
Più in generale penso che molti italiani sono riconosciuti più fuori che nel nostro paese perché fuori siamo visti ed ascoltati come artisti internazionali , qui No. Inoltre, e questa è la mia esperienza, all'estero se mandi un cd lo ascoltano, magari ci mettono un po' ma poi , se c'è del buono ti viene riconosciuto. Se lo mandi a qualcuno in Italia, è raro anche ricevere una risposta di cortesia, e sono convinto che molte delle copie dei miei cd che ho mandato in giro in Italia non siano neanche state ascoltate.

S&B: Quale e' stato il musicista straniero, con cui hai suonato, che più ti ha colpito? e quello italiano?

RZ: Il musicista italiano con cui ho suonato che mi ha colpito di più è sicuramente Tolo Marton. Ho avuto il piacere e la fortuna di suonarci tanti anni fa, ed ogni sera mi stupiva...... grande. Ed ho anche la soddisfazione di averlo come ospite sul mio primo album "Do you know?"
Lo straniero... ho suonato con molti ottimi artisti, se devo fare un nome ho il fresco ricordo di Bernard Purdie , batterista che ho conosciuto e con il quale ho avuto il grande onore di suonare quest'estate a New York. Io non lo conoscevo e mi hanno poi spiegato che ha suonato con tutti in USA, nota che per me essere colpito da un batterista è strano, lui suonava con una tale naturalezza, con un sorriso stampato... Ha fatto un solo di batteria fantastico, sai in genere i soli di batteria si risolvono in un esibizione di tecnica, terzine mischiate e quartine ribaltate che se ne fai 8 cosi poi il battere diventa levare e discorsi del genere che a me non mi hanno mai entusiasmato particolarmente. Lui invece ha fatto musica , sembrava di sentire melodia ed armonia. Grande

S&B: Guarda! una stella cadente!!! esprimi un desiderio...

RZ: Se guardo una stella ed esprimo un desiderio è quello di poter suonare la mia musica anche in Italia e non dover essere costretto ad emigrare, anche perché l'esperienza di quest'estate in U.S.A. è stata fantastica per le soddisfazioni artistiche che mi ha riservato, sai per un Italiano essere ospite nello stesso programma che il giorno prima ospitava Buddy Guy e quello dopo John Mayer ed essere trattato alla stessa stregua è stata una grande soddisfazione di quelle che ti rafforzano nella convinzione che stai seguendo la strada giusta. Però io sono Italiano, non vivo nel mito degli U.S.A , amo il nostro clima, la nostra cucina, le nostre donne, e vorrei continuare a vivere qui...

S&B: cosa è per te il Blues?

RZ: il blues non è rifare, cercare di ricreare imitandolo più o meno bene il suono di Chicago, Texano e via dicendo, magari con la fender nuova e l'ampli che hai visto sulla rivista. Per me suonare il blues è una intenzione, è un modo per urlare le tue gioie o i tuoi drammi, e ci vuole una vita che ti ispiri per averli. Lo puoi fare cantando o suonando un solo di chitarra, lo puoi fare mentre scrivi un testo che ti permette di piangere o di ringraziare la vita che ti ha dato il privilegio di essere un musicista blues, e sopratutto lo puoi fare quando improvvisi e usi le dodici battute come spazio da riempire con il tuo cuore.

 

Chi Siamo | In Primo Piano | Link | Le Bands  | Contatti | Iniziative Culturali | Testi Blues | Mailing List  | Interviste | Concerti | Articoli | Bacheca Annunci